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        Una notte ai primi di febbraio si incontrarono quasi per sbaglio a una
        festa di un amico comune. Era già tardi e Claudia era arrivata da meno
        di un'ora quando Ale dovette andare via e lei si accorse che nessuno
        sarebbe tornato a casa nella sua stessa direzione e andò da lui e gli
        disse seria beh, sarò costretta ad accettare il tuo passaggio, e per
        Ale il peso di quella costrizione fu talmente schiacciante che quasi gli
        venne la tentazione di dirle allora arrangiati stronza ma invece rispose
        solo ok perché durante quei giorni di lacrime soffocate e di sogni e
        ricordi e di una sola notte con lei, qualunque residuo d'orgoglio aveva
        lasciato spazio solo a mesta rassegnazione. Correva in macchina ad ovest
        verso il centro e Claudia di fianco stava zitta, per tutto il tragitto
        se ne stettero zitti mentre Ale la guardava quando si fermavano ai semafori,
        guardava le sue mani e sempre sognava che da un momento all'altro lei
        gli avrebbe stretto la sua, ma quei giorni di abbracci inaspettati e
        amore sincero e spontaneo sembravano così lontani, così pensava Ale
        mentre la strada era sempre più corta. Ci abbiamo provato, si diceva, e
        ripensava alle settimane precedenti in cui avevano davvero provato a
        vedersi e a uscire, quando si era illuso che tutto sarebbe magicamente
        ritornato come prima e che fosse solo una questione di tempo. Provava a
        parlarle ogni tanto ma lei rispondeva in modo quasi sgarbato, e ad ogni
        risposta sgarbata seguiva silenzio e Ale si domandava cosa c'era che non
        andava, e ancora quella stessa falla andava a cercare ma ancora non
        riusciva a trovarla e a rattopparla, e iniziava ad avere il sospetto che
        non l'avrebbe trovata mai. 
        Quanto fu doloroso quell' accorgersi del non capirsi più, dell'
        accettare che non erano più in grado di parlare con lo sguardo. E tanto
        era peggiore la sensazione che provava, quanto sempre più magici
        tornavano i ricordi che lo assalivano, del tempo in cui si erano
        scoperti un po' per volta, maledetta memoria, fino alla notte in cui si
        erano guardati fissi, lei e suoi occhi marroni che gli dicevano sì, ed
        era allora che avevano capito che entrambi quella notte volevano la
        stessa cosa l'uno dall'altra, ed era amore quello che cercavano, e l'uno
        dall'altra l'avevano trovato. Ma poi erano stati sempre più lontani e
        mai più si era creata quella comprensione, e lui si sentiva come se per
        mesi avesse ascoltato la più dolce delle musiche e poi, un po' alla
        volta, il suono della radio fosse stato sempre più disturbato, e adesso
        la frequenza non la trovava più, per quanto continuasse a fare avanti e
        indietro per i canali nella speranza dell'antica sintonia. Mi sono solo
        sbagliato, devo accettarlo e basta, si diceva Ale quella sera mentre
        Claudia se ne stava zitta, eppure sentiva la voce di lei e le sue
        promesse e lo sguardo con cui per una notte l'aveva guardato e voluto.
        Come poteva essere allora questa cosa così meravigliosa e speciale che
        avevano condiviso essere svanita senza un motivo apparente, come poteva
        essere stato così breve quell'amore se i suoi occhi nel giurarglielo
        erano stati tanto eterni? Questo Ale si chiedeva e guardava Claudia che
        teneva gli occhi bassi e pensava ad altro, forse a qualcun altro pensò
      Ale, se solo lei l'avesse guardato in faccia, solo un momento, lui 
        avrebbe avuto il coraggio di chiederle perché, ma lei non lo guardava e
        allora Ale pensava che tra poco lei sarebbe arrivata al portone numero
        18 e allora per trovare il coraggio si diceva, se vedo un pedone le dico
        qualcosa, oppure le parlo solo se passa un gatto nero, e nemmeno ci
        faceva caso se i pedoni o i gatti passavano davvero, solo cercava dentro
        di sé forza ed energia necessaria per parlarle, e dirle io non ce la
        faccio più non ti voglio vedere più, perché se ti vedo ti voglio
        troppo accanto a me per sempre, e si chiedeva se sarebbe arrivato il
        giorno in cui avrebbe avuto il coraggio o forse la troppa stanchezza e
        sofferenza per sputarglielo in faccia questo suo amore doloroso e
        immenso. 
        Ma quella notte che ormai diventava alba  non le disse proprio
        niente, e la lasciò scendere senza nemmeno darle un bacio, ultimo
        rituale che era sopravvissuto alle settimane di imbarazzo e di distanza,
        e mentre se ne tornava a casa si diceva forse di straordinario non c'era
        proprio niente, questa come tutte le altre passioni svaniscono, e non è
        che non ci sono state, ma poi finiscono senza un motivo, e lei ci ha
        messo poco per capire che era finita, ma forse ora lo sto capendo
        anch'io che quella persona che ho stretto e amato e che mi ha amato così
        tanto non c'è, non mi interessa sapere se c'è stata oppure no, quello
        che conta è che non c'è più, non è quella che ho visto stasera e
        nemmeno quella che forse vedrò tra una settimana o tra un mese. E
        facendo questi pensieri le diceva addio, addio Claudia ti ho amato
        tantissimo ma ora l'ho capito che non ci sei più, non ci sarai mai più
        tra le mie mani e nei miei occhi e non ci sarai più quando studio o
        aspetto di dormire e ti sento vicina anche se non so neanche dove sei, e
        mentre così salutava per sempre tutto ciò che gli era rimasto di lei,
        ovvero la speranza di riaverla un giorno, scese dalla macchina ed entrò
        in casa, mentre il sole dell'alba già portava colore di primavera e
        spazzava via gli ultimi odori di cenere invernale.  
         
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