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LA MEGLIO GIOVENTU'

   

Regia: Marco Tullio Giordana

Interpreti: Adriana Asti , Sonia Bergamasco, Paolo Bonanni, Alessio Boni, Valentina Carnelutti, Camilla Filippi, Fabrizio Gifuni, Claudio Gioè, Luigi Lo Cascio, Maya Sansa, Riccardo Scamarcio, Giovanni Scifoni, Andrea Tidona, Jasmine Trinca, Lidia Vitale

Sceneggiatura: Sandro Petraglia, Stefano Rulli

Fotografia: Roberto Forza

Scenografia: Penny Crawford, Paola Riviello

Costumi: Elisabetta Montaldo

Montaggio: Roberto Missiroli

Produzione: Angelo Barbagallo, Gianfranco Barbagallo,Donatella Botti, Alessandro Calosci

Paese: Italia Anno: 2003

Durata: 336' (358' al  Festival Cannes)

Distribuzione: 01 distibution

   

…e la sera,su RaiDue, guardavamo tutti "Furore"…

….Ed eravamo pure felici e contenti! Eh sì, perché la nuova direzione della Tv di stato, è proprio il programmino- karaoke del venerdì sera quello che pensa sia meglio darci in pasto. A noi popolino di "teste di cazzo", come amava ripetere quel Bernabei cui la nostra cultura deve molto. A noi popolino, panem et circensem. È meglio che non pensi, il popolino. Che lo si faccia distrarre, la sera. Dopo lunghe ed interminabili giornate sul lavoro, precario e al nero, non si può riflettere. Bisogna sva-gar-siii!!! E allora via con la più bassa e lurida retorica da quarto, quinto, sesto e settimo potere: ASL di quartiere funzionanti come a Stoccolma, impiegati delle poste sorridenti, poliziotti senza macchia e senza paura, moderni William Wallace vestiti di nuovo, puttane redente e pentite, preti-coraggio, padripii, perlaschi, mariejosè, e tanti saluti dal paese di Bengodi. Poi se gli albanesi si attaccano ai canotti per raggiungere questo Eldorado a forma di stivale, o gli spariamo coi cannoni o se la vedano i pugliesi. Tanto quelli sò tolleranti! E a noi, povere teste di cazzo davanti alla tv di stato, che resta? Un tunicato di Barbiana, che qualcosina di buono l’aveva pur fatto, un commissario siciliano, frutto della mente di uno scrittore veterocomunista, e poco, ma poco altro. Poi capita che un regista comunista, con all’attivo già film di denuncia contro la mafia, ed un produttore indissolubilmente legato alla sinistra extraparlamentare, quella dei girotondi mano nella mano intorno al Senato per intenderci, propongano alle emittenti di stato di mandare in onda una loro opera-epopea sulla storia di una famiglia italiana dal ’66 ai giorni nostri. Non solo, ma oltre a quella della famiglia, da sfondo ci sarebbero pure gli eventi che hanno fatto e cambiato la nostra nazione. Intessuti con le vicende dei nostri Tennenbaum, o Bradford, o Jefferson o Robinson (e questi li citiamo tanto per…, insomma, capito, no?!). Cosacosacosa????? Si chiedono in sella al cavallo più ambito della penisola (anche se, quel Varenne lì….S’è ritirato? E vabbè, è pur sempre un purosangue, cristo!). Due comunisti che raccontano la storia d’Italia? E magari vorrebbero pure riscriverla, o commentarla, magari. No, no, no. Non è possibile, signor Barbagallo, la sua storia la racconti a Cannes che a quei cazzoni-kapò dei francesi non dispiacerà la vostra rottura di maroni (non il ministro, eh! A scanso dei Torquemada di turno). Magari ne parleranno anche bene, il cinema italiano è rinato, vive le cinemà italien!!! Così potremmo pure dire di avervi dato una mano a produrlo. Che noi avevamo creduto fin da subito nel progetto, e che non l’avevamo mandato in onda per farne godere l’Europa intera. Cosa? I tedeschi non avevano avuto remore con Alexander platz di Fassbinder? E a noi che ce frega, i panni sporchi non ce li laviamo più in casa da tempo. Da quando cioè, quei comunisti dell’Europa Unita, vabbè và lasciamo perdere. E allora che si parta per la campagna di Costa Azzurra. Magari ci mandiamo Del Noce a rappresentarci. Sì, bhè, non è che lui si sia proprio scervellato per trovare una collocazione nel palinsesto per il film, però coi viaggi ha una certa dimestichezza e poi è anche abbronzato. E se non ci può andare, mandateci un altro, echecazzo!!! Capita anche che il film a Cannes vada un po’ più che bene. Che alla sua fine riceva 8dico8 minuti di applauso e che la proiezione venga ripetutamente intervallata da ululati e quant’altro che assomigli all’approvazione. E ora che facciamo? Nelle sale, subito. Due turni, tre ore l’uno. Pensa che palle!! Ma chi se lo va a vedè?! D’estate, poi. Figuriamoci. Allora diciamo che a novembre è nostro.

Raiuno, prima serata, lunedì, quattro settimane di fila, fa freddo e le teste di cazzo rimangono a casa. E se non ci rimangono tanto il martedì ci mettiamo Bonolis, quello sì…E muoia Sansone con tutti i filistei! Benebravibis! (Bis? Già le repliche vònno questi? Ma se già c’avevamo messo "Linda e il Brigadiere" a luglio. E mò come famo? Vabbè, sticazzi, pensamoce dopo). Ed allora grazie! Ringrazio tutti voi, Cattaneo, Del Noce, Mimum e pure Bernabei. E ringrazio i picchi dell’audience, lo share, lo zapping e lo zipping. Grazie, grazie di cuore. Eh sì, perché senza di voi non sarei mai potuto entrare in un cinema in pieno luglio, due sere di seguito. Spendere la mia discreta cifra in euro, per apprezzare questo filmaccio di chiara marca sinistrorsa. Ci sono libri, persone, incontri, viaggi, droghe, esperienze, coincidenze e casualità che ti cambiano la vita. Letteralmente. A me, e scusate l’eccesso di protagonismo, l’ha cambiata, penso, questo film. È un inno alla vita. È la vita. Dolore, morte, gioia, disperazione, volontà e speranza. Forse è vicino a Novecento o forse più a La Famiglia. Forse è una saga, forse un’epopea. È fatto bene, oppure manca in certi particolari. È un film storico, ma no è un dramma familiare, ma che dici è un affresco della situazione di tutti noi. Non lo so, signori, non lo so. Preferirei non inquadrare per una volta un’opera d’arte. Che senso avrebbe definire un capolavoro? Vi sentireste più sicuri? Cara, vado a vedere un film storico, butta la pasta quando esco dal cinema. Oppure, mamma vado a vedere un drammone all’italiana. E poi? E quando uscirete dal cinema sconquassati nelle viscere e non vorrete parlare con nessuno, perché avete pianto, trepidato, sperato, riso e poi ancora pianto, trepidato, sperato e riso, perché nessuno potrà capire come avete vissuto voi quelle emozioni, a quel punto che direte? Vi interesserà ancora dare un nome a quelle sei ore? E se vi serve davvero, ve lo suggerisco io: ca-po-la-vo-ro. È un’opinione personale, è indubbio. Forse sono ancora troppo preso dalle vicissitudini della famiglia Carati, da sentirmi quasi un cugino acquisito. Ho ancora le viscere in subbuglio. Penso all’eccezionalità di Lo Cascio, alla sua interpretazione entusiasta ed entusiasmante. Oppure a Gifuni, ed alla sua presenza oserei dire rassicurante nel corso della vicenda. Adriana Asti, Sonia Bergamasco (anche se nel suo ruolo, personalissimamente, avrei preferito vedere Sandra Ceccarelli), lo splendido Alessio Boni, la sorprendente Jasmine Trinca. Ma penso anche a tutti gli altri attori (Maya Sansa, Andrea Tidona, la meravigliosa Valentina Carnelutti e Lidia Vidale e altri ancora): sembrano tutti essere al posto e nel momento giusto. Interpretazioni eccezionali, sopra le righe, nel senso più positivo del termine. E poi ci sono gli scenari, le ricostruzioni, gli eventi scelti come sfondo. "È l’affresco di una generazione che ha cercato di non rassegnarsi al mondo così com’è, ma di lasciarlo un poco migliore di come l’ha trovato". Con queste parole la produzione definisce il film nella brochure di presentazione. E non posso che essere d’accordo. Oltretutto la famiglia Carati non è una famiglia migliore o peggiore delle altre. È una famiglia punto. Borghese, benestante, colta, ma pur sempre una famiglia normale. Mi rendo conto da almeno 20 righe che altro non so aggiungere se non banalità. Vi lascio, miei cari. Ma fatemi una promessa, o meglio fatela a voi stessi. Andate a vedere il film. Ecco, nudo e crudo l’intento di questo pezzo. Divulgare la parola, il verbo. Neanche fossi il press-agent di Giordana. Ma credo che le opere d’arte siano un po’ di tutti. Ed in questo caso io mi approprio de La meglio Gioventù. E da imbonitore di tv privata, ma senza far saltare finti Squba sul tavolo, vi dico "credetemi". A la prochaine.

 

Simone Pollano