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SONIC YOUTH: Goo – Deluxe edition (Geffen/Universal)

 

SONIC YOUTHÈ un Bertoncelli in età da pantofole, minestrina col brodo leggero e cruciverba da compilare sulla nobile tazza del cesso il critico che ha bocciato di recente sulle pagine edizione italiana di Rolling Stone questa deluxe edition del classico della Gioventù Sonica (l’anno è il 1990, caro Bert, non il 1988: ti confondi senza vergogna con Daydream nation). Stroncatura insignificante, cantonata macroscopica che ha origine dall’idea erronea di Goo come episodio minore nella discografia della band newyorkese, visione alimentata dalle polemiche che all’epoca accompagnarono il passaggio dei Sonic Youth dalle indipendenti SST e Blast/First alla multinazionale (oggi defunta) Geffen.

   Qualsiasi estimatore del quartetto considera Daydream nation la Grande Muraglia, il capolavoro inarrivabile, è pacifico, ma l’approdo di Moore, Gordon, Ranaldo e Shelley ai lidi major non fu di sicuro una capitolazione, a partire dalla splendida e politicamente scorretta copertina affidata all’artista Raymond Pettibon, come fa notare Byron Coley nelle pagine del ricco e filologicamente sfizioso booklet. L’operazione Geffen allargò gli orizzonti senza cambiare la sostanza: più soldi a disposizione, studi di registrazione migliori, una distribuzione capillare, uno sforzo pubblicitario più consistente, ma nessuna concessione alle mode, nessuna strizzatina d’occhio alla merce da classifica. Siamo invece nel cuore pulsante del periodo aureo dei Sonic Youth, e gli 11 brani di Goo, ora arricchiti da altre 20 perle (5 previously unreleased!), tra le quali spiccano gli 8 Track demos precedentemente editi su un vinile semi-ufficiale, lo dimostrano ampiamente.

   Non sono canzoni di secondo livello Dirty boots e l’anthem Tunic (song for Karen), ancora oggi bene impresse nella memoria dei fans. Non sono scarti la vertiginosa Kool thing, frutto della collaborazione tra il gruppo e il furioso nero Chuck D, colonna dei Public Enemy qui in duetto botta e risposta con Sua Maestà Seducente Kim Gordon, oppure i 5’ e 54” di Cinderella’s big score che in un primo abbozzo si chiamava Corky. Innegabile il fascino che spira dalle note di una Mote affidata alla voce di Lee Ranaldo: linee melodiche classiche (con i Beach Boys in mente, suppongo) e noise urticante, primitivo come in Confusion is sex.

   Poi dal cassetto spuntano una Lee # 2 dalle suggestioni reediane; That’s all I know (Right now), cover della punk SONIC YOUTHband newyorkese Neon Boys, anticipatrice dei Television di Tom Verlaine; una  caotica Dr. Benway’s house, registrata nel corso delle sessions per il disco di William Burroughs Dead City Radio: 1’e 17” di magma sonoro che riporta agli incubi ad occhi aperti dello scrittore (“It sounds like a hot Nova wind blowing across the Moroccan desert, pushing around a whole lot of jeeps and camels”, osserva ancora Byron Coley). Curiosità tra le curiosità: alla fine del secondo cd, i 6’ e 03” del flexi-disc promozionale Goo interview, roba finora passata per le mani degli addetti ai lavori.

   Qui c’è sostanza. Aggancio e trasporto non latitano, come pure interessanti svirgolamenti dal noise al pop, dai drones metallici ai soffi melodici. Qui ci sono tutte le proteine di un tassello prezioso nella discografia dei Sonic Youth, un lavoro che suona come un’affermazione indubitabile del valore di un gruppo attualmente in studio per un disco (uscita prevista entro il 2006) senza Jim “Palla Al Piede” O’Rourke (era ora, accidenti, forse l’ispirazione tornerà a farsi viva!).

   Consiglio ai bambini di tutto il mondo: chiedete  Goo – Deluxe edition a Babbo Natale: benché sbronzo, sono assolutamente convinto che quando si parla di cultura (e la buona musica È cultura) la vostra infanzia meriti il meglio sulla piazza.

   P.S. Buon Natale, Bert!!!

 

(J.R.D.)