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BRIAN ENO: ANOTHER DAY ON EARTH (Hannibal / Opal)

 
BRIAN ENO: ANOTHER DAY ON EARTH

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“Attraverso le mie dita azzurre, granelli rosa cadono a caso, un flusso disordinato di silicio, apparentemente gravido di ogni forma immaginabile…

Ma questa è un’illusione. Le cose hanno la loro forma nel tempo, non solo nello spazio. Ci sono blocchi di marmo che hanno dentro delle statue, incastonate nel loro futuro.”

(Dr Manhattan, da WATCHMEN, di Alan Moore e Dave Gibbons)

 

 

Correvano i mitici (…) anni ’80 ed il padrone delle tre televisioni commerciali del Bel Paese si impegnava a far ridere i suoi abitanti senza dover ricoprire, per farlo, incarichi istituzionali. Altri tempi. Tempi di Drive In, la trasmissione di Antonio Ricci in onda la domenica su Italia 1. Tra i comici di spicco del programma, un giovane Ezio Greggio che, per un certo periodo, interpretò il personaggio del “criticatrr, criticatrr, criticatutto”. Ebbene, tale figura mi è tornata in mente ora, nel 2005, leggendo in rete alcune recensioni dedicate al nuovo lavoro di Brian Eno, segnate dalla delusione e dalla nostalgia, quasi epitaffi dedicati all’artista inglese.

Cosa si aspettassero gli autori di tali funesti commenti dal precoce discepolo di John Cage, La Monte Young e Terry Riley non è ben chiaro. Forse un ritorno al passato, ai quattro album solisti (1974-1977), memorabili testimonianze di sperimentazione rock?

Quante stagioni, quante esperienze sonore sono trascorse per Brian da allora?

Prima protagonista glam con i “suoi” Roxy Music, artefici di un dissacrante decadent- pop, poi collaboratore di esseri spiritualmente affini, come David Bowie, Ultravox, Talking Heads da una parte e Robert Fripp, John Cale, Laurie Anderson dall’altra, l’iperattivo Eno regala al mondo nel 1978 Music For Films e l’anno successivo il monumentale Music For Airports: un disco, anzi il disco che ha “fissato” le regole di un genere, quello dell’ambient music.

Un lavoro fuori dal tempo che a 26 anni dalla sua pubblicazione risulta ancora estremamente attuale.

E proprio dalle manipolazioni sulla “musica per pesci rossi” (il mitico Lester Bangs definì così l’opera del nostro) è segnato anche il nuovo Another Day On Earth: una raccolta di 11 eleganti visioni ambient pop, nelle quali l’ex Roxy Music torna a cantare, a modo suo, spesso con l’utilizzo del vocoder, come ad esempio nella delicatissima And Then So Clear.

L’artista britannico riesce nell’intento provocatorio di associare le strutture tradizionali della musica popolare alla sua visione di avanguardia. Non credo che uno dei 2 elementi messi in gioco risulti penalizzato da tale unione. 

Le trame ipnotiche e digitali, i vocalizzi a tratti “lontani”, resi alieni e anemici qua e là dal vocoder non impediscono al nuovo lavoro del produttore di risultare estremamente umano

Bentornato al cinquantasettenne Brian Eno, umile scultore del suono, materia con la quale occupare e ridisegnare lo spazio.

 

 

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 Bob Sinisi


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