Speciale Marvel Ultimate

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ULTIMATE FANTASTIC FOUR  #3  Il fantastico parte 3

 

All’edicola della Stazione Tiburtina nemmeno sanno cos’è Ultimate Fantastic Four. Ché al terminal degli autobus, tra la linea Roma-Cracovia e la linea Roma-Caianello, la signora dei giornali pretende una chiara descrizione tecnica dell’albo, sennò non è mica capace di individuarlo, tra le colonne di Dylan Dog e le ricette sulle zuppe piemontesi. Destino di chi legge Ultimate. E non Bonelli. O Walt Disney. O Marvel classico. Perché se uno va dall’edicolante e dice Fantastici Quattro, forse ti capiscono. Ma se uno va e dice Che Per Caso è Arrivato Altimeitfantasticfornumerotre?, allora è tutta un’altra vita.

Fatto sta che UFF (che sta per Ultimate Fantastic Four, oltre che per lo sbuffo dell’edicolante) l’ho comprato in attesa del mio  Roma-Cocullo-Pescara. E l’ho letto con la mia donna, a quattro mani e quattro occhi, con io che facevo la voce di Mr Fantastic e della Cosa e lei quella della Donna Invisibile e della Torcia Umana. Il dottor Molekovic, invece, l’ha fatto un bulgaro che aspettava di imbarcarsi sul Roma-Bratislava.

E pur letto così, ragazzi, ho notato cose che chi mi dice “che stì Fantastic Four non sono granchè” non ha notato. Certo, la versione ultimate di Spider-Man e dei Vendicatori è densa di problematiche che il quartetto in tuta blu sembra non avere. E quello che dovrebbe essere il tema dominante della serie, cioè la scienza, ancora non offre grandi livelli drammaturgici. Tutto vero. Ma: siamo solo al numero tre, ed è difficile dare un giudizio sulla problematicità che Michael Bendis riuscirà a tirar fuori. Per ora, di buono, c’è l’inconfondibile abilità nei dialoghi e nella caratterizzazione dei personaggi. E c’è il disegno di Adam Kubert che sale sulla cima della mia personale classifica delle matite Ultimate. Perché, a parte l’abilità del tratto, Kubert è un esperimento mutante che unisce al meglio spettacolo e caricatura demenziale. Andatevi a vedere i dettagli negli angoli delle tavole, a fate caso a quel mondo di gatti e piccioni in controluce manco fossimo dentro Topolinia o Paperopoli. E le espressioni della Cosa, poi, se non di tutti i personaggi, che uniscono dramma e parodia rievocando, in maniera più sobria, lo stile dei migliori manga giapponesi. Vera forza di UFF, inoltre, è il taglio narrativo scandito dalle inquadrature. Con uno stile e una personalità che mancano, ad esempio, ad un bravo disegnatore come Mark Bagley, punto debole dell’ottima Ultimate Spider-man. Il fatto è che se facesse cinema Adam Kubert monterebbe come la Thelma Skoonmaker di Casinò e dirigerebbe come lo Spielberg di Indiana Jones. E osservare le sue storie è come vedere un film dove l’azione oscilla tra le danze di un musical mozzafiato e la tensione di un fantasy catastrofico. Tutta questa classe ci permette di evitare il rischio noia di fronte al cugino di Godzilla che vuole distruggere la città e allo scienziato pazzo che vuole conquistare il mondo. E poi dei campo-controcampo che mi verrebbe da scomodare i primissimi piani di Sergio Leone, se non fosse che starei effettivamente esagerando un po’.

Tutto questo fa di UFF una buona testata. Sicuramente adolescenziale. Sicuramente meno ricca di Ultimates o Ultimets X-men. Sicuramente (per ora) meno affascinante rispetto alle altre prove dello scrittore Bendis (andatevi a cercare Alias!). Ma sicuramente una buona testata.

Per capire, però, quanto sia buona, bisogna tornare in edicola tra due mesi e chiedere di Altimeitfantasticfornumeroquattro.

“Altimetche?!”

“Quello là coi bordicini blu, tra Dylan Dog e le zuppe piemontesi…”

 

Antonello Schioppa