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PISTOLE NUDE

PISTOLE NUDE di Eric Lartigau

Titolo originale: Mais qui a tué Pamela Rose?

Regia: Eric Lartigau

Interpreti: Kad Merad, Olivier Barroux, Julien Rappeneau, Gérard Darmon, Jean-Paul Rouve, Bénédicte Loyen, Lionel Abelanski, François Cluzet, Virginie Ledoyen, Alain Chabat, Julie Bataille

Soggetto:  Olivier Barroux, Kad Merad, Julien Rappeneau

Sceneggiatura:Kad Merad, Olivier Barroux, Julien Rappeneau

Fotografia: Régis Blondeau

Scenografia: Sylvie Olive

Costumi: Marie-Laure Lasson

Musiche: Erwann Kermorvant

Montaggio: Stephane Mazalaigue

Produzione: Gaumont, TF1 Films Production, LGM productions

Paese: Francia  Anno: 2003

Durata: 89'

Distribuzione: DNC

Sito ufficiale: http://www.gaumont.fr/

Il cinema francese è alla canna del gas. La sua salute versa in condizioni gravissime e non consola saperlo in attesa di ricovero in terapia intensiva insieme a quello dei cugini italiani. Dove sono Beineix, Besson e Gans? La fine di Kassovitz è nota, ma due fotogrammi a caso di Gothika avranno sempre più valore dei molti chilometri di pellicola sprecati per realizzare Pistole nude (in originale, Mais qui a tué Pamela Rose?). Poco ma sicuro.

   L’esordio alla regia di Eric Lartigau, autore di spot pubblicitari e già assistente di Edouard Molinaro, Diane Kurys ed Emir Kusturica, nasce male sotto la stella del duo di comici televisivi Kad e Olivier decisi ad approdare sul Eric Lartigaugrande schermo con un film sulla falsariga del demenziale in salsa americana genere L’Aereo più pazzo del mondo e Una Pallottola spuntata.

   Popolarissime in patria, le gags surreali di Riper, coscienzioso istruttore dell’FBI e del suo stralunato compagno Bullit, più che agli esiti raggiunti dai fratelli Zucker (nessuno nomini invano il genio di Blake Edwards), risultano penosamente vicine a quanto prodotto dagli anni ’80 ad oggi dall’allegra brigata Boldi, De Sica, Vanzina, Neri Parenti. Unica differenza: anche al servizio di un simile tour de force di idiozie, Lartigau sa muovere la macchina da presa e illuminare a dovere luoghi e personaggi. Qui trionfa la freddura, impera il cattivo gusto, si sperpera un budget consistente per immortalare situazioni incongrue, barzellette che Pippo Franco non avrebbe il coraggio di raccontare neanche al bar sotto casa. Neanche a dirlo, Oltralpe hanno gradito finanche la cornice buonista (per la vita di un agente ferito nel corso di un’operazione antidroga, si spera in un trapianto), appiccicata alla trama con lo sputo per dare un non so che di profondo che non guasta mai.

   Action + commedia: La prima regola non può che tener conto della presenza in scena di un mostro di bravura dotato di una naturale vena di follia devastatrice (Peter Sellers e John Belushi insegnano). La seconda dice che se i dialoghi fanno schifo, non c’è ritmo che tenga, l’artificio utile alla progressione narrativa si rivela un’innocua miccetta. Due cose saranno eternamente negate ai francesi: la musica rock e la capacità di far ridere, a meno che non si provi a immaginare Tati con la chitarra elettrica a tracolla e gli Air in un lungometraggio di Lloyd Kaufman.

   Canovaccio: A Bornsville, U.S.A., si indaga sull’assassinio della spogliarellista Pamela Rose avvenuto in una camera d’albergo. La polizia, Gérard Darmon in Pistole Nudecapeggiata da un baffuto sceriffo gay è ostile. In cima alla lista dei sospettati c’è un ragazzo ritardato, seguito a ruota da una sorta di Quasimodo che sbarca il lunario come d.j. della radio locale (povero Gérard Darmon, ti ricordavo in ruoli migliori). Clichés come se piovesse. Quando l’atmosfera generale si cristallizza sulle trite parodie di X-Files, Il Silenzio degli innocenti, Twin Peaks, Seven, l’idea di morire dal ridere ha guadagnato da un pezzo la porta d’uscita. Ed è tutto. Come potrebbe esserci altro dopo aver raschiato il fondo del barile già all’opera prima?

 

(N.G.D’A.)