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STARS: Set yourself on fire (City Slang)

La scena musicale canadese va confermandosi in questi anni come una delle realtà più vitali dell’attuale panorama indie. Dopo Broken Social Scene e Apostle  Hustle la prolifica etichetta tedesca City Slang getta nella mischia Set yourself on fire degli Stars. In realtà il disco è in giro già da questa estate ma arriva in Italia con notevole ritardo per vari problemi di distribuzione e il rischio di perdersi questo gioiello di pop lunatico è scongiurato.

   Tenue, fumoso e altamente ipnotico, Set yourself on fire si presenta come opera avvolgente che stupisce per la complessità delle canzoni quasi sempre intorno ai cinque minuti  che inevitabilmente  si apprezzano maggiormente dopo ripetuti ascolti.

   Tra rumori metropolitani e malinconici violini emergono riflessioni quotidiane  sul sesso, la morte, le dipendenze in un dilagante fiume di pop trasversale che vede spesso l’impiego di una dozzina di strumenti contemporaneamente.

Del resto sembra ormai essere questa l’unica strada da percorrere per potenziare la creatività nella musica indie ed è sempre più facile imbattersi in band di otto o dieci elementi come gli Architecture in Helsinki che suonano svariati e assurdi strumenti. Il rischio di mettere una cornamusa al posto sbagliato o utilizzare una viola laddove non vi è alcuna necessità è indubbiamente alto ma questo non è il caso degli Stars che guadagnano un suono denso di sensazioni seducenti e indefinibili.

   Your ex love is dead è elegiaca ed estatica un po’ come suonerebbero gli Smiths persi in un labirinto di specchi. La canzone che da’ il titolo all’album, Set yourself è la fotografia color seppia di un felice incontro tra New Order e Belle & Sebastian. Reunion ricorda i Lush più eterei di Spooky mentre la spigolosità dei suoni in He lied about death è quasi spossante con puntate all’elettronica molto vicine alla Berlino di questo decennio. Anche One more night ha in effetti una certa somiglianza con i tedeschi Notwist ma sono in particolare i Tarwater ad essere ripescati nell’uso in sottofondo di certi arazzi elettronici. A chiudere il disco una dolcissima Calendar girl canzone adattissima a questo autunno piovoso.

   Il maggior pregio di Set yourself on fire è in fondo piuttosto chiaro: su tutti i pezzi, spesso caratterizzati da una semplice melodia, incombe la minaccia di sconvolgenti scariche elettriche e drastici cambi di tempo, impressioni che misteriosamente  non si attenuano anche quando pensi di averne afferrato il senso.

 

 

 

 

 

 

 

Jo Laudato