Home | Back | 20 Centimetri | A History Of Violence | Arrivederci amore ciao | Batman Begins | Be Cool | Clean | Crimen Perfecto | Cursed | Danny The Dog | Donnie Darko | I Fratelli Grimm | Good Night, and good luck | Il Caimano | Inside Gola Profonda | Lady in the water | La foresta dei pugnali volanti | Last Days | Le tre sepolture | Mare Nero | Million Dollar Baby | Natural City | Nuovomondo | Old Boy | Quo Vadis Baby? | Red Eye | Romanzo Criminale | Saw | Silent HillSin City | The Black Dahlia | The Grudge | The Ring 2 | The Woodsman | Viva Zapatero! |  Archivio Cinema

In primo piano: Aspettando Abel | Land of the Dead 1, Land of the Dead 2 | Lavorare con lentezza: Recensione, Alice in paradiso, La rivoluzione di chi? | Russ Meyer: L'occhio nel rituale autoerotico, Grazie di tutto(non solo per le tette)  | Kitano: Zatoichi | Tarantino: Kill Bill-Vol.1 , Kill Bill-Vol.2 | XXV edizione del Fantafestival Speciale Linda Fiorentino: Articolo e Gallery , Filmografia


LAVORARE CON LENTEZZA: LA RIVOLUZIONE DI CHI? 

 

…poi ci sono quei film che, vuoi o non vuoi, aspetti da quando leggi su Il Venerdì che stanno approntandone la sceneggiatura. Quei film che parlano di cose che vorresti sentir dire e vedere da anni, che analizzano e scandagliano mondi e storie da troppo tempo sommersi ed offuscati. Ed allora capita che, appassionato come sei di radio, di Bologna, soprattutto quella degli anni ’70 e di Wu Ming, ti esca un film che parla di Radio Alice. Cazzo, RadioAlice, da leggere tutto d’un fiato. La radio di Bifo, di Andrea Pazienza, della contestazione e del movimento del ’77, sìssì proprio quella. La sceneggiatura di Guido Chiesa e di Wu Ming, Valerio Mastandrea che fa la guardia laida e viscida, la Pandolfi avvocato del movimento, attori esordienti nei panni dei barbuti e rivoluzionari speaker ed agitatori. Insomma, non vedevamo l’ora che uscisse, ‘sto film, ed aspettavamo che ci desse una luce, che ci portasse fuori dal minimalismo del cinema italiano, che ci dicesse che i trentenni hanno ancora una speranza, o che almeno non ci parlasse più dei trentenni che non ne possono avere più di speranze, che ci facesse vedere una strada nuova del cinema italiano, e che affrontasse da sinistra un argomento ed una storia di sinistra. Queste erano le aspettative che ci animavano prima che le luci si spegnessero ed intorno a noi sparisse anche l’ultimo bibitaro con relative “bomboniere” e cocacole. Ed allora capita, a volte, che, con tutte queste aspettative, non sempre il film riesca ad essere all’altezza di quello che gli chiedevamo. Per carità, il prodotto filmico è perfetto ed alcune scene sono geniali, ma non abbiamo percepito il guizzo, il salto di qualità, quello che ti fa dire “è un filmone, appena esce in dvd me lo compro!”. Eccezionale l’idea iniziale di partire come nei film muti, splendida la prova dei due ragazzi esordienti, Ramenghi e Luisi, carina anche l’idea di mettere in relazione la storia dei ragazzi di periferia con quella della radio. Ottima la regia, da film non italiano, bella anche l’idea di far fare gli AREA agli Afterhours, ben fatte le scene degli scontri e la ricostruzione del clima dell’epoca, come abbiamo apprezzato molto l’aver fatto aleggiare la figura di Pazienza. Ci è piaciuta anche la caratterizzazione del carabiniere calabrese, sulla quale forse avremmo insistito un po’ di più, e la riproposizione coraggiosissima di discorsi dell’epoca. Insomma fin qui tutto bene, ma c’è un però, come tutte le volte che si inizia con l’elencare i pregi di una cosa. Ci saremmo aspettati una retorica sulla rivoluzione e sul movimento di quegli anni un po’ diversa da quella di Fragole e sangue e di Porci con le ali: a nostro avviso dal film si evince che la rivoluzione la fanno i borghesifiglidipapàcolculocoperto e che siano sempre i figli degli operai a pagare le conseguenze sociali di una rivolta o pseudo tale. Forse abbiamo capito male questo film, ma ci aspettavamo un qualcosina di più. Anche se velatamente, il film rischia di fare la solita retorica sul movimento cui sopra accennavamo: una retorica destrorsa, borghese e revisionista per cui chiunque decida di voler migliorare il mondo, lo faccia perché con le spalle coperte. Certo è che, effettivamente, se pensiamo ai Liguori, ai Ferrara e ai Paolo Mieli, un vago ed indistinto sospetto potrebbe insinuarci in noi, ma da un film sulla Bologna anni ’70 non ci aspettavamo di doverci ripensare. Non che non bisognasse accennare all’anima borghese del movimento, ma non pensavamo che anche in questo film la stessa venisse criticata come farebbe un Giano Accame o un Feltri qualsiasi. Tornando agli aspetti positivi, ottima la colonna sonora, in particolare la scelta di chiudere con Mio fratello è figlio unico, la canzone più sottovalutata del “riscoperto” Rino Gaetano, e soprattutto l’aver centrato l’interesse su un mondo e su un periodo che, ahinoi crediamo non possa più tornare: viva il flusso creativo e hasta sempre Radio Alice!

 

Simone Pollano