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THE KILLS: Keep on your mean side (Domino)

 

THE KILLS: Keep on your mean sideGarage gospel in atmosfere da Chelsea Hotel?

Vi sembra proprio the Next Big Thing?

Alla fine il disco non è neanche malaccio e ha il notevole pregio di costare poco (cosa che – per una volta – mi ha trattenuto dal cercarlo in rete). Quello che davvero non riesco a comprendere è l’eccesso di entusiasmo mostrato dai critici (soprattutto nostrani) per questo duo anglo-statunitense conosciutosi per corrispondenza e giunto rapidamente al debutto. Bravini, per carità. Dopo il promettente Black rooster E.p. uscito nel 2002, Hotel (vero nome Jamie) e V V (Alison), tirano fuori un album intero registrato da Liam Watson, proprietario dei Toe Rag Studios di Londra (famosi per le attrezzature rigorosamente vintage e per aver ospitato di recente gli insopportabili White Stripes). Opera scarna, sufficientemente malata, a tratti noiosetta, Keep on your mean side imita alla perfezione lo spleen primitivo di tutti i nomi che la stampa ha tirato fuori dal cilindro per dare le coordinate di rito: Patti Smith, John Lee Hooker, The X, PJ Harvey, Suicide, Velvet Underground. Ok, fermi lì: se state pensando che ultimamente le sparano davvero grosse come merda di vacca, sono d’accordo con voi. Vedi i casi di Black Rebel Motorcycle Club, White Stripes, The Strokes, Interpol. Vedi l’abbaglio Libertines. Mancava all’appello giusto un duo dall’aria tossico-maledetta (del resto, siamo orfani dei Royal Trux). Mancavano gli alfieri del ‘buona la prima e chi se ne frega delle sovraincisioni’ perché (cazzo) tutti i grandi dischi tipo The Velvet Underground & Nico o Raw power degli Stooges sono stati incisi con l’urgenza di comunicare senza tante menate.

Eccoli qui: The Kills. Con un nome così, da gente cresciuta in luoghi sordidi tra pantegane, opinel e poeti barboni, il critico medio italiano eiacula prima ancora di ascoltare uno straccio di nota. Gode precocemente (al grido di "Untergrunt! Untergrunt!") e spara lodi sperticate per questo punk-blues da cameretta in dodici porzioni racchiuse in una copertina che omaggia Exile on main street (toh, stavo The Killsquasi per dimenticare gli Stones!). Sì, ma il disco com’è? Prevale la sensazione di una lunga attesa per qualcosa che non arriverà mai. In sostanza, sei lì che dici: "Ok, allora quando si parte davvero?" e dal plagio kinksiano in chiave electro-noise dell’iniziale Superstition sei già passato ai riflessi psichedelici di Kissy kissy, poi oltre il serrato anthem on the road di Hitched pensando che, per dire, i Jesus & Mary Chain erano ben altra cosa quando facevano cavalcare Bo Diddley nelle Darklands di una giovinezza schifa e crudele. Belline Fuck the people e Monkey 23 (ma un certo Lou Reed dovrebbe almeno farsi pagare una cena), superflua la chiusa acustica di Gipsy death & you. Tutto qui? Forse. Magari Hotel e la sua socia V V hanno davvero qualcosa da dire ma è presto per farli salire sul podio dei grandi, confondergli le idee con i soliti paragoni spropositati. Probabilmente ci toccherà aspettare il loro secondo (sofferto?) album, quando la stampa li avrà messi un po’ da parte per eleggere disco del mese il parto di un’altra coppia di mocciosi avvelenati dal morso del rock’n’roll.

(J.R.D.)

 

sul web:  www.thekills.tv