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RED EYE

Rachel McAdams in RED EYE di Wes Craven

Titolo originale: id.

Regia: Wes Craven

Interpreti: Rachel McAdams, Cillian Murphy, Brian Cox, Tina Anderson, Jason Bartley, Guy Chapman, Noelle Drake

Soggetto e sceneggiatura: Carl Ellsworth

Fotografia: Robert D. Yeoman

Scenografia: Bruce Alan Miller

Costumi: Mary Claire Hannan

Musiche: Marco Beltrani

Montaggio: Sheldon Kahn

Produzione: Dreamworks SKG, Bender-Spink Inc., Craven-Maddalena Films

Paese: USA Anno: 2005

Durata: 86'

Distribuzione: UIP

Sito ufficiale: www.redeye-themovie.com

Red Eye è un thriller.

- E allora?

Allora è una notizia che merita attenzione perchè a firmarlo è Wes Craven, indiscusso maestro del genere horror (L’ultima casa a sinistra 1972, Nightmare- dal profondo della notte 1984, Scream, 1996...) alle prese con un genere  diverso dal suo solito.

- E allora?

Dunque: la visione vive sul desiderio e sulla curiosità di vedere come quel “vecchiaccio” di Craven sia riuscito a districarsi dentro le maglie strette di un genere che ha le sue regole e i suoi clichè. Anche se Craven è il linguaggio cinematografico e la personificazione delle regole di regia (vedi la scena con Drew Barrymore nel primo Scream, una lezione di cinema).

- E quindi?

Non si può certo definire Red Eye un'opera originale, anche se alcuni risvolti inusuali, come la manifestazione del “cattivo” dopo dieci minuti, lo rendono un film poco convenzionale che fa della suspense e non della sorpresa (distinzione concettuale magnificamente espressa da Hitchcock nella famosa intervista fattagli da Truffaut) il suo centro generante. Poi la tensione che il maestro riesce a creare tra Lisa/Rachel McAdams (molto reclamizzata a Hollywood) e Jackson/Cillian Murphy (Batman begins) ha del miracoloso, considerando che per almeno un terzo di film sono seduti su un aereo. Senz’altro accattivanti i loro dialoghi, anche se privi di quella poeticità psicologica capace di trasformare la tensione in emozione, gli altri personaggi, però, non esistono anche se dovrebbero (l’obbiettivo terroristico si riduce ad un volto svuotato di sentimenti) e la sceneggiatura (Carl Ellsworth) ha qualche forzatura di troppo e sbroglia frettolosamente un finale poco catartico, ma a questo ormai siamo abituati, è un andazzo conclamato nel genere thriller e trovarne uno veritiero è sostanzialmente impossibile.

- Ma è un bel film o no?

Non è la domanda giusta ed una risposta in merito distoglierebbe l’attenzione da quello che deve essere il centro d’interesse nell’opera di un maestro la cui leggenda narra che abbia visto per la prima volta un film a 23 anni (lo splendido Il buio oltre la siepe - 1962). È semplicemente un film utile alla causa di quei registi brutti sporchi e artigiani che cercano loro malgrado di diffondere i segreti della regia, Wes Craven sa dove piazzare la macchina da presa e se continua a circondarsi di gente come Patrick Lussier (Nightmare-nuovo incubo) che sa come accostare due immagini, la lezione è servita ed è per giunta gratuita, il resto sono quisquilie.

- Scena più bella?

Ogni thriller che si rispetti conserva per il finale una scena vagamente horror, Red eye non fa eccezione e la miglior scena non poteva che essere quella. Stiamo, o no, parlando del regista che insieme a Carpenter, Cronenberg e Romero ha determinato gli stilemi del genere horror americano negli ultimi trenta anni? Oh pardon, ce n’è uno che con un solo film ha contribuito in maniera decisiva.... All work no play makes Jack a dull boy.

Ma questo è un fottuto thriller, e merita di essere visto.

 

Davide Catallo