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SAVERIO FATTORI: CHI HA UCCISO I TALK TALK? (Gaffi, pp.196, € 8,00)

SAVERIO FATTORI: Chi ha ucciso i Talk Talk? (Gaffi, pp.196, € 8,00)

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“Che fine hanno fatto i Talk Talk?

Dopo It's my life... dopo Such a shame...

Le solite storie di eccessi e droghe?

Le solite disarmonie post successo?”

 

Devo scrivere di un amico che scrive. Devo parlare del secondo libro di una tra le migliori e più seguite firme del nuovo corso della rivista che state leggendo. Non è facile, you know. Oppure sì, a ben vedere: prima di conoscere personalmente Saverio Fattori (solo qualche mese fa, in occasione di un reading tenuto insieme a Roma) e un po’ prima di accoglierlo nella nostra gang, ho avuto il piacere di ospitare su queste pagine una recensione di Alienazioni padane, suo debutto letterario. Di lui non sapevamo niente, c’era solo questo romanzo “invisibile” (vuoi per il formato tascabile, vuoi per la copertina con una grafica atroce, vuoi per misfatto di una distribuzione inesistente) eppure straordinario, spudorato, duro come un diretto sparato sul naso. Alienazioni padane era ed è ancora letteratura pura, cioé quanto sopravvive al prodotto smorfiato da alta classifica da consumarsi entro e non oltre la data di scadenza (mai indicata ma facilmente prevedibile, almeno dai lettori d’acciaio). In un’epoca di editori, scrittori, critici beotamente prostituiti alle fottute esigenze di mercato, ritrovarsi tra le mani una ricetta farmaceutica zeppa di controindicazioni non è cosa da poco. È quel ventaglio di differenze che da noi separa Fattori, Aldo Nove, Antonio Moresco e pochi altri dal blocco di segaioli in rigor-mortis da primi della classe. I sedicenti autori. I sedicenni per sempre (anche quando panza e calvizie avanzano da un pezzo). I miracolati dal botto in classifica, dalle cinquecento battute del critico più coo(g)l(ione) d’Italia.

   Fattori esiste, fa l’operaio in fabbrica, non riceve anticipi dall’editore che lo pubblica, non può permettersi il lusso di trascorrere due mesi in una località amena et segreta per scrivere i suoi libri senza troppe rotture di cazzo intorno, non ha mai vinto uno straccio di premio, non ha la memoria del cellulare intasata di sms di caldissime fans in balconette e brasiliana Yamamay (Save’, se poi scopro che ‘sta cosa non è vera ti sputo in faccia!), non fa il martire della letteratura, non ha un blog (Save’, prova ad aprirne uno sotto falso nome, fingi di avere le pocce e la passerina e vedrai che contratti...). Fattori sostiene: “Odio il termine BEST SELLER. Almeno fino a quando non ne avrò pubblicato uno”.    

   Devo andare avanti? Naaah, mi sa che adesso siete pronti per la fase calda: la recensione di  questa “falsa biografia autorizzata di Marco Orea Malià”, stilista dei capelli, figura che nel decennio Ottanta ricopre un ruolo centrale tra le molte figure e figurine del tricolore plasticoso e che a Bologna,  dopo varie esperienze lavorative milanesi, modella teste e “si inventa party ed eventi cultural/mondani e il salone di parrucchiere diventa qualcosa di indefinibile e sfuggente.” Marco Orea Malià (all’anagrafe Marco Zanardi), incensato da Mariuccia Casadio sulle pagine di Vogue, amico di Vasco Rossi, Freak Antoni e dello scrittore ‘80 Tondelli, artefice del look dei Righeira e di quello dei Matia Bazar periodo Vacanze romane, come pure dello “squadro del ricciolo di Eros Ramazzotti”.

   La falsa/vera biografia del parrucchiere “concettuale” fissato con le icone religiose si incrocia con i pensieri del narratore innescando una miscela esplosiva di frammenti del passato e del presente. Comica (le elucubrazioni intorno alla “fidanzata postmoderna concettuale”), drammatica, lisergica: “Le ragazze al bar. Nulla le mette a disagio, non conoscono imbarazzo, si plasmano a tutto e tutto plasmano. Sanno tenersi gli occhiacci maschili incollati a culo&tette, hanno spalle larghe da nuotatrici che si aprono da top neri. Nelle mutandine tengono lische di pesce perfettamente disegnate. Non abbassano lo sguardo e tengono i tuoi occhi in ostaggio, se non sei della loro razza il cazzo ti si fa piccino piccino. Il sangue ti va ovunque fuori che lì e sudi, sudi acido e il cervello ti va in confusione.”

   Chi ha ucciso i Talk Talk? è un testo-mondo libero dal gioco/gioco dell’accattonaggio nostalgico su quelli che Girolamo De Michele, nella prefazione chiama “anni dell'azzeramento dell'etica”. Una parata di dark, dandy, new romantic, alternativi bolognesi, alienati padani, locali à la page, teste di cazzo à la page, ronzii metallici, scricchiolii, crepe insanabili. Un background cultural/politico/di costume che sfugge all’inquadramento generazionale per abbracciare la storia recente del nostro Stivale mai risolato, ribattuto, raffilato.

   Testo marcio, astioso, per nulla conciliante e pertanto (evviva!) privo di quella patina specifica che riveste quelli che personalmente definisco “libri inutili scritti da emerite, inutili facce di culo”. Fattori usa il vuoto per andare in profondità, scardinando le porte della rievocazione, del revival cialtrone. Poi rivela un altro collasso, l’infezione del virus-parola, lo stato del sistema immunitario del testo (della testa: scolpisci pure i tuoi capelli, ma è il cervello che conta). Come nell’appunto intitolato Padania sud-est 20 ottobre 2004: Molte pagine sono completamente illeggibili. File interminabili di lettere in accostamento casuale si alternano a frasi superstiti. La macchina emette scricchiolii strozzati sempre più sofferti.”

   Siamo infetti (“Infect me with your love”, cantava The The negli Eighties). “FRAGILI ALI SPEZZATE LA CONFERMA DELLA FRAGILITÀ È LA NON SOPRAVVIVENZA O NE CONOSCETE UNA PIÙ NETTA?^^^^^^^^^^^^^^^^^^^!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

   Questo libro è la perla più rara in un mare di merda.

 

Nino G. D’Attis

sul web:  www.gaffi.it , www.oreamalia.it