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INTERVISTA  A GIROLAMO DE MICHELE  di Saverio Fattori

 

INTERVISTA  A GIROLAMO DE MICHELE

Girolamo De Michele, nato a Taranto, vive a Ferrara e campa insegnando nei licei, dopo essersi flessibilizzato attraverso i più svariati mestieri: bidello, attacchino, pony-express, barmann, gestore di discoteca, giornalista, traduttore...

   Collabora con la cattedra di Antropologia Filosofica a Bologna e svolge corsi di logica e storia italiana contemporanea per matricole di Giurisprudenza a Ferrara. Prima di "affermarsi" come "giovane" autore "esordiente" ha scritto e pubblicato diverse opere di di storia, filosofia e storia delle idee, tra cui Felicità e storia.

   Collabora con il sito www.reti-invisibili.net e si diletta di cucina, per la gioia degli occhi e del palato della sua paziente compagna. Si onora di aver stretto la mano ai Residents, Cioran, Hofstadter, Ricoeur, Elie Wiesel e Heidi Giuliani, e di non averla stretta a Kurt Cobain e a Luciano Violante.

 

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Ho interrotto Scirocco per un libro intervista a Franceschini, leader brigatista della prima ora. Franceschini, parla di "schede biografiche dei militanti", i brigatisti dovevano indicare anche se erano dediti alla masturbazione. Queste schede vengono raccolte da Mara Cogol per conto di Simioni e fatte pervenire a un certo Dotti che si rivelerà  legato a  Edgardo Sogno, uomo forte della destra italiana, già combattente in Spagna ("Franchista", manco a dirlo) e golpista per vocazione. Franceschini vuole essere certo della circostanza, si reca al cimitero di Milano, stacca la foto della lapide di Dotti e la porta alla Cogol perché possa identificare esattamente la persona a cui doveva consegnare le schede. Scusa questo fuoripista... prendila per una provocazione, ma quando la storia vera si permette simili intrecci, passi di noir puro, per i romanzieri si fa dura... 

Al tuo fuoripista potrei aggiungere che Feltrinelli comprò la bomba che lo uccise  con un timer tarato per esplodergli in mano senza sapere che il suo fornitore era un neofascista delle SAM (Squadre d'azione Mussolini). Queste connessioni le ho inserite attraverso il personaggio di Vincenzo Guerra, cioè attraverso il punto di vista del terrorista fascista Vinciguerra: un modo per tenermi a distanza, ma facendo presente la possibilità che il livello di infiltrazione dei servizi fosse giunto sino a quel punto. E comunque, senza addentrarmi nel gioco su chi fosse l'uomo dei servizi dentro le BR, ho sempre pensato che le BR fossero controllate a distanza: non nel senso che eseguivano azioni pianificate altrove, ma che era consentito loro di portare a buon fine i progetti utili a stabilizzare il sistema. Quanto al fatto che dovessero confessare le loro attività masturbatorie, non sono affatto stupito: i brigatisti erano degli stalinisti che con dottrina marxista e con le masse avevano un rapporto di mero onanismo solipsistico insomma, delle teste di cazzo che scambiavano per teoria politica le loro seghe mentali. E i nuovi brigatisti non sono diversi, sono solo più patetici. In ogni caso, senza riabilitare una forma del terrorismo rispetto ad un'altra, Cristiano era nella lotta armata, ma non era nelle Brigate Rosse:oggi la differenza tra gruppi armati come Prima Linea o Proletari Armati per il Comunismo rispetto alle BR è quasi incomprensibile, ma per chi c'era in quegli anni significa qualcosa anche sul piano umano, che è poi quello che conta.

Tu dici che per i romanzieri è dura... può darsi: io ti rispondo con una frase di Neil Gaiman: “Una storia non ha bisogno di essere realmente accaduta per essere vera”. E non c'è bisogno, aggiungo, di un romanziere per scrivere il romanzo della nostra storia: Sergio Zavoli è il più grande narratore che l'Italia del dopoguerra (forse del dopo-Manzoni) abbia avuto, e i modesti narratori come me sono fortunati ad avere una tale fonte scritta, orale e visiva a cui abbeverarsi.

 

Fatico a prescindere dallo stupendo magma vero/verosimile su cui regge  Scirocco, ma devo dire che anche la "lingua" è interessante, fluida, colloquiale, invasiva, arriva in ogni poro, è come se godessimo di una vista a 360°.  Frutto di un percorso, di una ricerca, o è solo la lingua che ti è naturale quando fai narrativa?

Non c'è nulla di "naturale", anche gli impulsi cosiddetti irrazionali sonooggetto di una costruzione, il problema è se ne siamo consapevoli. E ogni rapporto tra la mente e la lingua, tra il pensiero e la parola, è tutto fuorchè "naturale". Per la lingua dei miei romanzi ho lavorato, soprattutto con Scirocco, per raggiungere gli effetti di cui parli. Ad esempio, ho eliminato quasi totalmente l'imperfetto  il che per un cultore di Flaubert quale io sono è un'impresa per evitare quell'effetto di eterno presente che la concatenazione imperfetto-passato remoto crea nel simulare un presente proiettato all'indietro. Lo stesso vale per l'uso della voce narrante, quasi sempre assente: non c'è narratore onnisciente, tantomeno attraverso il protagonista senza nome, c'è un "narratore insipiente". In Scirocco ho lavorato molto sul discorso indiretto libero, più precisamente sul momento in cui una lingua sta passando da A a B e non è più lingua dell'uno senza essere ancora lingua dell'altro: un linguaggio X, non individualizzato. Ho cercato a volte di rendere l'effetto della carrellata con cui Truffaut, nei Quattrocento colpi, passava dalla ripresa del bambino in fuga al paesaggio marino: chi guarda quel paesaggio, il bambino,

lo spettatore, il regista? E chi dice: "che bello il suo sorriso!" a proposito di Lara? Io credo (come Pasolini, come Deleuze e Guattari) che il discorso indiretto libero sia il magma originario del linguaggio, prima ancora che il linguaggio si strutturi in forme retoriche, costrutti sintattico-grammaticali, ecc. È per questo che non c'è alcuna ricerca della bella metafora, anzi, alcuna ricerca della metafora: una metafora può esserci o meno, ma non è il cuore del discorso. Questo per dire che io cerco di forzare la possibilità linguistica del genere verso usi e direzioni che non sono inglobabili dal genere stesso (il modello è ovviamente il Pasticciaccio di Gadda, ma anche il suo strepitoso Eros e Priapo).

 

Ho amato molto il personaggio del giovane hacker, Ferodo, e le sue paranoie oggettivate. Penso addirittura che la sua comparsa corrisponda a un definitivo decollo della storia. Giovani ribelli che prendono il testimone da 77ini e partigiani, non era facile ma hai reso credibile questo passaggio nella narrazione. Miracoloso. Ma nella realtà? Il fatto ad esempio che a Genova ci fossero dai Boy Scout fino ai giovani della sinistra più estrema (passando per sbirri contraffatti e ultras destroidi di squadre di calcio del nord Italia in trasferta premio) è un limite o una forza? 

Ferodo è stato ricavato, come anche Lara, da un saggio di Paolo Virno sul cinismo degli anni Ottanta, Ambivalenza del disincanto. Virno indicava la possibilità che cinismo e opportunismo potessero anche essere modalità di resistenza sulle quali fondare un nuovo soggetto: aveva ragione, ma ci sono voluti molti più anni di quel che pensava lui. Io ho immaginato una "Point Break Generation", una generazione che non c'è stata, ma che ci sarebbe dovuta essere. Ferodo è un nichilista puro, che percepisce il germinare, all'interno della comunità di hacker di cui fa parte (gli hacker meridionali, il suo amico marsigliese, che è preso a prestito da uno scrittore marsigliese, Michel Laconique, che bisognerebbe tradurre, ma che fa circolare i suoi romanzi solo in dattiloscritto tra gli amici), di una politicizzazione che al momento lo trova contrario: però è vero che dalle esperienze degli hacker sono nate modalità politiche radicalmente no-global.

Con lui e Lara ho messo in scena i primi, diffidenti contatti tra due generazioni che tre anni dopo erano a Genova insieme: Ferodo me lo immagino al Media Center del Genova Social Forum, tra i ragazzi di Indymedia, comunque davanti a un monitor. Forse è finito anche lui a Bolzaneto...Quanto alla presenza dei cattolici, della sinistra istituzionale, ecc., a Genova e oltre, è sicuramente un punto di forza (del resto anche in Scirocco c'è un prete, no?). È stato invece un limite il tentativo neo-leninista di cercare di ingabbiare nelle maglie di un nuovo partito, o di un movimento diretto da un comitato centrale, la pluridiversità del movimento dei movimenti. Una volta Bifo ha iniziato un suo intervento dicendo: "mica possiamo passare la nostra vita a scusarci per essere stati leninisti": beh, ha ragione, però c'è sempre qualcuno che si sforza di ricordarcelo.

 

Scirocco apre una strada nuova, mi riferisco ai titoli di coda, in pratica citi tutte le tue fonti, attingibili da chiunque possa accedere a Internet. Non è una novità che Google si sia sostituito per quanto possibile a estenuanti catalogazioni e consultazioni di materiale cartaceo, ma il tuo libro diventa una sorta di manuale. Ci dici che teoricamente tutti (molti, qualcuno.) potrebbero riprodurre il medesimo standard .

In termini molto più ridotti lo aveva fatto Sbancor alla fine del suo American Nightmare. Io ho creato le condizioni perché il lettore, posto che il libro gli piaccia e non si accontenti di averlo letto, possa verificare le mie fonti, ed eventualmente ampliarle. Volendo, il lettore può addirittura usare il Web per riscriversi a suo modo il romanzo partendo dagli stessi documenti, e ovviamente dal file che è scaricabile in copyleft, cioè gratuitamente, dal sito de iQuindici. Sicuramente Google rende oggi più facile il lavoro di ricerca, e anche quello d'inchiesta: però non lo sostituisce. La base della mia ricostruzione sono state in primo luogo la mia memoria, e in secondo luogo alcuni libri (tra i quali Fascisteria di Tassinari) e la registrazione di due programmi televisivi, La notte della Repubblica di Zavoli e l'inchiesta Calvi-Laurent. Questi testi mi hanno fatto da filo d'Arianna, altrimenti nel Web mi sarei perso, travolto dalla mole di link spesso ripetitivi o futili. Nel Web c'è l'editoriale di Epoca che invocava il colpo di Stato (di cui ero a conoscenza, ma che non avevo mai letto), ma anche una ricostruzione del rapimento Moro in cui si sostiene che Moro fu passato dalle BR ai Rosacroce, il cui 51mo grado (=GRADO+LI, cioè Gradoli) è "il signore del Gladio"...

 

La tua storia è piuttosto nota. Tre Uomini Paradossali lo hai scritto nel '93 e ha visto la luce solo lo scorso anno grazie al passaggio de iQuindici  a Wu Ming 1 fino a Severino Cesari. Il fatto che un libro evidentemente così importante avesse ricevuto rifiuti la dice lunga sulla completa irrazionalità (per stare leggeri...) del mercato editoriale. La rete può aiutare a disincagliare ipotetici Kakfa incagliati da qualche parte, ma il fatto che ci siano ormai più siti che riguardano la scrittura rispetto a quelli che riguardano la pornografia mi atterrisce... la democrazia è ipertrofica... 

La democrazia è autopoietica e proteiforme: l'ipertrofia è una conseguenza inevitabile, di gran lunga preferibile alla censura o alle potature di regime. D'altro canto la capacità di immagazzinare informazioni non è illimitata, quindi il bombardamento di stimoli acuisce la nostra capacità di selezionare: poi sta a noi saper gettare via l'inutile e preservare l'utile. Ci sono centinaia di riviste e siti letterari, io ne frequento una mezza dozzina: sono io l'artefice della selezione, non il mercato editoriale o la censura politica. Però una cosa è certa: la rete garantisce la sorpresa, la scoperta dell'inatteso, cosa che uno scaffale di riviste cartacee in genere non permette, o permette meno: è come una grande biblioteca con i libri a vista, nella quale puoi ricercare non solo per analogie ragionate, ma anche per associazioni libere o casuali. Ti faccio un esempio per chiudere: oggi ho letto un fulminante scritto di Evangelisti sulle strutture narrative in Salgari (Perché Mompracem resiste ancora?), e ho scoperto con stupore di aver usato in Scirocco la stessa struttura narrativa "ancestrale": che bello! Grazie ad Evangelisti ho capito qualcosa su me stesso. Il saggio è stato postato su Carmilla: l'avesse pubblicato su carta, probabilmente mi sarebbe sfuggito.

 

Grazie.