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THE DREAMERS- I Sognatori

   
Eva Green in The Dreamers di Bernardo Bertolucci

Regia: Bernardo Bertolucci

Interpreti: Michael Pitt, Louis Garrel, Eva Green, Jean-Pierre Kalfon, Anna Karina, Jean-Pierre Léaud

Soggetto: Gilbert Adair

Sceneggiatura: Gilbert Adair

Fotografia: Fabio Cianchetti

Scenografia: Eric Viellerobe

Costumi: Louise Stjernsward

Montaggio: Jacopo Quadri

Produzione: Peninsula Films, Fiction Films, Medusa Films, Recorded Pictures Company

Paese: Italia, UK, Francia Anno: 2003

Durata: 130’

Distribuzione: Medusa

Sito ufficiale: www.thedreamersilfilm.it

   

 Il Cinema secondo Bernardo Bertolucci (parafrasando il titolo di un vecchio e splendido making of di Gianni Amelio): regista colto e sublime, spesso lezioso o capricciosamente intellettuale, instancabile crocevia tra la sontuosità di Hollywood e l’irriverenza dei maestri dei Cahiers du Cinema, l’autore delle grandi masse de L’ultimo Imperatore e Piccolo Buddha sembra concludere con The Dreamers tre trilogie in un colpo solo. Quella cosiddetta “parigina”, iniziata con la trasposizione cinematografica de Il Conformista di Alberto Moravia (1970) e bissata l’anno successivo con il memorabile burro rovente di Maria Schneider e Marlon Brando in Ultimo Tango a Parigi (1971). Quindi la chiusura, secondo l’opinione di molti critici, di una trilogia definita “storica”, quella cioè che si ricollega ai due episodi del colossale Novecento (1976), affresco epico sui primi cinquant’anni di storia italiana del secolo scorso attraverso le vicende di due famiglie, quella dei possidenti terrieri e quella dei mezzadri, amici-nemici in un macabro e potente melodramma politico e poetico immerso nella realtà contadina emiliana.

Infine c’è la trilogia forse più autenticamente tale, quella cioè che termina il cammino del Bertolucci contemporaneo: il Bertolucci intimo, quasi naif, “tardo adolescenziale”. Il Bertolucci da piccolo budget. Il Bertolucci che con quest’avventura sessuale ed esistenziale sullo sfondo del Maggio francese del ‘68 si aggancia direttamente alla dimensione quasi da “kammerspiel” di Io ballo da sola (1996), deliziosa danza sulla bellezza e sulla giocosa evanescenza della vita, e del successivo L’Assedio (1998), prodotto per la tv ma distribuito nelle sale.

Come nelle due opere precedenti, il regista celebra una nuova giovane musa come centro orbitante della narrazione e dell’emozione: a seguire la Liv Tyler e la Thandie Newton delle due pellicole citate, in The Dreamers arriva Eva Green, l’ennesima ventenne alle prime armi. Ancora una volta come per Liv Tyler (in Io ballo da sola figlia di una madre poetessa) c’è la perdita della Eva Green in The Dreamers di Bernardo Bertolucciverginità (Eva Green in The Dreamers è invece figlia di un padre poeta). Ancora una volta c’è un triangolo uomo-donna-uomo. Ancora una volta c’è un onirico e sontuoso spazio “domestico” come habitat cinematografico (in Io ballo da sola il fiabesco casolare nella campagna senese, ne L’assedio l’appartamento di Piazza di Spagna). Infine ancora una volta Bernardo si cimenta in un uso amplificato della colonna sonora come chiave d’ingresso nella storia e nello spirito dei suoi personaggi: se il trip hop dei Portishead, le ballate malinconiche di Mazzy Star e i suoni in overdrive di Liz Phair documentavano al meglio il background dell’americana Lucy in vacanza in Italia, e il contrasto tra Beethoven e le sonorità africane di Papa Wemba esprimeva magnificamente la lontananza del mondo del pianista da quello della sua ospite nella storia d’amore de L’Assedio, alla stessa maniera in The Dreamers il regista si aggancia con generosità ai mostri sacri del ‘68 (la rabbiosa famiglia dei Doors, di Jimi Hendrix, di Janis Joplin…) restituendo in pieno la forza di rottura e la cassa di risonanza emotiva che tali protagonisti del rock avevano sulle velleità di ribellione dei ragazzi di allora (come ancora su quelli di oggi), giovani anime in lotta con la generazione dei padri e con l’arroganza delle istituzioni, ansiosi di vivere ma incapaci al tempo stesso di sopravivere alle regole della vita, che scelgono il guscio ovattato dell’immaginazione ed il sarcasmo intellettuale di Godard e Truffaut per combattere il marcio della repressione.

Elementi in comune, in quest’ideale trilogia, che si manifestano come tre facce della stessa medaglia, tre modi possibili di osservare gli ingredienti chiave dell’anima di tre gruppi di ventenni molto diversi tra loro, al di là dello scarto d’epoca storica di The Dreamers con le due precedenti opere (in realtà, pur essendo l’epoca degli eventi un fattore determinante del film, Bertolucci rende evidente il ponte temporale con le generazioni odierne dei “New Global” e degli scontri di piazza di Genova del 2001). Tre incursioni in tre diversi simulacri di “sognatori”, tre esempi di ventenni sensibili e colti che reagiscono come sostanze chimiche ai gas dei propri incubi: tanto è ingenua, timida, curiosa e teneramente malinconica nella propria bellezza poetica la Lucy/Liv Tyler di Io ballo da sola (in inglese il titolo è Stealing Beauty, ovvero “Rubando Bellezza”), immagine di una generazione alla ricerca dei propri padri, delle proprie radici e dell’amore candido, tanto è aggressiva, conturbante, sensuale e manipolatrice la Isabell/Eva Green di The Dreamers, emblema di una gioventù in piena rottura con le proprie origini (o meglio in cerca di rinnovamento) in parallelo con la schiera dei giovani e “sgrammaticati” cineasti francesi di quegli anni (che Bertolucci celebra in una perfetta matrioska di cinema nel cinema), pirateschi ribelli “storici” verso il patinato “cinema dei papà” di Duvivier, Clair o Carné.

Tra la scelta di ricerca di Lucy e la scelta di fuga di Isabelle Eva Green in The Dreamers di Bernardo Bertoluccisi pone, invece, la rottura obbligata con le proprie radici di Shandurai/Thandie Newton ne L’Assedio, giovane profuga africana specchio di una bellezza turbata e sofferente, resa impermeabile all’amore da una contatto precoce con la crudeltà della Storia, costretta ad abbandonare il proprio paese ed il proprio uomo per sgusciare alla presa feroce della dittatura.

A sancire l’affinità di tale trittico Bertolucci addirittura ricicla in The Dreamers (volontariamente o inconsciamente?) la medesima citazione letteraria declamata in Io ballo da sola dal personaggio del vecchio drammaturgo francese: «Non esiste l’amore, esistono solo prove d’amore». Ecco, l’ultima fatica del regista emiliano è forse proprio il terzo tassello di un felice e sincero mosaico “sulle prove d’amore”, cioè sulle prove di fedeltà (tipiche del romanticismo rivoluzionario di sempre e della vitale passione giovanile) verso qualcosa che probabilmente non esiste, ma comunque accade.

Come i personaggi e le storie del Cinema.

 

Antonello Schioppa