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MASSIVE ATTACK: 100th window (Virgin)

 

Cinque anni dopo Mezzanine, i Massive Attack si ripresentano come l’armata di un solo uomo sotto la bandiera dell’indifendibilità del concetto di privacy in rete (100th window mutua il titolo da un saggio di Charles Jennings e Lori Fener sull’argomento). L’abbandono di Mushroom e la temporanea defezione di Daddy G (causa paternità) hanno portato Robert 3D Del Naja a completare da solo il lungo lavoro in studio sul primo dei due dischi annunciati per il biennio 2003-2004. Assumendosi tutte le responsabilità legate ad un nome tanto importante, 3D canta in quattro dei nove pezzi di 100th window, produce e coordina, aiutato da Neil Davidge, gli interventi di Sinead O’ Connor e del vecchio amico Horace Andy sui restanti (per il prossimo si parla da tempo delle partecipazioni speciali di Mos Def, Mike Patton e Tom Waits), consegnandoci quello che probabilmente verrà ricordato come l’episodio più ambizioso del progetto di Bristol.

Opera ‘bianca’ e intimista, raccolta che nell’apertura di Future proof sembra incrociare le strade del Wild Bunch con gli esperimenti dei King Crimson anni ’80 (periodo Red e Three of a perfect pair) in un’operazione di sintesi/ridefinizione del linguaggio rock di confine. Pronti al futuro, mettendo insieme un bagaglio che contempla chitarre e drum machines, dub rarefatto ed inserti d’archi, i Massive di 100th window offrono una prova di rara classe, un album di suoni e trame notturne solo apparentemente lontano dall’esordio di Blue lines. È un nuovo inizio, ma la tensione emotiva è la stessa. 3D costruisce altre regole sullo scalfire, attenendosi all’unico comandamento possibile: mai ricorrere alle convenzioni. Le formule sicure per un successo istantaneo non gli interessano (e questa è la chiave giusta per capire la distanza temporale che separa un’uscita dei Massive Attack dall’altra); più importante è l’avventura in studio di registrazione, la scintilla che negli ultimi cinque anni lo ha portato a scrivere, insieme a Liam Howlett dei Prodigy, alcuni brani per la colonna sonora del porno di John Millerman The Uranus Experiment Pt. 2-3 (una produzione Private con Silvia Saint e Julia Taylor) o a collaborare con i Lupine Howl per un album di improvvisazioni che probabilmente non vedrà mai la luce.

Cancellata la frammentarietà di Mezzanine e con l’elemento black volutamente in secondo piano, la cifra stilistica del nuovo corso si riassume in un disco nel quale domina più che mai la componente evocativa della formazione (non a caso da sempre ‘saccheggiata’ dal cinema e dai pubblicitari). Affiora così una maturità tutta giocata sui tasti onirici, su melodie dolorose strappate a una sorta di diario costruito per immagini ora cupamente metropolitane (il singolo Special cases e Name taken), ora occupate da miraggi di grandi spazi (la porta orientale che si apre improvvisamente nella conclusiva Antistar). La voce di Horace Andy è diversa, finisce col configurarsi come una boa mossa dalle onde sonore, dalle correnti abissali stemperate da brevi attimi di quiete. Paesaggi sintetici, scenari di algida bellezza (Butterfly caught) si contrappongono al pulsare di un cuore ancora umano, al calore di uno sguardo passionale (Prayer for England, il brano più scopertamente politico del lotto). Come sottrarsi alla bellezza plumbea di Smalltime shot away? Una soffice immersione nella bruma londinese dei primissimi anni ’90 con l’incedere che cita i vecchi Ride di Andy Bell e un finale che ricorda le tastiere sghembe dei Blur (a proposito: se il cantato di Antistar non è un omaggio a One love degli Stone Roses sono pronto ad andare in pensione!).

Come ogni altra produzione dei Massive Attack, anche per 100th window non sono consigliate le piccole dosi. Prendetelo tutto intero: è un viaggio iniziatico assolutamente coinvolgente che nei prossimi mesi avrà un’appendice nel remix-album 100th window broken down.

 

(J.R.D.)

sul web: www.100thwindow.com

                www.massiveattack.co.uk

                www.newforms.net/fr/melankolic