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	Strane 
	cose possono accadere a Clinton, Massachusetts, USA. Prendi un volo da Roma 
	con la tua band, ti ritrovi nello studio di registrazione di Steve Austin 
	dei Today Is The Day ed è proprio con questo signore in veste di produttore 
	e musicista aggiunto che registri il tuo disco d’esordio. 
	   La 
	tua band si chiama The Orange Man Theory, si è fatta la solita trafila sala 
	prove/concerti/sala prove/altri concerti e qualora ti trovassi nella 
	condizione di doverla presentare ai genitori della tua nuova ragazza diresti 
	senza mezzi termini che pesta duro. Le bugie in questi casi non servono, 
	l’hai sempre saputo. Sei quello che urla nel microfono “Look out. I wish I 
	could lie” in un pezzo che si chiama Vampires in 
	the sun (Surfin’ Transylvania) ma i padri delle tipe non si 
	lasciano infinocchiare facilmente: capacissimi di chiedere a bruciapelo se 
	Merendina, il batterista del gruppo, si chiama così all’anagrafe. E se vi 
	piacciono i primi White Zombie. E se il vento psichedelico che si avverte in 
	diversi passaggi dell’album è un caldo vento heavy da session nel deserto 
	che si alza intorno al tessuto hardcore di un debutto niente male. 
	   I 
	padri delle tipe (ora lo sai) sono dei gran ficcanaso. Generazione 
	vinil-dipendente che non ha ancora capito il cd, figuriamoci il formato Mp3. 
	Vecchi mammiferi che si commuovono alla vista di un cd con la label truccata 
	da Lp. Immagina la scena: «’Nsomma, che tipo è ‘sto Austin? Simpatico, dici? 
	Embè, però pure voi quattro non siete mica coglionazzi qualsiasi, lasciamelo 
	dire!» 
	   Il 
	bacucco (che somiglia in maniera impressionante a Dale Crover dei Melvins) 
	ti fa accomodare in salotto, rimette Riding a 
	cannibal horse from here to... dall’inizio e ti sorprende 
	sfoderando in rapida sequenza: A) una t-shirt nera della Amphetamine Reptile 
	sotto la squallida vestaglia a quadri rossi e neri. B) la discografia 
	completa degli Unsane. C) Il ghigno folle tipico di chi è abituato a 
	cominciare la giornata con qualcosa dei Converge. 
	   
	Dice che queste nove tracks sono roba buona, roba sublime, roba da sturbo 
	almeno quanto le cose migliori dei Circle Of Dead Children, dei Pro Pain e 
	dei Nothingface. Dice che il fegato non vi manca e che l’ironia non vi 
	difetta, visto che il fulminante titolo in coda si chiama 007 (ce fa na 
	pippa). Si permette di aggiungere che il mix tra
	 samples, 
	chitarre e (poderosa) sezione ritmica è davvero riuscito e che il groove 
	gira sempre giusto (cita in particolare  Where we’re 
	going we don’t need roads) in un piccolo miracolo che fa 
	coesistere massicci riff anni ’70 (con puntate in territori garage), toni 
	melodici e hardcore di alta scuola. Punk metallizzato. Ondeggiamenti 
	psichedelici per un’onda d’urto tanto caotica e vitale da sfuggire 
	miracolosamente alle trappole della nostalgia. 
	   
	Gli fai vedere la sezione CD-Rom del disco, con galleria fotografica e 
	documentario video delle registrazioni svoltesi tra l’agosto del 2004 e il 
	gennaio 2005. 
	   
	Gli spieghi che nessun cavallo è stato ferito durante la realizzazione del 
	lavoro. 
	   Il 
	vecchio nostromo si scioglie in lacrime. Non te l’aspettavi. 
	  «Ti 
	benedico, figlio. Vai, spupazzati mia figlia e porta la buona novella dei 
	The Orange Man Theory a tutto il mondo!»  
	  
	«Ehm...grazie, signore.»  
	  
	«Chiamami pure papà!»  
	   
	(N.B. ormai È FATTA!) 
	(J.R.D.) 
	
	
	www.theorangemantheory.com 
	
	
	www.indeliriumrecords.com |