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ULTIMATE X-MEN 25: La Tempesta 2

 

ULTIMATE X-MEN 25: La Tempesta 2

Sono giorni che mi dispero pensando a quest’articolo. Giorni che cerco nei meandri della mia coscienza parole che siano efficaci ma non offensive. Ho fatto anche un paio di telefonate per affibbiarlo a qualcun altro. Ma nessuno della redazione ha accettato. Esclusa l’offerta di Schioppa di barattarlo con le mie foto del ‘68-‘70. Ma questa è un’altra storia.

La verità è che dovrei parlare male di questo albo. Solo che non ne ho voglia.

Perché se lo facessi dovrei necessariamente discutere tutta la testata.

Sarei costretta a sottolineare come, per una macabra magia, chiunque ci si avvicini tenda a dare il peggio di sé. Tipo Millar, le cui clamorose cadute di tono hanno reso necessaria una giustificazione dai piani alti. Era malato, in ospedale, un periodo durissimo.

Dovrei ammettere che forse la Casa delle Idee è un’industria tipo Hollywood, dove i grandi autori che si sono fatti le ossa  altrove vengono catturati, riempiti di soldi e di scadenze, e chi se ne frega se la qualità si abbassa. O si abissa.

Dovrei accettare che la  Marvel  è un contenitore come  Mtv, e pensare che sto recensendo l’album di Gwen Stefani  mentre è  uscito l’ultimo dei Nine Inch Nails.

Sarei quasi obbligata a riconoscere che il target ufficiale di Ultimate X-Men è qualcosa di molto simile ad adolescenti superficiali e vagamente rincoglioniti.

Io i quindici anni li ho superati da un po’, e reagisco con una superba distanza, ma se fossi una teenager mi sentirei parecchio offesa a farmi trattare da idiota.

No, non mi va di parlare di questo.

Finché è possibile vorrei proteggere quel perverso piacere che comporta l’attesa dell’uscita, il rito della lettura, la sensazione, lo ammetto, di appartenenza.

Del resto qualcosa di buono c’è, come del resto nell’ultimo di Gwen Stefani.

C’è stato anche un Millar positivo, che è riuscito a convincere tutti noi a seguire la testata.

C’è stato il tocco magico di Bendis, che varrebbe la pena premiare solo per la seconda parte del numero 21.

E ci sarà anche Vaughan, che confidiamo rispolvererà l’ispirazione che gli ha permesso di scrivere L’Ultimo Uomo.

Devo crederci e ignorare le orribili battaglie di questo albo, prive di qualsiasi tensione e logica (per quanto tempo ancora dovremmo vedere il cattivo che potrebbe far fuori tutti ma fallisce miseramente???).

Per non parlare della caduta rovinosa di Wolverine, che tra un “cara” e un “piccola” da vero duro fa a Tempesta uno dei discorsi più banali e retorici che abbia mai sentito.

Qualcuno avverta Vaughan che Logan ha storicamente tendenze sociopatiche, ed è davvero difficile credere che sia un guru della psicologia da quattro soldi. 

E poi perché affidare il  discorso non violento a Tempesta, che dovrebbe essere la più incazzata di tutti??

Comunque, la saga si conclude con il successo della squadra che si merita anche i complimenti dello Shield da Nicholas Fury in persona, la risoluzione del mistero di Lord Apocalisse, che risulta essere frutto di una mente folle, e il finale finto ambiguo dove, fosse mai non lo avessimo capito, Sinister dichiara la sua confusione mentale. E riesce a farlo con la chiarezza di un fiscalista. Imbarazzante.

Nel prossimo numero è annunciato il ritorno di Gambit, che aveva già fatto la sua comparsa nel numero 7, un albo da custodire gelosamente per le serate malinconiche. Gambit è un personaggio pieno di potenzialità,  affine alle corde di Vaughan più di qualsiasi altro X-Men , perciò mi affido alla speranza, al pensiero positivo e al training autogeno fino alla prossima uscita.

E nonostante tutto già non vedo l’ora……

Anna Guidi