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SIGARETTE E VARANI

 Un delirio di Gianni D'Attis    ( Biografia autore | scarica il racconto in formato zip )

 

Finito di leggere un articolo sui vantaggi dell' Aricept, un farmaco nato dalla ricerca contro la perdita di memoria, scaravento la rivista sulla pila ammucchiata sotto il televisore e cerco di ricordare il numero di sigarette che mi ero riproposto di fumare entro la mezzanotte di questa pallosissima domenica.
Puoi farcela, mi dico. E' ovvio che non riuscirai mai a smettere, ma almeno fai in modo che la tua memoria non se ne vada a puttane prima del previsto.
Lo dicono i medici. Lo dice mia madre. La mia ex non parlava d'altro che dei miei terribili vuoti tra un `Oh' e un `Boh'. Era la donna più provocante e seducente che si possa immaginare. Verso la fine della nostra storia, con la salute mentale irreversibilmente minata da incubi e visioni apocalittiche, si innamorò di Eigil Mompelio, giovane ed eccentrico talento della finanza proprietario di una porno tv via cavo e da allora vive reclusa in un maniero diroccato nella Foresta Nera passando il rossetto cinquanta volte al giorno sulle labbrone di poliuretano modello `Jagger ad Altamont ` spuntate sotto l' ascella di Eigil in seguito a un trapianto di epidermide riuscito male.
A notte fonda, le labbra le bisbigliano turpitudini top secret scaricate direttamente dall' emisfero destro del cervello di Eigil. Cose come: "Cerca di trarre piacere da tutto ciò che allarma il tuo cuore". Oppure: "La Venosta è una valle ricca di sensitive a ruolo con la pelosa aperta dal giovedì alla domenica che profuma di strudel alle mele. Prenotazione obbligatoria. Parcheggio interno e riservato."
Ultima e-mail ricevuta da Friburgo la settimana scorsa:

Ciao, sono sempre io. Ho passato tutto il pomeriggio a mollo nell' idromassaggio, a pensarti. Dopo tutto non eri male, lo penso sul serio. Il mio analista sostiene che se solo avessimo avuto un po' di pazienza saremmo invecchiati insieme, ti avrei dato un figlio e probabilmente avrei imparato a convivere coi tuoi sbalzi d' umore dovuti a metereopatia congenita.
Ho una relazione con Ute, l'infermiera sordomuta di mio marito. Le labbra sanno tutto. Mi ricattano. Vorrebbero partecipare a questi silenziosi rendez-vous saffici, succhiare latte e plasma dai capezzoli della fanciulla fino a godere della sua agonia. Resisto come posso. Ute mi appartiene, non ho intenzione di dividerla con nessuno. L'idea di sacrificarla a delle schifosissime escrescenze ascellari potrebbe risultare quasi un'esperienza intellettualmente intrigante, tuttavia mi annichilisce. Puoi darmi un consiglio?

Ho sempre avuto questa naturale tendenza a rimuovere cose sconvenienti di primaria importanza. E' un vizio anche questo. Come potrebbe essere considerata una virtù?
Il pacchetto (scartato alle nove del mattino), presenta dieci paglie sull' attenti come baldi corazzieri. Ne metto una tra le labbra, la accendo, provo a sentirmi vagamente colpevole ma, per quanti sforzi faccia, non succede niente. La voce della coscienza è a spasso: lasciate pure un messaggio dopo il segnale acustico.
Prrrrrrrrrrrrrrrrrr…
Grazie.
Molte grazie, davvero.
Rifallo, se hai coraggio.
Rifallo, orsù!
Prrrrrrrrrrrrrrrrrrrr…
Dire che sono commosso è dire niente.
Bastardo.
Fumo guardando un documentario sui varani di Komodo. Il varano è il più grande e feroce tra i sauri e si nutre indistintamente di animali vivi o di cadaveri. E' originario di quattro isole sparse nell' arcipelago malese della Sonda: Komodo, Flores, Rintjia e Padar. Tra i mezzi di difesa fornitigli dalla natura, il varano vomita allegramente i resti del suo ultimo spuntino a chiunque abbia il fegato di avvicinarlo.
Bello, rifletto. Mi piacerebbe averne uno in giardino, che tanto il posto c'è.
Il naturalista olandese con la faccia da avvinazzato che sta parlando alla telecamera sostiene di essere stato attaccato tre volte da un esemplare di varano piuttosto grosso. E' un fan di Englebert Humperdink e della cultura Martini. Ha vistose cicatrici sull' anca destra, su una chiappa già deformata dal sedile della Jeep, sul dorso di una mano.
Bello. Meglio di un bull-terrier, porca miseria. E lui è un coglione avvinazzato, infatti. Ben gli sta, se beve.
Sono trascorsi quaranta minuti.
Ho ancora quattro paglie nel pacchetto.
Solo quattro misere paglie gualcite ed è domenica pomeriggio, sono a piedi, ho un piede ingessato, sono fottuto, cazzo!
Aaaaaaaaarrrrgh!
Domani smetto, penso.