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MARIE ANTOINETTE

Marie Antoinette
Titolo originale: id.
Regia: Sofia Coppola
Interpreti: Kirsten Dunst, Jason Schwarztman, Rip Torn, Judy Davis, Asia Argento, Marianne Faithfull, Aurore Clement, Steve Coogan, Rose Byrne, André Oumansky, Jamie Dornan, Scali Delpeyrat
Soggetto e sceneggiatura: Sofia Coppola
Fotografia:  Lance Acord
Soggetto e sceneggiatura: Sofia coppola
Costumi:  Milena Canonero
Musica: Jean-Benoit Dunckel, Nicolas Godin
Montaggio:  Sarah Flack
Produzione: Columbia Pictures Corporation
Paese: USA,Giappone,Francia Anno: 2006
Durata:  123'
Distribuzione:  Sony Pictures Releasing Italia
Sito ufficiale: http://www.marieantoinette-lefilm.com/

Fuori dagli eventi storici, lontano dai libelli calunniosi, dalle false leggende, e, soprattutto, in barba a quei francesi che l’accolsero freddamente lo scorso maggio al festival di Cannes, Sofia Coppola conferma il suo talento e realizza un piccolo gioiello cinematografico raccontando la vita di Marie Antoinette (1755-1793): sposa a quindici anni (1770), regina di Francia a diciannove (1774), madre a ventitré (1778), arrestata a trentaquattro (1789), ghigliottinata a trentotto (1793)

   Il perché questa fredda e precisa successione di eventi si sia verificata non è il fulcro della narrazione né, tantomeno, l’interesse principale di Sofia Coppola; ad attrarre la regista americana è l’intimità stravolta di un’adolescente (Il Giardino delle vergini suicide) sradicata dalla famiglia, dalla propria nazione e data in sposa ad uno sconosciuto in terra straniera (Lost in Traslation). Marie Antoinette non è, e non vuole essere, un’opera storica (le grandi decisioni di stato sono ai margini del racconto e, in ogni caso, relegate alla figura di Luigi XVI), ma, bensì, la visione illuminata di una ragazza che, inadeguata al proprio ruolo storico e incosciente verso le responsabilità che le competerebbero, pulsa e arde come ogni altro essere umano.

Adolescente disorientata ed impaurita quando mestamente entra per la prima volta alla corte di Versailles (qui la Coppola dimostra la sua sapienza registica optando per delle riprese a mano che creano una poetica corrispondenza tra l’instabilità interiore del personaggio e quella dell’immagine). Ragazza titubante verso gli obblighi formali della corte parigina e sofferente di fronte ad un’intimità negata dalle tradizioni di una società che rende pubblico ogni momento della propria giornata, dalla vestizione mattutina al parto dei propri figli. Donna che cede sognante ai piaceri della mondanità, alla ricerca di quella istintività tipicamente giovanile, e ragazza che, incredula, scopre i veri piaceri di una passione amorosa ad anni luce dai matrimoni di stato.

   Marie Antoinette non risponde, e non vuole farlo, ai canoni dei film in costume. Attraverso una regia ispirata e coraggiose scelte formali, i personaggi storici vengono smitizzati e tratteggiati nella loro essenza umana, in qualche modo, universalizzati e livellati al comune senso del vivere.

   L’utilizzo di una colonna sonora rock (Cure, Aphex Twin, Strokes, Gang of Four...), ad esempio, attualizza e avvicina il senso di un ballo in maschera settecentesco a quello di un ballo liceale di fine anno, dove una ragazza tra lustrini e paillettes seduce e si lascia sedurre da un giovane di pari età. Nella carrellata di scarpe, disegnate per l’occasione da Manolo Blanhik, la regia si fa cool a tal punto che la mente va a Pretty woman, sembrerebbe una furbata ammiccante, ma non lo è, Sofia Coppola è conscia della propria arte e, nel raccontare le vicende di Marie Antoinette, non fa altro che riprendere le fila della sua poetica “adolescenziale” per riflettere, ancora una volta, sulla lacerazione esistenziale di ragazzi costretti ad essere qualcos’altro prima ancora di esserlo veramente. Con Marie Antoinette obbligata ad essere donna, quando è appena un’adolescente, o regina (guida) di un popolo, quando neppure è madre dei suoi figli, la regista americana (grazie anche ad una straordinaria Kirsten Dunst) traccia la poetica e appassionata descrizione dell’affannosa esistenza di una donna nei panni della regina più odiata di Francia.

   Quando, nel finale del film, viene concessa la visione di quell’alba in precedenza strappata allo sguardo dello spettatore (la sequenza del compleanno di Marie Antoinette), mentre il sorgere della sociètà moderna accompagna una ragazza di nome Marie verso il suo brutale epilogo, sospirando ci si chiede: cosa volete che sia e valga la vita di un individuo al cospetto della grande storia?

Un cumulo di emozioni sopraffatte da un cumulo di macerie.

Davide Catallo