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STELLA DUFFY: Beneath the blonde

(Marsilio, pp. 245, € 14,50; traduzione di Fabio Zucchella)

 

STELLA DUFFY: Beneath the blonde

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“Arrivavo in città e trovavo un vagabondo. Non è difficile, è vero. Un senzatetto, un ragazzo lurido e cencioso. Gli davo dei soldi per consegnarli a lei. So che alcuni li ha ricevuti. Qualche mazzo, qualche volta. Forse non tutti. Non mi importa.“

Chi si cela sotto la bionda? Cosa nasconde il successo ubriacante di una rock band? Quale il destino e soprattutto il passato che lega tutti i suoi componenti?

Beneath the blonde, il nuovo romanzo della scrittrice inglese di origine neozelandese Stella Duffy, rappresenta il terzo capitolo della saga incentrata sull’investigatrice Saz Martin. Questa volta la protagonista si trova alle prese con uno psicopatico assassino che perseguita Siobhan Forrester, la cantante dei Beneath the blonde, gruppo rock ai vertici delle classifiche mondiali.

   Il lavoro della Duffy risulta apprezzabile sia per l’ambiente in cui si delinea e dipana la vicenda del misterioso omicida sia per l’ambiguità e la suspence che riesce a creare intorno alla storia. Il mondo del rock è descritto in tutte le sue futilità e ipocrisie, un universo patinato e isterico, caotico e rutilante. Di sicuro la penna della scrittrice è abile nel muoversi in questo contesto (favorita credo dal fatto di aver lavorato anche come cabarettista, attrice e presentatrice radiofonica) e i personaggi che costruisce sono senza dubbio tagliati in modo realistico ed efficace.

 Il romanzo è presentato sotto tre diversi punti di vista: uno oggettivo del narratore onnisciente, l’altro del secondo narratore che focalizza l’attenzione su una vicenda passata ma parallela, il terzo infine è quello dell’assassino. Fin qui nulla da eccepire. Il racconto fila via liscio e si lascia leggere piacevolmente. È certamente da lodare anche il colpo di scena che verso la fine svela l’identità del killer e il suo vero obiettivo. Tuttavia forse è proprio la parte conclusiva a mancare di mordente, di incisività, lasciando che la resa dei conti con l’assassino si risolva in uno scontro già letto tante altre volte.

   In ogni caso il romanzo si segnala come un lavoro ben costruito, in cui emerge la rappresentazione dei conflitti interiori dell’investigatrice, della sua morbosa e crescente attrazione nei confronti della propria cliente, la splendida e conturbante Siobhan Forrester. Una passione, quella di Saz, che mette a rischio il rapporto con Molly, la sua dolce e fedele compagna. In questo senso la bravura della Duffy consiste nel descrivere il microcosmo omosessuale in modo molto incisivo, lontano anni luce dagli abusati stereotipi sul mondo dei gay. Quella di Stella Duffy è una scrittura che cerca costantemente la morbosità, il richiamo del sesso, quasi un’eco animalesca che trova la sua rappresentazione nella figura di Saz, nel suo corpo ferito e ricucito dopo le dolorose vicende che avevano concluso il romanzo precedente.

“Saz e Siobhan che si baciano e si toccano, le dita di Siobhan che esplorano e saggiano le nuove cicatrici, mai viste da nessuno tranne Molly, tranne gli innumerevoli medici.”

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   A Stella Duffy va certamente riconosciuto il merito di condurre la narrazione su un sottile filo di ambiguità. Più che l’identità dell’assassino è il disvelamento del suo obiettivo, la natura androgina dell’oggetto delle sue attenzioni morbose a lasciarmi piacevolmente sorpreso: Greg in realtà è la Gaelene del racconto parallelo, la ragazzina che fin dall’infanzia aveva stretto un rapporto viscerale e profondo con Shona, la bambina che da grande, per vendicarsi della separazione inflittale da Gaelene, si trasformerà in un killer efferato. L’oggetto del desiderio non è dunque Siobhan, la cantante dei Beneath the blonde, come per gran parte del romanzo il lettore crede, bensì il suo corpulento compagno Greg, che in realtà è Gaelene, colei che nel corso degli anni si è sottoposta a devastanti cure ormonali e operazioni rischiose pur di trasformarsi in un uomo. Questa è a mio avviso il pezzo forte del romanzo, il sottotesto che tiene in piedi l’intera struttura narrativa e la connota in modo pregnante.

“Quando si muoveva vedevo la sua pelle nuda. La vedevano tutti. Immagino fosse voluto. Tutto quel tono muscolare acquisito in palestra, la pelle abbronzata tesa su ossa appena ammorbidite da un lieve accenno di rotondità.”

   In tutto ciò passa un po’ in secondo piano il ruolo della protagonista, Saz Martin, di cui certamente si ammirano più le complicate vicende sentimentali che le sue abilità investigative…

 Saz Martin non è certo la classica eroina che ha la situazione sotto controllo e con granitica fermezza sbroglia tutta la matassa: fino al trionfale epilogo, l’investigatrice appare decisamente vulnerabile, sperduta, vittima anch’essa di un assassino che si manifesta solo con l’invio di rose gialle. Forse però è proprio questo il suo fascino.

Certo, niente di nuovo sotto il sole, ma il talento della Duffy riesce a coinvolgere il lettore e ad eludere bene i soliti cliché del detective ombroso e tutto d’un pezzo.

 

Alessio Degli Incerti