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Stranieri

racconto di Stefano Argenziano               scarica il racconto in formato zip

 

- A cosa pensi?-

-A niente.-

Come a dire, dammi qualcosa- no, non te la do.

Era, questo, diventato un motivo ricorrente del loro rapporto. Qualcosa che, assumendo le sembianze di un gioco, uno scambio di tennis, nascondeva invece un alibi e un sostegno per andare avanti. Per bilanciare i ruoli e scandire i tempi, nel tempo più grande del loro stare insieme.

- A cosa pensi?-, la prima domanda la facevano a turno, non secondo un ordine convenuto ma, piuttosto, assecondando e dando adito a un qualche senso di colpa.

Gli spazi in comune si assottigliavano sempre di più.

Non si aveva voglia di cedere neanche un fazzoletto di quel terreno una volta appartenuto a entrambi, ed ora gelosamente custodito, con le unghie e coi denti, ognuno asserragliato nella propria asfissiante trincea.

- Si prende tanto, quanto si dà…- disse una volta Nicola, -…e non sto parlando del conto in banca…-. Alzò qui gli occhi su Anna, cercando sul volto di lei la reazione che conosceva a memoria: il disappunto per quella sottolineatura, ironica nelle intenzioni di lui ma solo offensiva, nella percezione di lei.

Fin dall’inizio, Nicola dava alla loro relazione un razionale fondamento di causa ed effetto, la percepiva come un concorso di premesse e di precedenti esperienze. Argomentava il tutto con paralleli e credibili considerazioni che Anna, istintivamente, non stava neanche a sentire.

Lei non pronunciava mai la parola "relazione"; piuttosto preferiva dire "la nostra storia" e, semplicemente, si meravigliava di quanto stessero bene insieme.

Quando però a più riprese, e sempre con la stessa naturalezza, lei incominciò a chiedergli: "Quali sono state le donne che hai avuto prima di me?", Nicola andò su tutte le furie.

Intuiva che con questa domanda, Anna, si arrogava quel diritto analitico che, secondo lui, era solo suo.

Più concretamente, si sentiva invaso in una parte di sé che non era disposto a cedere: l’amore non vinceva il suo naturale riserbo.

O meglio, la sua paura. La paura di cedere più di quanto non avesse messo in conto.

Ritirato in sé stesso, nonostante la sua gentilezza e la buona disposizione verso gli altri, Nicola non permetteva l’accesso alla sua intimità neanche alla donna che tanto credeva di amare, e da cui tanto era amato…

Si erano incontrati un anno prima.

Lui aveva qualche anno meno di lei, lei aveva una figlia e un marito, conosciuto ai tempi del liceo e al quale la legava ormai l’affetto che si prova verso i buoni amici.

Negli ultimi anni aveva avuto una non indifferente quantità di amanti: - Non mi ricordo neanche i nomi di tutti loro…- diceva distratta. Tuttavia, era costantemente presa dalla preoccupazione di non amareggiare il marito che l’amava ancora come una volta, come un fidanzato…

- Io non mento mai!- Nicola non sapeva più quante volte, nell’arco di un anno, aveva sentito quell’affermazione di principi.

E in effetti Anna non mentiva. Aveva sviluppato una particolare capacità che, di fronte al marito, le permetteva di non rifugiarsi mai nelle ristrettezze di una bugia, ma neanche di godersi una serena verità. Per evitare la menzogna, semplicemente non diceva tutta la verità e, di conseguenza, era costretta a parlare poco.

Anna finì ben presto col non parlare quasi più al marito.

Nella loro casa, dove lei trascorreva sempre meno tempo, la faceva da padrona un’atmosfera di sospensione…del giudizio e dell’attività sessuale.

Poco alla volta questi due ambiti della vita umana, il discorso e l’amore, o se si vuole i "discorsi d’amore", si erano spostati nella casa di Nicola dove, in breve, avevano raggiunto vertici da capogiro. Sempre più spesso sulle bocche di entrambi comparivano le parole "figlio" e amore fino alla tomba. Per l’amore eterno, c’era tempo. Ma per il figlio non più di un paio d’anni, visto l’approssimarsi per Anna dell’età della menopausa.

- Che fai, dormi?-

- Sì, dormo.-

Come a chiedere: dove sei? E ricevere in risposta un: "No, non ci sono".

Negli ultimi tempi, se possibile, questo secondo ritornello aveva sostituito il primo. Le reciproche richieste erano passate da un più velleitario livello qualitativo, a un impellente piano quantitativo: un bisogno quasi fisico di trovarsi. Aveva fatto la sua comparsa la paura di perdersi.

E proprio per questo, forse, nessuno dei due si allontanava dalla rispettiva chiusura.

- Sì, dormo.-

Questo dialogo, o negazione di dialogo, naturalmente avveniva a letto. Alternatamente uno dei due dava le spalle all’altra. Per un motivo o per un altro, le strade della loro comunicazione non s’incrociavano, e ogni tentativo di contatto andava a infrangersi contro ostacoli sempre nuovi e sempre più futili. Questo avveniva negli ultimi mesi di quell’anno trascorso assieme. Una volta, invece, ogni pensiero si traduceva solo in carezze o in prodigi amatori da ambedue le parti.

A dire il vero, i primi loro incontri a letto erano stati un po’ particolari. Nonostante gli sforzi congiunti, l’impegno e la buona volontà, lei non ebbe un orgasmo per circa due settimane.

Anna, però, non prendeva questo fatto troppo a male né, stranamente, Nicola si turbava quando lei, quasi tracciasse il bilancio di una azienda in perdita, gli diceva cose del tipo – Ieri mattina, così-così: qualcosa c’è stato, ma stasera, proprio…-.

Ma si amavano veramente e nessuno dei due s’offendeva: in fondo, questi, erano solo particolari. E come tali, vennero ben presto superati.

Il tempo appiana tutto, e a tutto ci si abitua…

E così, fu superato anche un altro ostacolo, verificatosi proprio all’inizio della loro conoscenza: si trattava del fatto che lei non chiamava mai Nicola per nome….

Non nominare il problema –Nicola- significava che il problema non c’era affatto… Più o meno di questo tipo dovette essere la spiegazione di facile psicoanalisi che le propose Nicola, e alla quale lei, naturalmente, rispose bofonchiando scontenta.

Di lì a poco, però, con una fermezza che spaventò un po’ Nicola, Anna decise in via definitiva di lasciare il marito, facendo di tutto per amareggiarlo il meno possibile s’intende, e prese chiamare Nicola per nome. Spesso nome e cognome, per giunta.

Pronunciava quel Nicola Larnatrani, un nome già di per sé un po’ articolato, nelle situazioni più inattese: masticando a lungo le sillabe del cognome, sembrava un bambino che, imparate le prime parole, si diverta a tirarle fuori nei momenti più imprevisti.

E a lui, questo piaceva; la considerava una prova d’amore, visto che, oltretutto, il suo nome non gli era mai andato a genio. Che la prova d’amore fosse invece l’aver scelto lui, mollando tutto il resto, non gli passava mai per la testa. Quella era l’unica cosa da fare e l’avrebbe fatto anche lui, fosse stato nei suoi panni. Ne era sicuro…

Tutto era perfetto, si era giunti ad un idillio inimmaginabile anche nelle più rosee aspettative.

Era il periodo in cui venivano spesso a trovarmi a casa mia, in coppia, e insieme si trascorrevano ore magnifiche.

Fu solo in seguito che presero a farsi vedere singolarmente. I loro arrivi erano preceduti da telefonate per sapere se l’altro stesse già da me, ed i discorsi erano unicamente dedicati all’assente di turno: recriminazioni, dubbi, solo a volte speranze.

Il difficile è raccontare cosa sia la felicità, o almeno capire di cosa si tratti nel momento in cui si è felici.

Più semplice è capirlo dopo, quando qualcosa del meccanismo prezioso si è spezzato, e tutto il valore degli istanti sfuggiti via diventa insostituibile.

Si capisce cosa sia l’amore, solo quando se n’è andato: una conoscenza che avviene in assenza, come diceva S. Agostino.

Nessuno dei due si rendeva bene conto di cosa stesse succedendo loro quando, passeggiando tra abbracci e baci languidi nei parchi, Anna ridacchiava - Come dei bambini piccoli…-. E poi, andando a prendere la figlia a scuola, gli intimava: - Adesso comportati in modo decente!- e lui sogghignava divertito…

Non avevano idea di quanto stessero bene insieme, o altrimenti adesso non starei scrivendo queste righe e loro sarebbero ancora felici "come dei bambini", sarebbero riusciti a salvare il loro amore fatto di gioia e inconsapevolezza.

Due valori guastati dalle parole di Sant’Agostino… A pensarci bene, però, che S. Agostino abbia parlato o no della conoscenza e della consapevolezza in amore, proprio non lo so, più facile che me lo sia inventato io.

Anna diceva spesso che l’unica persona che avesse mai amato era un tale Alessandro, morto anni prima, suicida. Nicola, invece era convinto che il suo primo e vero amore fosse Anna e, dopotutto, fu il primo a pronunciare la frase fatidica "ti amo". Questo contribuì non poco a scatenare la decisione di Anna di lasciare il marito e, da quel momento in poi, prese a dichiarare il proprio amore verso il nuovo compagno ad ogni piè sospinto. Anzi, spesso combinava le due sue espressioni preferite e nel mezzo di un litigio, magari, se ne usciva con un "Ti amo, Nicola Larnatrani", pieno di languida comicità, e anche il litigio si calmava.

Che Nicola amasse parlare e discettare sull’amore con frasi memorabili (del tipo "L’amore, come la fiducia, si dà una volta sola, altrimenti se ne spreca il valore…"), lo intuii fin dai primi tempi della nostra conoscenza.

Ma quando i tempi cambiarono e anche Nicola cominciò a comparire da solo a casa mia, a base delle sue considerazioni sull’amore aveva saldamente scelto l’opzione nichilista. E fatalista…

Dava per assodato che qualcosa non andava tra di loro –capire cosa fosse, poi, esulava dal suo campo di indagine- e tutto il suo argomentare era rivolto alla ricerca di buone ragioni che spingessero Anna a lasciarlo. Come già lei con il marito, anche lui voleva amareggiare il meno possibile la propria dolce metà per cui, fosse arrivato da parte di Anna, il taglio, lei ne avrebbe sofferto di meno. Questo era un presupposto fondamentale di ogni suo ragionamento e non c’era argomento che lo convincesse del contrario.

In questi casi, Anna si tutelava da un simile arzigogolo mentale, facendoselo scivolare addosso, senza fornire alcun appiglio perché quelle parole potessero avere un seguito.

Nicola si sentiva un po’ offeso da un tale atteggiamento e, per provocarla, una volta l’accusò di scarsa perspicacia e superficialità.

Dovette però battere in ritirata, in quella specie di scontro dialettico, quando lei lo stupì e lo colpì su quel suo stesso freddo terreno intellettuale dicendogli: - Se sto con te, è solo perché voglio conoscermi meglio -.

Nicola fu assai provato, sul piano affettivo, da una simile dichiarazione.

Tuttavia, Anna aveva colto esattamente nel segno, svelando nel profondo il motivo che spingeva questa strana coppia, tenera e bellicosa, a stare insieme. L’uno trovava nell’altra uno specchio in cui poter osservare meglio se stesso; gli atteggiamenti e le mentalità dell’uno erano cosi comprensibili, quasi prevedibili, per l’altra, che era come osservare un altro "io" mentre viveva, amava o commetteva errori, e qui sorge il dubbio che questi tre verbi non siano forse sinonimi, indichino tutti una medesima azione…

Come figli di un unico parto, e diversi quel tanto che basta a creare qualcosa di sempre nuovo e curioso, erano legati da un comune sentimento di appartenenza: - Extraterrestri…- diceva spesso Anna.

Come extraterrestri, mi pareva che parlassero tra di loro un lingua (la mia stessa lingua!), incomprensibile a chiunque altro. Io non solo li ascoltavo parlare, io osservavo il loro comunicare quasi fisico, tangibile, in cui tentavo di leggere gli spazi dei loro silenzi e il peso degli sguardi. Un linguaggio che sintetizzava i loro differenti passati, un presente comune e un futuro che non sono però riusciti a raccontare.

Come, poi, dal senso di comune appartenenza, siano diventati entrambi stranieri, alla ricerca di una reciproca conquista e di un possesso sull’altro…. questo sfugge alla comprensione, e tutta questa vicenda assume i tratti di una introduzione a cui non segue nessuna storia.

So però che di tanto in tanto si telefonano, chiacchierano e si fanno qualche risata.

Tra di loro, si vede, c’è qualcosa ancora da conoscere.

 


Stefano Argenziano è nato 24 anni fa e attualmente è tornato a vivere nella sua città natale, Napoli, dove sta finendo il servizio civile e la sua tesi di laurea in lingua russa. Ama il prossimo e tutto sommato è una brava persona.