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SAVERIO FATTORI: Alienazioni padane

(Accademia degli Incolti, pp.142, € 6,00)

Tra i piccoli volumi pubblicati nella collana ‘Evasioni’ (serie Cromo/Arancio) della casa editrice Accademia degli Incolti, il primo romanzo di Saverio Fattori non gode certo della visibilità riservata alle operine di Luca Canali. Per averne una copia, occorre armarsi di pazienza e compiere ripetute incursioni in libreria (specialmente in quelle grandi, sfavillanti di luce, provviste di un unico, misero scaffale dedicato agli editori dalle spalle strette). È necessario trasformarsi tanto per cambiare in detectives dell’impossibile, come ben sanno i Quindici, lettori residenti iscritti a giap (la newsletter telematica dei Wu Ming) che hanno tifato per Fattori dopo aver letto il manoscritto.

"Fattori Saverio operaio frustrato & confuso dalla silente padania sud-est" ha scritto una storia che non si espone ai condizionamenti del buon gusto ma parla di nervi rotti e incidenti, di esistenze al limite in un piatto/pacioso scenario provinciale: turni in fabbrica, sms, discoteca, Tamgesic ("farmaco a base di morfina, cinque fiale iniettabili per via endovenosa, cinque pere senza pene e sbattimenti a cinquemilatrecentocinquantalire di ticket"), Fiat 131, sesso domenicale, notizie di cronaca nera. Colonna sonora: le canzoni di Sergio Caputo (ma anche gli Afterhours di Voglio una pelle splendida). Voce narrante: Ale, trentenne alienato che vive tra Bologna e Ferrara e non ride, non gode come i ‘suini’ emiliani che abitano i romanzi di Giuseppe Caliceti ma (rievocando gli anni ‘80) sentenzia: "Non era più tempo di poeti maledetti, cinema francese o di domande più profonde".

Fuori dai denti, lacerando la patina di una quotidianità stanziale con un urlo estraneo ai modelli di vita cui aspirano i suoi coetanei, Ale spara domande tipo: "Le ballerine che si agitano nei videoclips di Videomusic esistono? Le ballerine che si agitano nei videoclips di Videomusic fottono?" Oppure pensa: "Non voglio donne da sposare e da gonfiargli la pancia, voglio donne da portare all’Hemingway Caffè Latino, quello di Caputo."

Un romanzo di incidenti (dieci in tutto) intesi sempre come digressioni da/su situazioni limite. Veri e propri crash, cortocircuiti che si verificano nelle zone di luce di una presunta normalità, di un sistema sociale che poggia sul vuoto. L’ironia è greve (e cruda, diretta, foggiata con un gusto per il paradosso portato al limite), si palesa come ultima reazione all’assenza di vere risposte dagli altri (e forse è solo per questo che Ale segue come un assassino le persone di cui parla). Alienazione è fuga dolorosa, allucinata, insolubile e insoluta dalla minaccia di un fallimento più grande, dall’assenza di un riscatto che possa dirsi tale. Come quella di Patrick Bateman in American psycho di Ellis, diventa un ondeggiare tra il grottesco e il sinistro componendo alla fine una tela dipinta con pennellate brutali. O forse, più semplicemente, un fermo immagine che mostra un’unica spaventosa scritta: NO PROTECTION.

 

(S.B.)

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