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INTERVISTA A ENZO FILENO CARABBA

di Nino G. D’Attis
 

Enzo Fileno Carabba

Enzo Fileno Carabba è nato nel 1966 ed ha esordito nella letteratura con il romanzo Jakob Pesciolini (Einaudi 1992), vincitore del Premio Calvino. Ha studiato composizione con Sylvano Bussotti ed è autore dei libretti d'opera: Integrale Sade, musicato da Sylvano Bussotti, prima esecuzione nel 1989 a Parigi, all'Opera Comique, in occasione del Festival D'Automne: I Fantasmi canterini, prima esecuzione nel 1995, per i Pomeriggi Musicali Milanesi; L'eroe dei due mondi, musicato da Carlo Boccadoro, prima esecuzione a Milano nel novembre 1999. Nella sua ricca bibliografia figurano i romanzi: La Regola del silenzio (Einaudi 1994); La foresta finale (Einaudi 1997); Il Cubo incantato, romanzo per bambini (Panini 1998), più la guida In gita a Firenze con Enzo Fileno Carabba (Paravia-Gribaudo 1997). Il suo racconto Il Buio, è apparso nell’antologia curata da Valerio Evangelisti Tutti i denti del mostro sono perfetti (Urania Mondadori 1997). Il suo ultimo romanzo è Pessimi Segnali (Marsilio, 2004).

 

 

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Hai esordito a ventisei anni con un romanzo che affiancava due registri: comico e drammatico e che mi colpì molto per la sospensione di ogni giudizio sui personaggi, sulle loro azioni. Ricordo che, dopo averlo letto, una mia amica disse: "È spietato, eccessivo, mi ha procurato degli incubi pazzeschi." Credo anche che qualcuno abbia provato a inserirti di peso tra le fila della 'Gioventù Cannibale'. Cosa ricordi di quel periodo? 

Le parole della tua amica mi lusingano. Spero però che fossero anche incubi divertenti, a tratti. Di quel periodo ricordo tutto, ma dirlo sarebbe lungo. Mi limito a fare un’osservazione: mi sembra che negli ultimi dieci anni l’editoria italiana si sia ulteriormente chiusa e irrigidita. La gente è sempre più triste, confinata. Agli scrittori si chiede sempre meno, forse perché agli esseri umani si chiede sempre meno. Oggi ci sono dei binari precisi a cui i più obbediscono, come nella canzone di De Gregori su Buffalo Bill. Regnano certezze eccessive, un puritanesimo stilistico  che ereditiamo con inquietante entusiasmo dai manuali anglosassoni. Tutto quello che ci si chiede, a proposito di un romanzo, è:  scorre o non scorre? Funziona o non funziona? Sembra che si parli di un elettrodomestico, sembra di essere a un congresso di idraulici. Ma allora era tutto qui? Era per questo che fin da bambini abbiamo cominciato a sognare storie? Per sentirci dire se scorrono o meno? No, non era tutto qui. Precisato che Pessimi Segnali scorre benissimo, e funziona alla grande, a me non piacciono i libri dove scorre acqua del rubinetto, mi piacciono i libri dove scorre lava. Tutta questa semplificazione che ci circonda ha una conseguenza: le storie scorrono benissimo, funzionano perfettamente, ma il mondo viene banalizzato. Solo che il mondo non è mai banale e prima o poi si vendicherà.  

 

Il caso di Pessimi segnali, respinto dal tuo primo editore italiano e pubblicato prima in Francia da Gallimard, mi sembra emblematico di un modo (solo in teoria superato) di collocare la produzione di uno scrittore all'interno di scatole precise. Ne La Mano di Dante, Nick Tosches dedica diverse pagine incendiarie al tema della veicolazione culturale sottomessa alle regole del marketing... 

Le scatole sono comode non c’è dubbio. Solo che se infili una cosa viva in una scatola, alla fine muore. Questa è l’era delle scatole. E di conseguenza è l’epoca dei prodotti confezionati e dei tirannosauri di plastica. Oggi vige il dogma della riassumibilità:  tutto deve essere riassumibile in uno slogan. Anche la letteratura subisce terribili torsioni imposte dalla pubblicità. Riguardo alla bizzarra storia di Pessimi segnali, c’è una storiella che ripeto sempre e che vorrei ripetere anche ora. Non perché sono rimbambito, ma mi sembra significativa.  Questo romanzo è molto diverso dai miei libri precedenti, ciò ha turbato i i miei interlocutori abituali. “Se fosse un primo libro lo pubblicheremmo subito, mi hanno detto, ma è troppo diverso dagli altri”. Ora, in effetti è diverso, ma questo è un fatto positivo: nel senso che è parecchio migliore. Gli esperti mi dicevano: “Guarda, per essere un noir in certi punti non è abbastanza noir, ma per non essere un noir  in certi punti è troppo noir”. Ho rischiato di impazzire. Quando ho parlato per la prima volta con la traduttrice francese Fracoise Liffran (traduttrice della serie Noir di Gallimard!) ho osato, tremante, porle la fatale domanda: ma secondo lei è un libro noir? “Questo libro è un coniglio rosa, mi ha risposto”. Mi sembra una bellissima risposta. Poi ho trovato un editore italiano che era d’accordo con questa idea. In conclusione: vorrei esortare i miei contemporanei a rompere le scatole.

 

Diversi esponenti del fumetto italiano, da Liberatore a Mattotti, hanno trovato in Francia una seconda vita editoriale. In ambito letterario, la stessa opportunità è stata offerta a te e a Cesare Battisti (per non parlare dell'attenzione di cui gode Valerio Evangelisti). Quali differenze hai riscontrato, anche a livello di pubblico, tra i due paesi?  

La versione di Pessimi segnali uscita in Francia è abbastanza diversa  rispetto a quella uscita in Italia, è più visionaria e complessa. Con questo, non voglio dire che i francesi sono tutti dei geni, non lo so. Ma mi sembra di poter dire  che c’è un clima diverso. Quello che è sicuro è che in  Italia la “versione francese” non sarebbe mai uscita. Io comunque essendo un patriota preferisco nettamente la versione uscita in Italia.    

 

Il riferimento cinematografico più citato a proposito di Pessimi segnali è Lynch, però a me sono venuti in mente anche lo Scorsese di Aldilà della vita e gli 'horror padani' di Pupi Avati come La Casa dalle finestre che ridono e Zeder, forse per i toni grotteschi che fanno da contrappunto all'irruzione del fantastico nel quotidiano. 

Sì, questi esempi mi piacciono molto, in particolare Pupi Avati. In questo romanzo ci sono luoghi e paesaggi riconoscibili, una cosa nuova e clamorosa, per me. Circa i romanzi precedenti, alcuni mi dicevano: bello, ma non è che ci abbia capito molto. Ho provato a essere più chiaro possibile. Avrei voluto essere chiaro e misterioso. Ho descritto e  trasfigurato molti episodi che mi sono capitati veramente. Non c’è stato  neanche bisogno di trasfigurare più di tanto: l’Italia che mi circonda è un posto strabiliante. A volte racconto un episodio che mi è capitato sul serio e i miei interlocutori credendolo inventato mi dicono: che storia pazzesca, incredibile, eccessiva.

La realtà non è mai a una sola dimensione, non è mai piatta: il realismo non mi interessa. Le irruzioni del fantastico sono solo momenti in cui il mondo mostra altri lati, come un gigantesco pesce lucente che si gira.

   La casa dalle finestre che ridono mi fece veramente paura (la vidi molto tempo fa). In generale, i mostri dei nostri tempi vengono spesso ridotti a ingredienti, come tutto. A pezzi di un ingranaggio. Devono funzionare, anche loro, come tubi  o rotelle. Sono pezzi di ricambio. E così perdono di vigore morale, diciamo così. Un mostro privo di vigore morale è un mostro finito. Invece nella Casa dalle finestre che ridono le due megere assassine sono vere perché sono partorite da un paesaggio profondo. I mostri marini medievali, per esempio, sono mostri assai vivi perché sono nutriti da una fantasia millenaria, sono veri (perché non è che non ci fossero calamari giganti, per esempio) e allo stesso tempo escono dall’immaginario religioso.

 

Un punto fermo nella tua scrittura credo si possa individuare nell'attenzione al paesaggio e ai fenomeni atmosferici: penso all'incontro tra Angelo, l'io narrante e la vecchia che si svolge sotto una grandinata violenta e porta i personaggi e il lettore in un'altra dimensione. Come nella 'Red Room' di Twin Peaks, spazio e tempo si annullano: questo mettere in gioco aria, acqua, fuoco e terra era presente anche in Jakob Pesciolini e ne La Regola del silenzio. 

Mi piace vagabondare a piedi. Fin da piccolo, ma oggi sempre di più. È come se i luoghi  mi chiamassero. Soprattutto mi piace andare dove la presenza dell’uomo si affievolisce. Se per esempio trovo una casa in rovina, inghiottita dalla vegetazione, provo una forte, contraddittoria soddisfazione. Mi piace, insomma. L’umanità mi ha stancato. Non dico che dovrebbe sparire. Non mi conviene dirlo. Ma dovrebbe come minimo darsi una grossa calmata. E io sono convinto che se la darà, o più probabilmente gli  verrà data. Chissà, forse per questo mi piace sollevare lo sguardo verso il paesaggio e i fenomeni atmosferici. Mi dicono qualcosa di decisivo, e io sono sempre sul punto di decifrare questo messaggio.

     

Il Valdarno come una zona ai confini della realtà: Angelo ama il sole ma si ritrova intrappolato in un non-luogo oscuro, popolato da figure strane, ultracorpi della porta accanto. Guardano la televisione, navigano su internet, si attaccano ai videogiochi e convivono con nuovi/vecchi invasori (inglesi e tedeschi), ma intorno a loro aleggia qualcosa di ancestrale... 

Credo che tutte le zone siano ai confini della realtà. Il portagonista di Pessimi Segnali si inoltra in un mondo dove cessa il dominio della Provvidenza. Solo che questo mondo alieno si trova a pochi chilometri da casa sua. Penso che questo accada sempre più spesso. L’Italia è diventata un luogo strabiliante. Mondi opposti convivono a poca distanza l’uno dall’altro, solo che uno di solito non se n accorge, perché le nostre esistenze sono concepite in modo da non farci uscire dal recinto. Al protagonsita del romanzo invece capita proprio  questo, esce dal recinto e si inoltra in un altro mondo. Mi piace pensare che questo romanzo sia una versione contemporanea di Cuore di tenebra. Il Valdarno è una specie di metropoli frantumata. Una piccola Los Angeles diluita  e assediata dalla natura selvaggia delle colline. In generale, non è vero che il mondo è più piccolo. È più facile andare da una città all’altra. Ma in mezzo si aprono le voragini. Sono sempre più affascinato da questo tipo di paesaggio, in cui presenza umana e natura selvaggia si intrecciano. Solo che quasi nessuno se ne accorge, per fortuna, perché gli esseri umani tendono ad ammassarsi negli stessi posti. Non solo  nelle città. Anche quelli che fanno trekking (ah ah ah!) sulle colline toscane si fermano tutti negli stessi punti panoramici. È incredibile.  Come se ci fosse una guida segreta a cui obbediscono. Quando ti allontani dalle vie più battute incontri realtà incredibili. Io e  un mio amico riassumiamo il tutto con il motto: orsi e lupi sotto i viadotti.

   Sono cresciuto con Alien, Predator, Lo Squalo e così via. Quando vedo un film con una mummia assassina mi commuovo. La mummia assassina è la mia madeleine. Viceversa, i musei della cultura contadina mi fanno paura. Eppure fin da piccolo, come dicevo, mi è piaciuto vagabondare a piedi  sulle nostre colline.  Un bel giorno mi sono reso conto che non c’è contraddizione ra Alien e le dolci colline. Vicino a casa mia c’è un tratto di terra rossa. Ma anche su Marte c’è la terra rossa.

 

Gli incidenti, gli innesti di metallo nella carne di un personaggio come Cintolesi: uno pensa automaticamente a Ballard, poi viene fuori un modo di raccontare il mistero che ho trovato affine a certe pagine di Moresco o di Cavazzoni... 

Bè, hai delle capacità telepatiche:  citi sempre autori che amo. Ballard per me è stato fondamentale: alcuni suoi romanzi sono piantati nella mia testa per sempre: si intuisce, a mio insidacabile giudizio, che quando scrive riesce a captare pulsioni psichiche profonde. Che poi la cosa è tutta qui, altrimenti gli innesti nella carne fanno ridere. C’è una qualche verità, una qualche verità, da inseguire. E può prendere molte forme. L’unica cosa sicura che non sono mai le forme che ti aspetti. Per esempio, in Deserto d’acqua Ballard immagina che nelle nostre cellule ci siano ricordi più antichi di noi, che nel cuore dei nostri geni ci sia il ricordo, per esempio del Trassico. E che in certe condizioni questo ricordo si risvegli. (Del resto non è un’idea solo sua: Mayol  diceva che immergendosi in apnea cercava di risvegliare l’homo delphinus, il ricordo preumano di quando tutti gli esseri viventi respiravano sott’acqua). In Pessimi segnali non appaiono iguane del Trassico, nei sogni dei protagonisti, ma si affronta una questione che secondo me ha un qualche rapporto con tutto questo. La cancellazione del passato nelle nostre teste è stata troppo veloce, quindi falsa. L’uomo ha passato più tempo a cavallo che su un’automobile, e più tempo davanti a un camino che non accanto a un termosifone. Tutto ciò è perfettamente vivo in un angolo più o meno sepolto della nostra mente (bè, meno sepolto del Trassico, questo è sicuro). E ci sono antiche credenze che non sono affatto morte, da queste parti. Bisogna rispettarle. Non è che a volte tornano: tornano sempre.

   

Mi ha divertito molto il ritratto di Emma, la sedicente poetessa. Conosciamo tutti persone talmente convinte della loro unicità da diventare insopportabili, oltre che patetiche. Questo strano tipo di animale ha il suo habitat soprattutto in provincia: nel Salento, ad esempio, nove persone su dieci si presentano come "poeta", "pittore", "fotografo", etc. Io vengo da lì, quando sono arrivato a Roma e ho trovato un lavoro da precario, in mezzo ad altri precari, ho scoperto un altro tipo di fauna: ragazzi e ragazze che hanno dei sogni, delle velleità (e in qualche caso anche del talento) e si sbattono per pagare l'affitto, una scuola di scrittura o di recitazione... 

Hai perfettamente ragione. Il protagonista è un individuo critico e aggressivo. Nonostante rappresenti una parte di me, non è certo il tipo con cui mi piacerebbe andare in vacanza. Mi sembra che proprio Ballard abbia detto che è giusto che uno si crei una qualche mitologia di se stesso, per sopravvivere. Però io trovo che sempre di più il mondo, il nostro mondo, non solo la provincia, pullula di persone privilegiate che  non si rendono conto delle loro fortune, esigono sempre di più, prigioniere di un narcisismo feroce. Gli sembra sempre di avere di meno dalla vita, rispetto ai loro clamorosi meriti. Ma dove sono questi meriti? L’ego li acceca, li impoverisce, li rende miseri….Ecco che riprende vigore il predicatore pazzo che è in me. Devo trovare il modo di calmarlo, magari attraverso il celebre detto popolare “senti da che pulpito viene la predica”.

 

È vero che le vicende narrate in Pessimi segnali avranno un seguito? Cosa ci puoi anticipare?  

È vero. Il protagonista è lo stesso qualche anno dopo. Anche i luoghi non sono lontani da quelli di Pessimi Segnali, ma i “territori selvaggi”, gli orsi e i lupi sotto i viadotti, sono sempre più presenti. Niente ambulanze (a parte per i casi di emergenza). Vorrei raccontare una storia partendo da quegli episodi veri che quando li racconto sembrano falsi. Sono sempre più interessato a un tipo di narrazione lontana dai canoni dominanti e vicina invece al mito, alla leggenda o addirittura alla parabola.

   

Ho letto da qualche parte che hai studiato composizione con Sylvano Bussotti, con il quale hai poi collaborato nel 1989 per l'opera Integrale Sade. Conosci il suo lavoro con Carmelo Bene? 

Per me l’incontro con Sylvano Bussotti è stato molto importante. Nelle sue lezioni parlava poco di musica, ma erano narrazioni formidabili, labirintiche. Erano eventi teatrali e a loro modo religiosi. Difficile spiegare l’atmosfera. La prima volta che mi presentai (ero un sedicenne in mezzo a un sacco di adulti) tirai fuori il quaderno per prendere appunti e tutti mi guardarono con orrore, come se avessi profanato un rito: perdere il filo era importante, tanto poi ne trovavi molti altri. Diciamo che eri come Teseo nel labirinto del Minotauro, solo che di Arianne col filo ce ne erano una trentina. Ricordo anche lunghi racconti su Carmelo Bene, sì... certo. Ora che mi ci fai pensare,  credo che anche solo i racconti di Sylvano Bussotti su  Carmelo Bene meriterebbero un romanzo. Quanto a Carmelo Bene, era un personaggio geniale, non c’è bisogno che lo dica io. Una delle cose a cui tengo di più è la cassetta dell’Adelchi e quella del Pinocchio  recitati da lui, con le musiche di Gaetano Gianni Luporini, le ascolto molto spesso. (Tra parentesi, sono appassionato di storie in cassetta, ma non riesco a trovarle perché in Italia, chissà perché, sono considerate  una cosa da deficienti).

   

Chiudo con una curiosità: ascolti solo musica classica? Io ho letto Pessimi segnali ascoltando Selected Ambient Works Volume II  di Aphex Twin...mi sembrava perfetto! 

Riguardo alla musica “leggera” sono in un’ignoranza enciclopedica (questa più o meno l’ho copiata da Borges). Ascolto spesso la radio, senza sapere cosa ascolto. Ora seguirò il tuo consiglio.

 

Grazie    

 

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