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SPIRITUALIZED: Amazing grace (Sanctuary)

 

SPIRITUALIZED: Amazing grace (Sanctuary)La fine del rapporto con la multinazionale BMG ha coinciso con il repentino annuncio dell’arrivo di un nuovo album degli Spiritualized composto e registrato in tempi strettissimi rispetto ai ritmi usuali di Jason Pierce (aka Spaceman). Prima di pubblicarlo con l’indipendente Sanctuary, l’ex Spacemen 3 lo ha reso disponibile in rete per mesi, presentandolo come un lavoro immediato dall’impronta garage rock, quasi un ritorno alle origini rispetto ai virtuosismi elefantiaci di Ladies and gentlemen we are floating in space (1997)  e Let it come down (2001).

   Più chitarre, più stomaco, meno anima gospel? Vero a metà, al punto che gran parte della stampa specializzata ha sbrigativamente liquidato il disco come una promessa non mantenuta. Grave errore, ma ci abbiamo fatto il callo, non è vero? Rinnovato il parco dei comprimari, la ditta Spiritualized manda in farmacia (pardon, nei negozi di dischi), un nuovo medicinale in confezione da undici compresse vivamente consigliato a pazienti affetti da disturbi uditivi prodotti da una lunga esposizione alla muzak degli ultimi anni (peggio di una boy-band ci sono solo dei ventenni come i Black Rebel Motorcycle Club che si atteggiano a ‘maledetti’ del rock and roll).

   Maturità è la parola d’ordine, intesa anche come rinuncia ad uno sfoggio di effetti speciali a favore di un lirismo quasi minaccioso nel suo svuotarsi di formule furbette. C’è una grazia sotterranea tutta da scoprire tra le pieghe di quello che, insieme a On the beach di Neil Young, rischia di passare come uno dei dischi più deprimenti nella storia del rock. This little life of mine e She kissed me (it felt like a hit), i primi due confetti a base di imponenti chitarre fuzz condividono con la breve Never goin’ back (traccia numero cinque) e con Cheapster (i Primal Scream di Give out but don’t give up???) l’impronta grezza e lisergica di un album a due facce che in episodi come la jazzata, quasi davisiana The Power and the glory e l’indolente Rated X permette di esplorare nuovi (futuri?) territori. Implosioni oniriche, solito spleen nebuloso tirato allo spasimo, ballate ovattate (Hold on) e richiami a Let it come down (Oh baby suona in effetti come una outtake del disco precedente) non traggano in inganno. Cupo e introverso (a dispetto della luminosa copertina), innervato da un’energia sofferta, Amazing grace smuove la superficie di un lessico musicale facilmente identificabile solo dopo ripetuti ascolti: passato e presente si mescolano in un dipinto astratto, invernale in cui la dolcezza riaffiora nel finale Lay it down slow. È un colpo al cuore, come aprire una porticina dipinta di rosso dopo aver attraversato un lungo corridoio spoglio. Oltre quella porta, lo spazio profondo.

 

(J.R.D.)