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ULTIMATE FANTASTIC FOUR  #1  Il fantastico parte 1

Che piacevole sensazione avere tra le mani un numero uno.

È l’inizio di una lunga avventura di cui non si conosce la fine, qualche cosa che probabilmente in futuro diventerà raro e prezioso. Questo numero uno in particolare, che negli States ha battuto vari record di vendite, ha parecchie e accattivanti premesse. Storia di Mark Millar, dialoghi di Brian Bendis e disegni di un Adam Kubert mai così in forma.

   In questa prima parte de “Il Fantastico”, vengono agilmente raccontati i primi ventun’anni di vita di Reed Richards, geniale e curioso adolescente, una sorta di predestinato da come si può intuire nelle prime due pagine dove, ancora in fasce, rimane estasiato da una ciocca di capelli della madre. La sua è una vocazione molto simile a quella di Jodie Foster in Contact. Vi è in lui la medesima ostinazione e la stessa caparbietà nel portare avanti il suo spirito di ricerca e sono del resto queste le uniche armi per far fronte ad un padre severo che Reed chiama “signore” e compagni di classe che lo tormentano. Il suo unico amico è il gigantesco e protettivo Ben, personaggio che conosciamo meglio nelle bellissime quattro pagine ambientate nel laboratorio-garage di Reed. Qui Kubert, con l’espediente di una lampada al neon, esalta le sue doti evidenziando magistralmente i riflessi su volti ed oggetti senza trascurare mai i più piccoli dettagli. È in questo tipo di tavole che possiamo apprezzare il lavoro alle chine di Danny Miki. Il contrasto tra la luce interna del garage e l’esterno ci insegna come il digitale sia efficace solo se affiancato da un buon inchiostratore.

   Altra grande qualità di Kubert è il saper comprimere il significante. Nelle pagine 6 e 7 due tavole mute esprimono perfettamente lo stato d’animo del personaggio. Ed è ingegnoso  ritrarre dall’alto la stanza di Reed perché questo ci permette di scoprire numerose informazioni sulla sua vita e i suoi interessi.  Aeroplanini e pianeti che pendono dal soffitto come ombre cinesi, poster di scienziati, un binocolo sulla libreria che negli anni diventa un cannocchiale ma anche uno skate ed orsacchiotti ad evidenziare il fatto che in fondo Reed è pur sempre un adolescente. La sua entrata  al Baxter Building, un’immensa scuola per giovani talenti ha un montaggio decisamente efficace. Ci vengono presentati numerosi personaggi ma soprattutto scopriamo qualcosa di più riguardo alle ricerche di Reed: la zona M, una dimensione parallela rappresentata come un’affascinante aurora boreale. Ed è nel cuore di questo spettacolo che abbiamo modo di vedere tutto il talento di Millar e Bendis nel far nascere l’amore tra Reed e Sue. Poche battute per lasciar spazio ad un gioco di chiaroscuri che alterna le emozioni dei protagonisti.

Le tavole finali spostano l’azione nel presente, in una zona desertica del Nevada. C’è il vecchio amico d’infanzia Ben, il compagno di ricerca introverso e scorbutico Victor, c’è Sue, più donna e più sensuale e c’è suo fratello Johnny, sfrontato ed immaturo.

Tutto è pronto e Kubert ce lo mostra anche  riflesso su una mela, il conto alla rovescia per scoprire questa nuova dimensione è partito… ma  cosa succede?…Aspetta.

A questo punto il lettore è completamente rapito e soggiogato. Vorrebbe sapere ma vive una sospensione orgasmica che si riattiverà solo nel numero successivo che purtroppo però non vedrà la luce prima di due mesi, Gennaio 2005. 

 

Jo Laudato