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PAOLO ROVERSI: BLUE TANGO (Stampa Alternativa, pp.208 euro 10,00)

 

PAOLO ROVERSI: BLUE TANGO

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"Lo stereo riproduceva ossessivamente un brano di Paolo Conte. Quando era felice, triste o doveva semplicemente riflettere, ascoltava sempre e solo quella canzone, Blue Tango. In quel momento era felice."

 

Il noir o romanzo nero è, in letteratura, un sottogenere del giallo, apparso negli Stati Uniti intorno alla Seconda Guerra Mondiale per opera di scrittori come Cornell Woolrich e James M. Cain, e giunto all’apice grazie anche a David Goodis e Jim Thompson. Oggi i principali autori del romanzo noir sono James Ellroy, Joe R. Landsdale e Patricia Highsmith. In Italia, soprattutto negli ultimi anni, questo genere ha conosciuto un notevole interesse da parte dei lettori. Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli, Niccolò Ammaniti (solo per citare i più noti) hanno ridato vita ad una letteratura che indaga i misteri della realtà comune, la violenza che si cela dietro le apparenze del quotidiano. Del resto la riscoperta del noir in letteratura coincide con la rivalutazione di questo genere operata dal cinema: basti pensare a pellicole come Romanzo criminale, Piano 17, Arrivederci amore, ciao, solo per rimanere in ambito nazionale.

La vicenda narrata in Blue Tango è ambientata nella Milano odierna, rutilante coacervo di razze e lingue diverse. Enrico Radeschi, trentenne giornalista e collaboratore editoriale, indaga su una doppia inchiesta riguardante un killer che uccide giovani prostitute nei loro appartamenti e un misterioso suicidio-omicidio legato ad un traffico internazionale di droga.

Blue Tango è senza dubbio un libro ben costruito. Si avverte la passione di Roversi per la storia che descrive, soprattutto nella parte dedicata all’indagine hacker del giornalista Enrico Radeschi. A volte la resa stilistica non è brillante (alcune ripetizioni inutili, qualche passaggio un po’ meccanico), però la narrazione si snoda benissimo e, ciò che più conta dopotutto, riesce a tenere il lettore in continua tensione, l’interesse sempre vivo. Si avvertono la consapevolezza e la padronanza di Roversi nell’uso del materiale narrativo: lo scrittore è un giornalista che sa muoversi nell’ambiente che descrive; tra l’altro vince la scommessa (aspetto questo sempre troppo sottovalutato dalla critica) di costruire scene basate quasi unicamente sui dialoghi, che risultano molto efficaci e realistici (tranne che nel finale, dove il confronto tra Radeschi e il maniaco appare un po’ stereotipato), mentre le descrizioni dei luoghi sono scarne, essenziali, quasi rapide pennellate.

Piace in particolare il modo in cui Roversi dipinge Milano, una metropoli babelica in cui emerge l’asfissia dei sentimenti, la routine nevrotica e frastornante che trasforma la città in un enorme cellophane claustrofobico.

Uno scrittore che va dritto al sodo Roversi, che non ama i fronzoli ma prende subito il lettore per mano e lo conduce abilmente nell’inferno metropolitano della Milano moderna, pullulante di etnie e solitudini.

I protagonisti sono due. Il primo, Enrico Radeschi, è il classico giornalista dall’aria sorniona ma profondamente acuto, sveglio, pronto a cogliere la palla al balzo, a fiutare l’imbroglio. Un po’ Dylan Dog, un po’ tenente Colombo, sempre alle prese con il suo Motorola perennemente in procinto di spegnersi a causa della maldestra batteria. Il secondo protagonista, il vicequestore Loris Sebastiani, è il personaggio ombroso, duro, dedito al lavoro ma anche sensibile e onesto, specie nei confronti dell’amico Radeschi.

"Un’unghiata profonda gli segnava la guancia destra. Gocce di sangue sulle lenzuola.

Fanny, ormai cianotica, lesse negli occhi del suo aguzzino una cosa sola: eccitazione.

“Non farai più nuove amicizie”.

Il corpo esanime di lei s’afflosciò sul letto.

Giancarlo si liberò con un gesto secco del preservativo. Era ancora eccitato. Si masturbò velocemente sul ventre di lei. Poi si pulì con il lenzuolo, andò in bagno e si sciacquò la ferita.

L’orologio appeso alla parete lo mise in allarme.

Si rivestì in fretta, poi sistemò il corpo della ragazza in modo che avesse il viso rivolto verso il muro, dalla parte opposta rispetto alla soglia.

Sembrava proprio che dormisse."

Forse il brano più interessante del romanzo è costituito dall’ampia spiegazione del modo in cui Enrico Radeschi, da abile hacker, riesce ad infiltrarsi nella rete delle compagnie telefoniche e ad ottenere le fondamentali informazioni sull’assassino, fino a svelare il mistero legato alla piantina della metropolitana. Roversi è bravo nell’evitare di cadere in un didascalismo nocivo alla narrazione e riesce ad appassionare il lettore.

Spero di poter leggere presto una nuova opera di questo giovane autore, il quale, non dimentichiamolo, è considerato uno dei maggiori esperti di Charles Bukowski.

 

Alessio Degli Incerti