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Monsoon Wedding di Valentina Neri

 

È sempre più raro che al cinema una storia ci coinvolga in maniera completa, specie se la storia in questione è ambientata in un mondo lontano da noi, dove vigono usi e costumi completamente diversi da quelli che conosciamo, ma è ancora più raro che una storia ci entusiasmi e ci contagi con la sua vitalità, il suo coraggio, i suoi colori.

Accade raramente, ed è quello che succede guardando Monsoon Wedding di Mira Nair, dove non solo ci si immerge spontaneamente in quell’affollato affresco corale che è il film ma si vorrebbe restare prigionieri di quel vortice di calde tonalità e fiori arancioni che inonda tutto: vicenda & personaggi.

Un organizzatore di matrimoni stralunato che deve affrontare la realtà di organizzare 1000 cerimonie ma mai la sua, una futura sposa che sembra non provare alcun interesse nei confronti del suo fidanzato ed una cugina che nasconde un inconfessabile segreto sono gli ingredienti per svecchiare un soggetto, quello del film sul matrimonio, che Hollywood ci ha portato ad odiare agganciato com’è al cliché del padre geloso della propria bambina. In Monsoon Wedding c’è ben altro che le gag di Spencer Tracy & Steve Martin: c’è l’arrivo inaspettato dell’amore, la voglia di ricominciare da capo con onore e dignità, e c’è l’ansia del vivere quotidiano che ci porta a pregare, a sperare per la sorte dei personaggi, perché questa è Bollywood e il lieto fine non è allegato alla pellicola 35 mm come succede nei ben più conosciuti studios americani: qui ve lo dovete guadagnare.