Home | back | Davide Bregola | Enzo Fileno Carabba | Giancarlo De Cataldo | Tommaso De Lorenzis | Girolamo De Michele | Pablo Echaurren | Valerio Evangelisti | Cecilia Finotti |  Giuseppe Genna | Andrea Manni |  Andrew Masterson | Aldo Nove | Pierpaolo Pasolini | Tommaso Pincio | Andrea Piva | Filippo Scozzari | Wu Ming | Wu Ming 1 |  Wu Ming 2 |  Archivio        (Leggi la recensione de Il Fuggiasco)


INTERVISTA  AD ANDREA MANNI di Nino G. D’Attis

 

Andrea ManniAndrea Manni nasce a Roma il 4 gennaio 1958.
Nel 1989 scrive e dirige il cortometraggio Dubbing in Italian Style, (menzione speciale al Torino Film Festival)
Nel 1996 scrive e dirige il suo primo lungometraggio Da cosa nasce cosa… (Miglior Opera Prima al 50° Festival del Cinema di Salerno - 1997).
Nel 1998 scrive e dirige il cortometraggio Un uomo a piedi (in concorso alla 55° Mostra del Cinema di Venezia)
Il Fuggiasco è il suo secondo lungometraggio di cui è anche autore della sceneggiatura assieme a Massimo Carlotto.

********

Tra il tuo primo cortometraggio (Dubbing in italian style, del 1989) e Da cosa nasce cosa... (1997) sono passati sette anni; cinque tra Un uomo a piedi (1998) e Il Fuggiasco. Sei tu a prendere tempo tra un film e l'altro o ti sei ritrovato nella condizione di dover aspettare a lungo il verdetto dei produttori su un determinato progetto?
La seconda... Fare films in Italia è difficile. Fare films che valgano la pena di esser fatti, è ancora peggio, tanto più se non sei un regista affermato o particolarmente amico di qualcuno. Fare la commedia è più semplice ma purtroppo non ho trovato nessun progetto che mi abbia appassionato e le commedie che ho scritto non sono state ritenute, ancora...giuste per il mercato. I produttori ma ancora di più le televisioni con l'acquisto dei diritti televisivi, decidono se un progetto debba o non debba esser prodotto.

Puoi dirmi qualcosa del tuo lavoro sul set? Usi uno storyboard, o almeno ne hai usato uno per Il Fuggiasco?
L'unica cosa che non amo di questo lavoro è che cominciamo a lavorare molto molto presto al mattino ed io la mattina presto non sono proprio al cento per cento... Per far capire ai miei collaboratori come voglio procedere, faccio degli schizzi delle inquadrature ma chiamarlo uno story-board mi pare francamente eccessivo, disegno piuttosto maluccio.
Sul set mi sento a mio agio. Ci deambulo da più di 20 anni. Mi diverto a scherzare con i miei collaboratori, giochiamo spesso e questo rende più piacevole il lavoro. Non  sono un dispotico urlatore e lavoro a stretto contatto con tutti, forse perché avendo fatto l'aiuto regista per tanti anni non riesco a smettere di controllare tutto, in tutti i reparti. Mi piace che tutti collaborino, il film non lo sento solo mio. I film non si fanno da soli, è un gioco di squadra ed ho avuto una troupe meravigliosa.


Avevi già in mente Daniele Liotti come protagonista mentre scrivevi la sceneggiatura insieme a Carlotto?
No. Eravamo già abbastanza schizofrenici, cercando di avere un sano distacco dal fatto che quello che scrivevamo era vero. In più per me era ancora più bizzarro, perché il mio interlocutore (Massimo Carlotto) era proprio quello vero. Pensare anche a chi lo avrebbe interpretato sarebbe stato impossibile. Un problema per volta. E ti assicuro che non è stato facile emotivamente... Della scelta di Daniele Liotti sono orgoglioso. È stata una sfida nella sfida ma secondo me Daniele è una delle sorprese (positive) del film.

Sempre a proposito di attori, come è stato trovarsi sul set Joaquim De Almeida e Francesca De Sapio? Nei loro curriculum si leggono i nomi di Peter Sellars, Jim Mc Bride, Dennis Hopper...
Lavorare con dei professionisti di talento è sempre bello e stimolante. C'è un primo momento di diffidenza, ci si annusa ma se poi c'è complicità, è davvero un piacere. Basta una parola, uno sguardo e ci capisce subito. Non scorderei però anche tutti gli altri, Benvenuti, Citran, Giallini, Coli, Tessari, Ranieri, Giovannucci e lo stesso Liotti. Io non amo gli attori, però amo quelli bravi...

Quanto intervieni sul lavoro del direttore della fotografia? Di Massimino Pau mi colpì molto la luce per Il Branco di Marco Risi, ora le scelte fatte per Il Fuggiasco mi sembrano altrettanto belle. Ho sempre pensato che chi si occupa di illuminare un set possa trovare molti più stimoli se la storia è drammatica o thriller. Sei d'accordo?
Massimo Pau è un grande. Da lui ho ricevuto un grande ed affettuoso supporto. Ci conosciamo da 20 anni, poi ci siamo persi di vista per 7/8 anni e rincontrarsi è stato bello. Il lavoro del direttore della fotografia nelle commedie è relativo, meno creativo. Solitamente la commedia deve avere immagini molto luminose, brillanti, allegre e vivaci. Nei films "drammatici" o in tutto ciò che non sia commedia, il lavoro è più interessante, anche al limite della sperimentazione. Un po' gli ho rotto le scatole ma Massimo aveva capito esattamente il film ed abbiamo marciato nelle stessa direzione. Tranne che in Messico, la fotografia è fredda e contrastata, propedeutica alla vicenda. Spero di lavorare di nuovo presto con Massimo.

Che tipo di rapporto hai invece con i montatori? Ti capita di visionare un primo montaggio e di cambiarlo molto?
Per come giro, è abbastanza semplice seguire le indicazioni che arrivano al montaggio ma questo film ha avuto una lunga gestazione per quanto riguarda l'edizione. Alla fine avevamo tanto materiale, tanto da poter montare un film di più di 2 ore ma non era quello che volevamo. È stato tagliato molto e tagliando delle scene, dei personaggi perdevano d'importanza e quindi diventava fisiologico tagliare anche loro. Delle scene non sono venute come speravo ed allora via anche quelle... Insomma ora i film dura 93' senza titoli di coda. Un grazie va anche ad Alberto Lardani, il mio montatore, che mi aiutato e sopportato per circa 8 mesi. Devo dire che anch'io ho sopportato lui...meno male che siamo molto amici.


Come sei arrivato alla scelta di Teho Teardo per la musica del film? Conoscevi il suo lavoro con artisti internazionali come Mick Harris, Lydia Lunch e Jim Coleman?
L'incontro con Teho è stato fortuito e fortunato. No, non lo conoscevo. Mi è stato presentato dal suo agente. In quel periodo stavo ascoltando il lavoro di molti musicisti ma quando ho sentito il lavoro di Teho non ho avuto dubbi. La musica è una mia grande passione e mi picco di saperne parecchio, molto più che di cinema... Gli auguro tutto il successo che merita.
 

Durante la conferenza stampa si è accennato alla possibilità di portare sul grande schermo un altro romanzo di Massimo Carlotto, Il Mistero di Mangiabarche. Sarà il tuo prossimo progetto?
Spero e credo di sì. Magari non tra 4/5 anni...

 

Grazie.