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DRM: Haiku (Margarita Records)

 

Pensi al cielo sopra Berlino e ti accorgi che quello di Pisa ora gli somiglia. L’Intelligence Dance Music è approdata nel Bel Paese e si è impossessata, anima e core, di Federico Madeddu, Alessio Ghionzoli e Marzio Aricò, i DRM.
Il potenziale esplosivo della sopraccitata IDM si è accoppiato in un delicato ma nel contempo violento amplesso con la canzone popolare italiana. Quella, per intenderci, già traghettata nel terzo millennio dai Subsonica (e accoliti) e che in Haiku, debutto sulla lunga distanza per i toscani, viene estremizzata, portata oltre. Come se i Tiromancino fossero posseduti da
Aphex Twin, magari anche dal geniale disturbatore teutonico Pole. Pensieri rock al silicio in sostanza, con il tempo segnato qua e là da un vibrante quattro quarti (nella bellissima Voodoo) o da un algido downtempo che accompagna la voce versatile di Federico, come in Stamina ("non ho più forze, non ho più…"). La voce: a tratti risulta portatrice di messaggi sibillini ("Sono onesto, a me basta questo" nella title track, "Eserciti di perdenti si credono dissidenti" in Generazione Chimica, prodotta dai vecchi To Rococo Rot), mentre in altri momenti del disco suona come un vero e proprio strumento nelle mani degli sperimentatori, che la maneggiano ovunque alla perfezione. La chirurgia sonora ed i clicks’n’cuts fanno il loro sporco lavoro anche nei momenti maggiormente melodici dell’album, riuscendo comunque a risultare discreti; ascoltare per credere Come Icaro. Subito dopo risuonano le ritmiche micro house ed è il momento di Fase 2, rappresentazione musicale di Federico (un po’ Madeddu e un po’ Zampaglione) in viaggio verso l’ignoto. Freno a mano tirato nelle successive Ricentro (una sorta di tributo al Vienna Downtempo) e Febbre, prima dell’apoteosi finale, Ci Siamo Così Ignorati. Uno dei momenti più alti di Haiku, il manifesto programmatico del trio, "Perché noi, non siamo felici sai…perché noi, mentiamo a noi stessi, sai". Mentre scorrono i titoli di coda su Amante Blu, (prodotta dai Retina.it), un sereno senso di soddisfazione pervade i pensieri di chi scrive: questo "this is the end" rappresenta davvero un crocevia dell’ispirazione, suona come il preludio ad un fertile momento per la musica italiana.


DRM – QUESTIONS

Federico Madeddu, Alessio Ghionzoli e Marzio Aricò: qualche (doverosa…) nota biografica sui tre sperimentatori, così ci togliamo il pensiero…
Alessio: DRM nasce a Pisa nel 2001. DRM è frutto dell’incontro mio e di Federico, due amici appartenenti ad una band con forti impulsi post-rock e noise, con Marzio, già musicista elettronico con diversi lavori alle spalle.
Il fattore che ha reso possibile allacciare un rapporto di amicizia, prima, e successivamente di lavoro tra noi tre è da ricercarsi in un particolare gusto del groove più intimista, ed in una propensione al think techno .
Con DRM abbiamo accettato la sfida di unire tre anime: quella glaciale e minimale dell’ elettronica, quella più calda e coinvolgente del rock, con una decisamente passionale e sussurrata, che è la voce umana.

Il cielo sopra Berlino e quello che sovrasta Pisa ora si somigliano davvero?
Qual è la situazione della Dance Intelligente in Toscana e più in generale nella penisola? Esistono rapporti, frequentazioni tra i DRM ed altri personaggi italiani prossimi ai territori elettronici?

Federico: Sono fermamente convinto che Pisa sia stata fondamentale per la nascita di questo progetto. Pisa è una città colta, molto tranquilla ma attraversata storicamente da un nervosismo congenito, sempre sull’orlo di un moto di rivolta perennemente pacificato da una forte autocoscienza del proprio benessere. Un terreno fertile, sano, fondamentale per imparare a progettare senza possibilità di essere presuntuosi o autoreferenziali, in una parola…metaprovincialismo.
Per quanto riguarda il rapporto fra Italia e dance, per lungo tempo ci siamo contraddistinti solo per cose molto commerciali e talvolta dal dubbio gusto. Mi pare che lentamente qualcosa stia cambiando, e farei il nome di Planet Funk e Jolly Music prima di tutto.
Cosa diversa per l’elettronica, dove a mio parere le carte in regola ci sono tutte e dove trovo che ci sia un mondo sommerso di ottimi musicisti elettronici (alcuni dei quali coautori di canzoni nel nostro disco, per esempio).
D’altronde, in tutta sincerità, penso che ancora manchi la mentalità giusta e ancora ci sia la tendenza a considerare l’essere italiani come un problema e non come una risorsa.

 

Come vi siete avvicinati all’elettronica e quali sono i personaggi dell’IDM che maggiormente vi hanno “segnato”?
Marzio: Ci siamo avvicinati all’elettronica in modo del tutto naturale e spontaneo. L’elettronica è l’avanguardia e noi siamo avidi di sperimentare, ma soprattutto di vivere, tutte le cose nuove ed interessanti che si affacciano nel nostro quotidiano.
E' stato un “matrimonio” del tutto ovvio e scontato.
Da parte mia era già da qualche anno che me ne ero invaghito e che lavoravo in questa direzione. Federico ed Alessio avevano una gran voglia di farne il loro linguaggio, dopo un periodo passato a cercare di rendere "manualmente" elettronico il suono acustico del loro precedente progetto Dura Madre.

Faccio fatica a trovare nell'IDM nomi che hanno "segnato" in modo sostanziale il nostro progetto. Questo semplicemente perché più che, appunto, dall'IDM siamo stati influenzati dall'elettronica in generale. Quindi farei dei nomi che non necessariamente sono collocabili nella fascia specifica dell'IDM (Herbert, To Rococo Rot, Luomo, Akufen, Monolake, Steve Bug, Dub Taylor, Swayzak, Murcof, Closer Musik, Swag).

 

Quando e come siete entrati in contatto con i To Rococo Rot?
Marzio: Innanzitutto bisogna dire che i To Rococo Rot sono stati un punto di riferimento e di ispirazione sin dall’inizio della lavorazione del nostro disco. La voglia di contattarli è nata, quindi, molto spontaneamente quando Federico si è direttamente ispirato ad una track del loro incredibile disco Kölner Brett per scrivere Generazione Chimica. Abbiamo recuperato il loro recapito email ed è cominciato un dialogo culminato con l’invio di un cd a Berlino con il brano in questione. Quando hanno ascoltato la loro traccia con sopra la voce di Federico non hanno esitato ad accettare, anzi sono stati entusiasti di realizzare questa cosa per loro “inaspettata”. A questo punto la produzione è continuata a distanza fino a quando non ci hanno rimandato la traccia definitiva finita poi, appunto, su Haiku.

In quale maniera vi rapportate con la rappresentazione live dei vostri pensieri digitali?
Federico: Questa è l’attualità. Abbiamo appena fatto la nostra prima apparizione live al festival Frequenze Disturbate con Beck, I Am Kloot e Giardini di Mirò e là abbiamo avuto modo di confrontare la nostra ancora incompleta idea di live con quella di realtà importanti e ben consolidate. Rappresentare l’album dal vivo è una sfida affascinante, doverosa e molto impegnativa. Tecnicamente l’impostazione è intervenire sui suoni digitali e usarli in maniera sempre nuova per ricostruire le canzoni ogni volta da zero. E ogni volta ricreare il fragile equilibrio fra questa componente digitale con quella analogica, ovvero le chitarre e la voce. L’idea è quella di spingere la fusione fra il sonic rock, il pop e la ricerca elettronica ad un livello sempre più alto di complessità.
Crediamo molto nel rispetto per il pubblico e nella trasparenza del rapporto fra noi e chi avremo davanti. Per questo, credo che il giudizio sui DRM sia ancora da tenere sospeso, nonostante ci sia stato un parere unanimemente molto positivo della critica sul disco.

Per terminare: cosa si profila all’orizzonte, per i DRM?
Alessio: Mi torna più comodo immaginarmi l’ orizzonte dei DRM come un viaggio, e successivamente dividerlo a tappe. Passaggio fondamentale di questo percorso consiste in una buona promozione di Haiku, con relativa messa a punto di un live in grado di comunicare tanto quanto siamo stati capaci di farlo in studio.
..Sarà poi il tempo di incominciare a parlare di un secondo disco.

 

Grazie.
 

Bob Sinisi
 

 sul web: www.drmzk.com