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Speciale John Woo: Windtalkers   Filmografia    Woo's talking


Woo’s Talking di Nino G. D' Attis

 

Ventisette pellicole e la fama di miglior regista di action vivente. Potete chiamarlo Wu Hsiang-fei, Ng Yu-sum, Wu Yu-Sheng, Wu Yü-sen, John Y.S. Wu o, più semplicemente John Woo. Molti generi, uno stile netto, personale, inimitabile.

A Roma insieme all’attore Roger Willie per presentare Windtalkers, il suo ultimo film interpretato da Nicolas Cage, il cinquantaseienne regista nato a Guangzhou, Cina e vissuto ad Hong Kong prima di approdare negli States, si presenta in impeccabile abito nero e parla di cinema, di Hollywood, di un’opera cui tiene particolarmente: "Ho cercato di rappresentare la guerra in maniera realistica proprio perché la gente potesse avvertire quanto la guerra sia tremenda, quanto non sia positiva per nessuno. Questo è il motivo per il quale mi sono concentrato soprattutto sull’aspetto dell’amicizia". Ecco, in pillole, il Woo-pensiero, inclusi i suoi curiosi progetti futuri.

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Windtalkers è l’inizio di un nuovo corso di John Woo?

In effetti io ho realizzato tantissimi film: ho fatto qualche commedia, parecchi gangster-movies, parecchi film di kung-fu, avevo poi realizzato Mission Impossible (M:I-2, N.d.r.). Volevo veramente cambiare, fare qualcosa di diverso ed anche in un certo senso qualcosa di più serio. Quando mi è stata raccontata la storia di questo film sono rimasto molto colpito perché non conoscevo la storia dei codetalkers e la storia degli indiani navajos. Ho pensato che fosse giusto raccontarla, metterla in un film.

Quanto c’è di storicamente vero, documentato, nel film e quanto è invece opera di fantasia?

La parte che riguarda i codetalkers ed il codice è tutta assolutamente basata sulla realtà. In effetti quello era proprio il modo autentico in cui il codice funzionava. Anche tutta la parte che riguarda l’addestramento è vera: sul set avevamo un consulente che spiegava il linguaggio ed il modo di utilizzare il codice. Parte della storia è invece ovviamente frutto della fantasia, i momenti drammatici sono il risultato delle mie idee.

Nel film c’è il punto di vista di un personaggio che non si identifica né con gli occidentali, né con quello dei giapponesi...

Penso che tutto il film sia una rappresentazione di quello che è mio punto di vista e questo ovviamente si vede nei personaggi. Ovviamente non ho dimenticato che il film parla anche dei codetalkers, dei marines e della storia con la esse maiuscola. In generale però ho cercato di realizzare un film che fosse più umano. È il motivo per il quale mi sono preoccupato molto dei personaggi, di come questi personaggi vivono la guerra, di come questa guerra li cambia e di come cambia anche i rapporti tra di loro, le loro amicizie. Ho cercato comunque di realizzare un film diverso rispetto ai tipici film di guerra hollywoodiani. L’idea era quella di rappresentare questo gruppo di gente comune che va alla guerra. Non ci sono supereroi come John Wayne in questo film. Anche per quel che riguarda la rappresentazione dei giapponesi, ho cercato di renderli un po’ ‘invisibili’. L’idea è quella di trasmettere il concetto che non sai mai dove si trova il nemico, da dove viene, dove lo puoi trovare. Il nemico può essere ovunque. Tra l’altro, per quanto riguarda il mio punto di vista, il vero nemico in questo film non sono i giapponesi: il vero nemico alligna tra i personaggi stessi. Joe Enders, in realtà il nemico ce l’ha dentro perché lui cerca di battere il demone che ha dentro di sè e quindi di redimersi.

Ha avuto problemi ad Hollywood con il film, visto che in questo momento c’è molta retorica della ‘guerra purificatricè?

Non ho incontrato problemi. Devo dire che all’inizio, prima di cominciare a girare, parecchie persone hanno espresso dubbi nei miei confronti perché non sapevano come un regista proveniente da un paese diverso, da una cultura diversa avrebbe poi raccontato quella che è una storia - sia con la esse minuscola che con la esse maiuscola - americana pura. In realtà poi gli studios mi hanno sostenuto e tuttora ritengono che io abbia realizzato un buon film. Mi è giunta voce all’orecchio che alcune persone pensavano che non fossi capace di dirigere questo film perché per loro sono ancora uno straniero. Qualcuno ancora dice: "Come fa un cinese a raccontare una storia americana?" Però, visto che registi americani possono raccontare storie che parlano di cinesi, perché io non posso raccontare una storia che parli di americani o di indiani americani? Anche Sergio Leone ha fatto delle cose grandissime, così ho pensato che avrei potuto fare un film di guerra. Sono orgoglioso di aver realizzato questo film e nel farlo ho sempre tenuto presente l’aspetto umano. Credo di essere stato molto neutrale, cercando di rappresentare sia il punto di vista degli indiani che quello dei marines.

Il film però era pronto da un anno ma l’uscita nelle sale è stata bloccata dagli eventi dell’11 settembre...

Sì, era finito molto prima dell’11 settembre ed io come regista avrei voluto che il film uscisse il prima possibile, però gli studios hanno suggerito che forse sarebbe stato meglio rimandare la data d’uscita, il che non è che mi abbia reso proprio felice. Mi hanno spiegato che a loro il film piaceva tanto ma che in quel momento la situazione era talmente confusa negli Stati Uniti che non sapevano come il pubblico avrebbe reagito ad un film di guerra. Se poi ci fosse stata la guerra vera, la gente non sarebbe uscita di casa per andare al cinema ma sarebbe rimasta a casa a seguire i notiziari in televisione. Ancora adesso non so se la decisione di rimandare l’uscita sia stata giusta o sbagliata, comunque credo che questo sia un film che parla di un’argomento veramente unico, particolare: una storia che parla di amicizia.

Quali sono i suoi film di guerra preferiti?

Niente di nuovo sul fronte occidentale, poi La Croce di Ferro di Peckinpah

e...un altro film recente, un film anti-guerra: No Man’s Land che in effetti è forse diventato il mio film preferito...ce ne sono talmente tanti: Il Dottor Stranamore di Kubrick, anche se non è che fosse proprio un film di guerra.

Il suo prossimo progetto?

Sarà The Divided: un cinese e un irlandese si incontrano nell’ America del XIX secolo durante la costruzione della ferrovia. Poi una commedia romantica dal titolo Onore ai Ladri in cui due ladri si sfidano per un colpo grosso e per l’onore di una donna...poi un western e, ancora, un action-musical: un cocktail tra Bob Fosse e Sam Peckinpah con un pizzico di John Woo. Ho sempre sognato di fare un musical!