BLOODY SUNDAY di Paul Greengrass BLOODY SUNDAY di Paul Greengrass BLOODY SUNDAY di Paul Greengrass

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BLOODY SUNDAY di Valentina Neri

 

Quando un evento cambia la storia di una nazione è difficile analizzare tutti i fatti, i personaggi le conseguenze in maniera obiettiva. Spesso non si riesce nemmeno a individuare i diversi punti di vista, ad osservare le cose accadute nell’ottica delle persone che le stavano vivendo. Non è quello che accade nel film di Paul Greengrass che con il suo stile documentaristico, i suoi zoom veloci e i movimenti di camera sussultori cattura subito nella vicenda. Quello che è successo il 30 gennaio 1972 non è un mistero per nessuno. Ma lo squarcio di realtà offerto è tale da suscitare le solite stanche domande retoriche: perché un ragazzo di 17 anni non arriverà mai all’appuntamento con la sua fidanzata, perché i consigli di un ufficiale di polizia locale non vengono ascoltati dagli Inglesi e perché una marcia per i diritti civili si trasforma in una carneficina? Questi pensieri, rapidi come le inquadrature, si accavallano correndo mentre con riluttanza guardiamo il mondo attraverso gli occhi sbalorditi dei protagonisti della vicenda (l’organizzatore della manifestazione James Nesbitt, l’agente di polizia Gerard McSorley e il diciassettenne Declan Duddy) e nonostante le lacrime, i fazzoletti inutilmente sventolati, i morti, non possiamo girarci dall’altra parte e smettere di vedere cosa succede davanti a noi. Tre storie diverse, tre punti di vista un’unica realtà condivisibile. Quella dell’orrore che questa pellicola ci  mostra onestamente. Niente viene caricato, niente mostrato per puro voyeurismo: non troverete inquadrature superflue né effetti.

 

L’unico lusso che Greengrass si concede è l’uso della dissolvenza/assolvenza nel montaggio, e di qualche inserto scritto che ci racconta cosa successe dopo gli scontri. Perfino il sonoro è bandito, non c’è melodia in grado di sottolineare il massacro compiuto. Bastano i cupi rintocchi dell’orologio di Derry a commentare le ventiquattro ore di morte che la città si vede sfilare davanti. Non ci sono risposte ma solo fatti che vengono sottoposti al pubblico, alla gente, a tutti. C’è bisogno che film come questo continuino ad essere girati: è il solo modo di continuare a sperare che le coscienze si illuminino e facciano crollare quei muri di menzogne dietro ai quali alcune persone si nascondono per inventare storie diverse, cambiare faccia alla realtà e preservarsi dalla pubblica giustizia.