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CHUCK PALAHNIUK: Soffocare

(Mondadori, pp. 282, €15,20. Traduzione di Matteo Colombo)

 

CHUCK PALAHNIUK: SoffocareEsistono milioni di modi differenti per sopravvivere, basta volerlo. Ogni romanzo di Chuck Palahniuk, a cominciare dal chiassoso esordio di Fight Club (1996), somiglia a un manuale di resistenza umana. Tutto è spiegato, niente viene risparmiato al lettore.

"Se stai per metterti a leggere, evita." minaccia l’incipit di Soffocare. Questa è la voce di Palahniuk, quarantenne dell’Oregon, ex studente di giornalismo, ex camionista, ex meccanico di motori diesel alla Freightliner, ex dj per la radio BBC (si presentava al microfono come Chucky P.), grande frequentatore di bar malfamati coinvolto in un numero imprecisato di scazzottate a mani nude.

Un pazzo furioso. Uno vero fino al midollo. Uno scrittore che, grazie a David Fincher, può affermare di aver visto al cinema un bel film tratto da un suo libro. Però anche Fincher gli deve qualcosa di più di un caffè.

Siamo alla quarta traduzione italiana, mentre in America è appena uscito l’atteso Lullaby (a detta dell’autore, il libro che "Farà sembrare Fight Club come Piccole Donne"), storia di fantasmi scritta, a quanto si dice, in un luogo infestato da strane presenze, incursione nell’horror gotico dopo gli orrori del quotidiano attraversati da un’ironia feroce, all’acido muriatico: Fight Club, appunto, poi Survivor (1999) ed Invisible monsters (2000).

Soffocare è narrato in prima persona da Victor Mancini, figlio di un’anarchica finita più volte in prigione a causa dei suoi ripetuti quanto fantasiosi attentati al sistema. Victor ha trascorso l’infanzia tra diverse famiglie adottive (aspettando ogni volta un nuovo rapimento da parte della genitrice), ha mollato gli studi di medicina, è sessodipendente, frequenta un centro di disintossicazione per persone che sperano di liberarsi in dodici fasi dal sesso compulsivo, ha un lavoro di pura sopravvivenza (con una paga da fame) in un villaggio del 1734 ricostruito ad arte come attrattiva turistica. Non sapendo quasi niente del suo passato, Victor deve barcamenarsi come può nel presente. Annaspa, ci prova. È un perdente che non smette un solo momento di sputare considerazioni raggelanti. Ogni giorno, dopo aver scelto con cura un nuovo ristorante sull’elenco telefonico, si siede a tavola, ordina da mangiare e inscena platealmente un soffocamento da cibo fino all’intervento provvidenziale di un salvatore: "Soffocando, diventi una leggenda che queste persone alimenteranno e ripeteranno fino alla fine dei loro giorni. Crederanno di averti dato la vita. Potresti addirittura essere la buona azione di una vita, il ricordo che in punto di morte giustifica un’intera esistenza."

Ogni giorno, Victor trova dunque un eroe sconosciuto che continuerà a prendersi cura del povero sfigato per lungo tempo: arrivano assegni e biglietti d’auguri da ogni parte del mondo. Il denaro serve a pagare la degenza della madre, colpita dall’Alzheimer, in una clinica piena di gente fuori di senno. Piena di matti e di infermiere arrapanti. E di dolore. Ogni romanzo di Chuck Palahniuk ci porta infatti in un inferno di sofferenza umana illuminato da una luce grottesca, da uno humour nerissimo per alcuni versi accostabile a quello di Bret Easton Ellis. La realtà è solo apparentemente deformata dagli effetti di una fantasia torrenziale: è il linguaggio crudo di questo straordinario scrittore a fare da zavorra.

"Se stai per metterti a leggere, evita."

Non raccogliete l’invito.

(S.B.)

sul web: sito ufficiale

                 sito  ben curato di un fan italiano