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HOLLYWOOD SUL TEVERE un delirio di Gianni D'Attis

 

HOLLYWOOD SUL TEVERE“È stata una società, e non una tecnica, a creare il cinema.”

(Guy Debord)

 

 

“I’m only human,

of flesh and blood I’m made.”

(Human League)

 

Laggiù i facoceri in blazer monopetto due bottoni guardano Johnny ingurgitare in silenzio il suo quartino di falerno, respirare a fondo e prepararsi alla gogna dopo un rutto solenne. Se ne stanno educatamente in disparte, lodando i bei tempi di Ida Lupino e della bastardina Duchess sotto rami di una pianta dalle larghe foglie di colore verde brillante. Il greco ha avuto una visione. Ha detto: “Certe cose fanno riflettere” e senza aggiungere altro si è tuffato in picchiata su un’altra riga di zucchero a velo stesa da un giovane candeggiato biondo, le unghie capovolte bianche di astinenza, denti sporgenti,  bikini fatto di margherite di plastica. Per tutti è Cenzo. Cenzo lo smanettatore di turisti nel cesso della stazione San Pietro, gli occhi azzurri imploranti, lacrimoni tristi e gambe piegate alle ginocchia.

  “Dare piazere per poco. Un obolo in cambio di piazere, ah?”

   Il greco somiglia a uno yeti prossimo al polmone d’acciaio. Stira le labbra in un ghigno feroce da canaglia col pacco antiproiettile mentre Ramon gli porge il megafono profondendosi in un mezzo inchino deferente.

  “Per quel che può valere, sono grato a tutti voi stronzi sfaticati del cazzo!”

  Sono i suoi attori. Li riconosci da  un odore che si può quasi vedere, caratterizzato da troppe diete di fast-food, da troppo alcool poco costoso e da una mancanza significativa di igiene dentale adeguata.

   Johnny il Piscione, Sauvignon e Lara che dice: “Faccio anale grande con un sorriso sulla sua faccia come una scatola-corpo che ha galleggiato sopra la base dell'ospedale colorando oltre cento movies della volpe di secolo in Hollywood.”

   In questo film, Ramon ha solo un paio di scene. È il vecchio, dinoccolato bounty killer dell’Apocalisse goloso di croccanti cavallette tostate al burro di arachidi. Nell’ora di un caldo tramonto primaverile, la gola secca e i piedi gonfi dopo aver camminato a lungo nel deserto, Ramon arriva in città per farsi il Piscione. I suoi ex soci gli hanno azzoppato Abassiale, il cavallo regalatogli da El Grinta, così lui è incazzato nero perché ha mangiato fettine di quadrupede arabo per due settimane di fila. Adesso, ogni volta che caca, il suo culo nitrisce.

Nomi.

Numeri.

Segni di biro rossa sulla mappa custodita nella tasca posteriore dei Wampum.

C’è una taglia sulla testa del Piscione: 2500 € vivo, morto, o in catalessi. I suoi occhi si stringono. Dinamite, spada laser, Colt 45, sparachiodi e cazzottiera: l’amico non ha più speranze. Ha finito di fare il damerino boccuccia a cuore, basettoni e capelli ingrassati con olio d’oliva. Ha chiuso con Elvis, con Tura Satana, con il rock and roll. Per sempre.

   Johnny chiede al ragazzo del trucco di dargli una grattatina sulla schiena.

  “Ti faccio l’autografo sulla mano, sul braccio, sul pisello...dove vuoi tu” dice.  “Ti prego, ti scongiuro, ci ho un prurito del cazzo che non ti dico!” strepita.

   Il ragazzo, con la faccia imperlata di sudore sotto la montagna di capelli, si guarda intorno e fa: “Aoh, famme capì bene, maaa...a che gioco stai a giocà?”

   Nuvole tinte di un bel rosa albicocca che preannuncia la sera. Sauvignon, maschera intensa che fa pensare a un Pippo Inzaghi ritratto da Toulouse-Lautrec, è lo stempiato in t-shirt a maniche corte che fuma una Lucky Strike dietro l’altra, fino al termine del terzo pacchetto quotidiano. Autocontrollo e sovrastima di sé. Gli hanno dato la parte della madre di Lara perché agli occhi del pubblico, il suo orgoglio è stato da tempo avvilito e sbaraccato ma a lui non importa. Due quinti di vodka Smirnoff a 100° e un’infermiera cicciona con una sesta di reggiseno lo aspettano nella roulotte, come da contratto.

  “È un film pieno di culto del corpo con tutta l'enfasi sul rivelare” spiega il greco all’inviato di Cinemerda. “Questo film contiene depravity ed è un omaggio a Pelle di serpente di Sidney Lumet con Brando e la Magnani.”

   La storia, estremamente lineare, anche se completamente decostruita, ruota intorno al dolore cieco di Johnny, cui è impedito di amare Lara. È Madama Hosaka ad opporsi all’amore sbocciato tra la figlia e il bandito. “Mai con uomini troppo intelligenti, figlia mia. Diventano tutti delle checche, alla bisogna.”

   Ultimo giorno di lavorazione. Si gira la scena di Johnny esposto chiappe per aria al centro della main street ricostruita in un campo nomadi a Fosso di Tre Teste.

   I picciotti di Madama Hosaka l’hanno pizzicato in un fienile, mentre era impegnato a dare lezioni di canto lirico a Lara in posizione reverse cowgirl.

   Uomo sotto, donna sopra come se cavalcasse.

   Johnny ha detto: “Porca puttana, potreste almeno lasciarmi finire.”

   Risposta in coro: “Ha, ha, ha!”

  “Come te la passi, figliolo?” lo apostrofa la suocera terribile. Ha le mani sui fianchi, e ride con la bocca larga.

   Lui guarda la folla che ha davanti, le comparse che il greco ha raccattato al Tufello, alla Bufalotta, al Prenestino, sulla Palmiro Togliatti. Riconosce un paio di anziani portantini dello Spallanzani abbigliati come Furfanti-Rissosi-Difficili-Da-Stendere. Il greco si crede il Martin Scorsese del porno, riflette Johnny prima di sputare nella polvere un grumo di saliva grosso come una noce.

   Silenzio.

   Non ronza una mosca, non fiata un pischello e anche Lara se ne sta muta in un angolo, allacciata a un microfonista cadaverico. Johnny cerca di non pensare al peggio.

   La sua ultima battuta è: “Vamos rapido, señora. Diamo un taglio a questa pellicola del cazzo!”