Home | back  | AA.VV. Tu quando scadi? | Will Christopher Baer | Boosta | Davide Bregola | William Burroughs | Catastrophe | Antonio Bufi/Luca Moretti | Mario Desiati | Stella Duffy | Breat Easton Ellis | Saverio Fattori | Speciale Gian Carlo Fusco | KaiZen & Emerson Krott | Michel Houellebecq | Giuseppe Genna | Joe R. Landsdale | Cormac McCarthy | McNeil - McCain | Aldo Nove | Chuck Palahniuk:Cavie | Chuck Palahniuk:La Scimmia... |  David Peace - GB84 | Angelo Petrella | Andrea Piva | Gregory David Roberts | Paolo Roversi | Giambattista Schieppati | Stefano TassinariTom Wolfe | Wu Ming 5Ugo Tognazzi | Dalia Nera | Archivio letture 

Racconti: Anche Wess vuole la sua parte | Benedetti siano i vermi | CloserHai Dozo | La notte in cui scopai la figlia di Sammy Barbò Mai più lacrime | Marmulak il vendicatore | Memoria | ZZZ


DALIA NERA: DA HOLLYWOOD CON ORRORE

 

The Black Dahlia “Non l’ho mai conosciuta da viva. Lei, per me, esiste solo attraverso gli altri, nell’evidenza delle loro reazioni alla sua morte.”

Comincia così, con le parole di Bucky Bleichert, poliziotto della Divisione Centrale di Los Angeles, Dalia Nera (1987), il romanzo più famoso di James Ellroy oggi portato sul grande schermo da Brian De Palma. L’opera tenebrosa che intreccia due volte realtà e finzione, cronaca e letteratura: l’omicidio di Elizabeth Short e quello di Geneva Hilliker Ellroy, madre dello scrittore, commesso a undici anni di distanza ed esplorato in maniera più apertamente autobiografica ne I Miei luoghi oscuri (1996).

   Casi irrisolti. Misteri americani. Ossessioni private.

   Elizabeth, nata a Boston nel 1924, vissuta a Medford, a diciannove anni decide di lasciare la madre e di andare a vivere con il padre in California. Lavori saltuari, vita burrascosa tra arresti per ubriachezza e legami sentimentali men che effimeri. Lei è la Black Dahlia, questo il nomignolo affibbiatole durante una permanenza a Long Beach con un riferimento sia al film La Dalia Azzurra che alla sua abitudine a vestire di nero.

   Le piacevano i film. Nutriva aspirazioni da stellina del cinema: nell’estate del 1946 Beth arriva ad Hollywood con la speranza di poter entrare nel mondo dello spettacolo (voci non confermate riferiscono che fece la comparsa nel film Casablanca). Il 15 gennaio, cinque mesi più tardi, il suo corpo viene trovato in un sobborgo di Los Angeles, tra la Trentanovesima strada e Norton. Nudo, squarciato in due all'altezza dei fianchi, prosciugato di sangue e accuratamente lavato. “La metà inferiore giaceva a gambe divaricate qualche metro più in là del torso” scrive Ellroy. “Sulla coscia sinistra era stato inciso un grosso triangolo e un orribile taglio si allungava dal bordo sezionato fino a raggiungere il pelo pubico. I lembi di pelle erano stati tirati all’indietro e si poteva vedere come gli organi interni fossero stati asportati.”

   L’orrore non finisce qui. Altri vistosi segni di tortura denunciano un crudele accanimento sulla vittima. Poche pagine più avanti, si legge: “Automobili, poliziotti, cronisti e ficcanaso si addensarono tra la Trentanovesima e la Norton per tutta l’ora successiva. Il cadavere fu ricomposto su due barelle e coperto. Uno della Scientifica si infilò all’interno dell’autolettiga per prendere le impronte digitali, poi la portiera fu richiusa e il furgone prese la via dell’obitorio.”

   Aveva 22 anni. Il soldato Joseph A. Dumais si auto-accusa del delitto a poche settimane di distanza. La stampa strepita. Si scopre che Dumais era alla sua base di appartenenza in New Jersey al momento dell'omicidio. Gli investigatori lo bollano come mitomane. Durante gli anni Cinquanta, Dumais viene ripetutamente arrestato per reati minori e ogni volta continua ad auto-accusarsi del delitto Short.

   Le indagini intorno alla terrificante dipartita della ragazza coinvolgono centinaia di agenti ed ispettori, un numero ingente di persone interrogate e sospettati. In cima alla lista: Robert M. Manley, detto "Red", l'ultimo ad aver visto Elizabeth in vita. Poi Walter Alonzo Bayley, chirurgo mai iscritto ufficialmente nel registro degli indagati. Dopo la sua morte per malattia cerebrale degenerativa nel gennaio del 1948, venne fuori che la sua amante era a conoscenza di un oscuro segreto che lo riguardava. Nel 1996, il redattore del Los Angeles Times Larry Harnisch, giunse alla conclusione che Bayley potesse aver ucciso Elizabeth Short basandosi sull’ipotesi del detective Harry Hansen che indicava proprio un chirurgo molto esperto quale omicida.

   Parole. Congetture. Vicoli ciechi.

   E poi nomi più eccellenti, certo: il cantante folk Woody Guthrie, denunciato per molestie da una donna californiana. Il regista Orson Welles, indicato da Mary Pacios, ex-vicina di casa della famiglia Short a Medford. Nel suo libro Childhood shadows, la Pacios basa la sua fantasiosa speculazione sulla mania di Welles di tagliare tutto a metà. Cita gli spettacoli di magia che Welles ha tenuto durante la Seconda Guerra Mondiale per divertire i soldati al fronte e fissa nel particolare taglio eseguito a metà del corpo la "firma" dell’assassino. Sempre secondo la Pacios, Welles e la Short frequentavano lo stesso ristorante di Los Angeles e, nei giorni del delitto, il regista era impegnato nella realizzazione di un film piuttosto "particolare" poi repentinamente abbandonato per un viaggio improvviso in Europa che l’avrebbe tenuto lontano dagli Stati Uniti per dieci mesi. 

   Nel 2003, Steve Hodel, ex-detective della Sezione Omicidi della Polizia di Los Angeles e figlio del dottor Hodel, ha pubblicato Black Dahlia avenger: a genius for murder, libro in cui sostiene che il padre, defunto nel 1999, è il responsabile sia dell'omicidio della Short che di altri delitti irrisolti commessi nell’arco di un ventennio. Hodel rivela di aver maturato tale ipotesi dopo il ritrovamento di due scatti fotografici del padre in compagnia di una ragazza somigliante ad Elizabeth Short. La famiglia della vittima nega ogni somiglianza fra la ragazza nella foto e Beth.

   Non basta. Nel suo The Mob, the Mogul, and the Murder That Transfixed Los Angeles  lo scrittore Donald Wolfe ha puntato il dito contro l’editore del Los Angeles Times Norman Chandler quale mandante. Causale: Chandler avrebbe messo incinta la Short quando questa lavorava come squillo in un noto bordello hollywoodiano gestito da "Madame" Brenda Allen. Esecutori: gli scagnozzi del gangster Bugsy Siegel. Incognita: non risulta che Elizabeth Short abbia mai esercitato il mestiere di prostituta.

   Altro sensazionalismo. Altri figli che accusano i padri: all’alba degli anni Novanta, Janice Knowlton cantante fallita e titolare di una agenzia di pubbliche relazioni dichiara di aver visto suo padre George uccidere Elizabeth Short. Rivelazioni basate su ricordi riaffacciatisi in seguito ad una terapia. La polizia non le giudica attendibili; il dipartimento di Westminster prende tuttavia in seria considerazione le affermazioni della donna, cercando di scoprire qualcosa di più sulla sua infanzia. Le indagini non portano a nulla di convincente, la Knowlton scrive un libro insieme all’esperto di crimini Michael Newton nel quale rinforza l’ipotesi di una relazione tra suo padre e la Short facendo leva sulle informazioni raccolte da un ex-collaboratore dello sceriffo di Los Angeles. Torna alla carica verso la fine degli anni Novanta, sparando accuse in vari newsgroups sparsi sul web: ad una setta satanica di Pasadena, al dottor Hodel, a Walt Disney. La bannano da tutti i forum.

   L’enigma diventa sempre più fitto. La soluzione ancor più lontana.

   Nel 1975, viene prodotto un film televisivo dal titolo Who is the Black Dahlia? Con la regia di Joseph Pevney. Nel 1977, il caso ispira True confessions romanzo di John Gregory Dunne dal quale verrà tratto nel 1981 l’omonimo film interpretato da Robert Duvall e Robert De Niro (titolo italiano: L’Assoluzione). Nel 1988, un episodio del telefilm Hunter è incentrato su un caso simile a quello della Dalia Nera e i protagonisti ricevono aiuto da un poliziotto in pensione che ha lavorato sul caso Short. Sempre nel 1998, la Take 2 Interactive lancia sul mercato il videogame Black Dahlia sceneggiato da Patrick Freeman e diretto da Eric Trow (e da Lance Laspina per la sequenza introduttiva). Il gioco, realizzato con attori in carne e ossa (nel cast anche Dennis Hopper nel ruolo del detective Walter Pensky) lega i responsabili dell'omicidio ad ambienti nazisti ed  esoterici.

   Nel 2001, il musicista jazz Bob Belden incide un album ispirato al caso di Elizabeth Short. Nel 2002 la rockstar Marilyn Manson dipinge una serie di acquerelli ispirati al delitto, mentre in libreria arriva il romanzo Angelo in nero di Max Allan Collins che lega la storia della Dalia Nera con le gesta del serial killer di Cleveland attivo negli anni Trenta.

   È il 2006, il progetto cinematografico di De Palma ispirato all’opera di Ellroy ha avuto una lunghissima gestazione e in origine avrebbe dovuto portare la firma di David Fincher (Fight Club). La sceneggiatura è di Josh Friedman, che ha adattato per Steven Spielberg il remake de La Guerra dei mondi. Gli interpreti sono Josh Hartnett (nei panni di Dwight "Bucky" Bleichert), Scarlett Johansson, Aaron Eckhart, Hilary Swank, mentre Mia Kirshner ha il ruolo di Elizabeth Short. Fotografia e montaggio sono, rispettivamente, di Vilmos Zsigmond e Bill Pankow, lo scenografo Dante Ferretti, l’autore della colonna sonora Mark Isham (subentrato a James Horner).

   Budget: tra i 40-45 millioni di dollari raccolti in gran parte fuori dagli States.

   Voci che si sovrappongono nell’attesa spasmodica che la pellicola esca nelle sale: De Palma è una garanzia. De Palma omaggerà anche questa volta Hitchcock. De Palma ha sempre la fissa del doppio, delle personalità interscambiabili. Sul set, la Johansson ha dato parecchio filo da torcere al regista ma alla fine pare che si sia dimostrata  all’altezza del ruolo.

   Il 27 febbraio del 2006, Ellroy ha buttato giù un articolo tradotto in italiano da Alessandra De Vizzi e apparso sul numero di giugno della rivista Noir Magazine. Una messe di elogi. Una benedizione che è anche un caldo invito a vedere la pellicola, premesso che i rapporti tra lo scrittore e il cinema non sono mai stati idilliaci. Ellroy indica in De Palma l’artista ideale per dirigere un film sulla Dalia. E dice: “Baby, chi eri? Come saresti cresciuta e chi avresti amato?”

  

Nino G. D’Attis

 

www.bethshort.com ; www.blackdahliasolution.org ; www.edark.org/ellroy