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Philip Kindred Dick con il suo gatto imbronciatoCos’è la fantascienza? Un parto fantasioso della mente? Una prospettiva eccentrica del normale o una visione normale di un mondo che non è il nostro mondo? No, niente di tutto ciò; è un’attenta analisi del presente in una visione futuristica. Questo è. La cultura positivistica-materialistica nell’800 ha dettato le incontestabili condizioni della conoscenza sulla base di un fiscale razionalismo: esiste tutto ciò che è dimostrabile; ma è veramente così? Se riflettiamo attentamente, quest’assunto non può non apparirci come l’ottusa difesa delle proprie convinzioni. Tutto ciò che potrebbe minare la nostra presunta storia, la nostra visione delle cose, è pericoloso. Dunque i misteri del passato quando non comprensibili vengono troppo superficialmente liquidati come manifestazioni religiose sfociate nel simbolismo. Altri esseri viventi nell’universo, in un lontano passato, potrebbero esser scesi sulla terra e conseguentemente aver condizionato la nostra evoluzione, questo non può essere vero perché non dimostrabile; in realtà, non lo è perché l’ammetterlo, quand’anche solo come ipotesi, farebbe crollare in un sol colpo il castello di carta sul quale abbiamo edificato il nostro essere.

Il fantastico è sulla terra, basta osservarlo. Il fantastico non può che essere una proiezione presente del nostro futuro. Il fantastico è reale. P. K. Dick è uno scrittore realistico, per lo meno nell’accezione di Louis Pauwels e Jacques Bergier autori di quel fondamentale libro che è Il mattino dei maghi. Se realismo è la dottrina che considera obiettivamente i fatti reali e se il concetto di reale si estendesse a tutti quei fenomeni che scientemente vengono accantonati come fenomeni da baraccone (telepatia, veggenza, extra-terrestri…) allora concorderete con me nel ritenere P. K. Dick uno scrittore fautore di quel realismo-fantastico teorizzato dagli autori del Il mattino dei maghi. È uno scrittore che prima d’ogni altra cosa si è concesso quel privilegio che solo in pochi hanno il coraggio di perseguire: la libertà di saper osservare senza l’ombra ingombrante dei pregiudizi. È dall’analisi di un recente passato che Dick ha descritto l’ipotetica condizione umana in un prossimo futuro. Un veggente? No, semmai un lucido illuminato.

I replicanti del racconto Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (da cui Ridley Scott trasse il film Blade Runner) cosa sono se non la simbolica esposizione di un potere tecnologico (e della sua implosione), amministrato da un potere politico-economico che ormai è il parametro su cui vengono prese le decisioni dai governanti della nostra società? Esiste l’inquinamento, e questo è un dato di fatto, esiste la possibilità di costruire automobili elettriche o all’idrogeno ma ciò non viene fatto, perché? L’impegno a smaltire le scorte di automobili inquinanti a vantaggio di una lenta conquista del mercato da parte di automobili ecologiche non sarebbe la scelta più logica per il bene dell’umanità intera? Certo, ma l’uomo ormai intrappolato dentro la gabbia che s’è costruito attorno non decide più per la propria sorte ma per quella dell’economia. Fermo restando che da qualche parte in città c’è qualcuno che si sta scopando una bambola gonfiabile, allora perché non con un replicante?

In un’intervista del 1976 realizzata da Daniel De Perez, Dick dice: "Ho il forte presentimento che noi siamo in qualche genere di labirinto costruito per noi. E noi siamo esaminati […] sento sempre che noi siamo calcolati. Noi siamo calcolati." Ed ancora: "Io credo, e ciò si presenta nei miei libri, che questo è del tutto solo un palcoscenico [] la realtà è sempre una bolla di sapone."

La realtà è evanescente, ingannevole, si dissolve sotto i nostri occhi come una bolla di sapone e non ti puoi fidare di ciò che vedi. Questo parrebbe essere in contraddizione con quanto suddetto: la fantascienza è una derivazione del presente in una visione futura, come si può descrivere un futuro attraverso il presente se quest’ultimo è ingannevole? Si può, e il come ce lo fa capire lo stesso Dick in un’altra intervista rilasciata a Frank C. Bertrand più o meno nello stesso periodo.

Egli dice: "Si scrive perché la mente umana non può che creare naturalmente [] la fantascienza è quindi un prodotto di e per la mente umana [] la sua funzione consiste nel liberare il lettore dal mondo attuale che lui occupa."

è la mente umana che crea e modifica il reale e non può essere che la mente umana a tentare di decifrarlo. Osservare il presente attuale significa nella visione dickiana non l’improbabile analisi dei fatti, peraltro ingannevoli, ma cogliere l’essenza di quest’ultimi attraverso l’immaginazione. Dietro ogni cosa c’è un intelligenza, spesso votata al male, che l’ha generata.

L’origine del nostro presente dimora nelle menti di pochi uomini e non v’è miglior modo di capire cosa ci riserverà il futuro che approdare a quel pensiero latente, oggettivo e non più soggettivo, che ogni cosa disfa e fa o nasconde a suo piacimento. Dick non prende i fatti così come si presentano ma immagina sulla base di essi il pensiero che li ha generati, ed è dopo averlo colto che si può permettere di approdare ad una plausibile fantascienza.

Philip K. Dick è l’indagatore di quel reale che ancora non è presente.