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120 COLPI DI MAZZA DOPO I PASTI

Racconto ‘adult oriented’ di Chrysopelea P.

 

A mezzanotte in punto, Giuseppe rifilò l’ennesima scudisciata sulle chiappe di Anita, ripose il «piccolo staffile flessibile in legno o cuoio usato per correggere o incitare il cavallo | estens., frusta, sferza» (De Mauro, Il Dizionario della lingua italiana  ) spense la luce e disse: "Alle nove ho un briefing coi nuovi clienti e non mi sembra il caso di arrivarci stravolto più di tanto".

Anita, deretano extra cremeux che sorride della nostra ingenua ubbia di tenere in prima linea le stesse questioni a tempo indeterminato, lo mandò mentalmente a cagare prima di tirarsi su il microtanga di nylon e volpe biascicando la preghierina della notte.

"Mi piace essere (BEEEP!), lo amo, fa parte di me. Una (BEEEP!) è una donna a cui piace fare (BEEEP!), una che non fa la difficile, anche se talvolta faccio la difficile anch’io, ma mi piace ancora fare (BEEEP!) con molti ragazzi e ragazze, farlo davanti alla videocamera, essere totalmente esibizionista e molto (BEEEP!)".

Pausa.

Sospiro.

"Oddio, il motto del mio reggimento il 131 di Artiglieria Pesante Campale era 'Sempre duro!' da urlare col mignolo alzato e una coppa di champagne in mano. Questione di tradizioni."

Giuseppe: un soggetto proponente senza fondamento.

Giunto alla meno peggio in età matura, la luce animale interamente richiusa in se stessa (per non espandersi ad illuminare l'esterno), gli era venuto in mente di inventarsi il quotidiano: diventare il gregario di una delinquenza organizzata, un campione delle manovre di corridoio, un indice accusatorio fasciato col Salvelox®, oppure una battona disposta a giocare alla cavallina con un unicorno. Farsi impudico e interessarsi alle lettere fantasma, alle cose di Spagna, Egitto, Medio Oriente. Comprendere per un tempo troppo breve, quindi ripartire in groppa a un cammello per un personale percorso patologico. Via dal paese imbarbarito/becero/ottuso: Meu unico pecado foi te amar demais ....

Il superudito di Super Pippo per riconoscere le belle canzoni naz.-pop.

Il supersalto di Hulk per far scena allo stadio.

La supernerchia di Jack Napier per stupire le donne moderne.

Il cuore, purtroppo, mostrava qualche segno di cedimento. Una media di due bottiglie di Johnnie Walker e sessanta sigarette al giorno avevano cominciato a fargli risalire il pendio in direzione del ciglio. La catarsi al prezzo dell’autosacrificio. Il rapporto tra disavanzo e prodotto interno lordo ben oltre il limite fissato dal patto europeo di stabilità. Sfocatamente, con un lontano ronzio di sottofondo, si ritrovava a stendere una lista di ragioni del tutto insostenibili per rispondere "Mai" alla domanda: "Quando finirai questa commedia?".

Anita veniva da Taranto, aveva 24 anni, a 12 era stata al top delle classifiche con un romanzo scandalo autobiografico dal titolo È una gran bella soddisfazione essere riconosciuta per strada. 400.000 copie vendute, apparizioni al Mostardo Show, traduzioni su tutta la superficie terrestre, un film con Wanda Curtis, Samantha G. e Remigio Zampa. L’inesorabile declino l’aveva colpita alla giugulare mentre, spaparanzata sul letto Maly ("Più che un letto, un posto per vivere", era lo slogan pubblicitario) tentava disperatamente di comprendere il senso di un articolo del sociologo Frank Furedi dedicato ai giovani che si attardano sulla soglia della maturità.

"Sono tonta? Non più della media, mi pare. È il sociologo ad essere contorto di brutto."

Proprio in quel momento, una cattiva notizia aveva deciso di raggiungerla via sms:

"Impossibile pubblicare tua opera seconda. Con la prima sono andato in perdita, lo giuro sulla testa dei miei figli Solimano Primo & Adalberone Secondo. CIAO!"

Umberto Fetuzzi, editore che l’aveva scoperta, incoraggiata e lanciata come "LA RISPOSTA ITALIANA AL GENIO DI DANTE ALIGHIERI" riteneva improvvisamente di poterla trattare come valuta non più tanto pregiata.

Al colmo dello scoramento, la povera Anita aveva chiesto istruzioni a Geims Din, il pranoterapeuta ricchione dei casi disperati (il numero è sulla guida telefonica di Frosinone).

"Geims, oh, Geims...cosa sarà di me?"

"Ma gnènte, che te devo dì?"

"Geims, oh, Geims...tu lo sai che per me è importante e che darei qualsiasi cosa pur di continuare così. È bellissimo fare il surf sulla cresta dell’onda."

"Maddài!"

Alle 23.45 in punto, il popolare negromante in scarpe da ginnastica con gambale altissimo, rifilò l’ennesima scudisciata sulle chiappe di Anita, borbottò un incantesimo, poi la lasciò volentieri nelle mani di Giuseppe.