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MAURO ZANDA: Back in black (Tuttle Edizioni, pp.160, € 13,00)

 

MAURO ZANDA: Back in blackDue giganti introducono il lettore all’argomento di questo notevole saggio di Mauro Zanda: si tratta del poeta Jalal Nuriddin, uno dei fondatori dei Last Poets, e di Michael Franti, conosciuto per le sue esperienze con Beatnigs, Disposable Heroes Of Hiphoprisy e Spearhead. Il primo scrive: “Ogni forma d’arte che abbiamo inventato come popolo del resto è sempre stata fatta per provare a curare noi stessi e lenire il dolore delle nostre anime”. Dal secondo arriva la non meno lucida constatazione: “Oggi la codificazione della cultura nera è il grande business” (emblematica, a tal proposito, la foto di Notorious B.I.G. scelta per la copertina: Mo Money Mo Problems, da un 12” del 1997).

   Musica black. Cultura black. Politica black: che tipo di modelli rappresentano il Segretario di Stato Colin Powell e il Consigliere Strategico Condoleeza “tempra d’acciaio” Rice nell’America di questo millennio? “Il loro status rappresenta davvero un sintomo di cambiamento profondo e un’opportunità da cogliere e imitare, oppure – come sostiene l’ala più oltranzista – sono solo dei moderni schiavi nel cortile della Casa Bianca?”

   Zanda, critico musicale di Rai Stereonotte, Il Manifesto, Rockstar e Blow Up (dal 2003 cura per la testata diretta da Stefano Isidoro Bianchi la rubrica ‘Black Power’), firma un volume che in Italia riempie un consistente vuoto editoriale. Terzo titolo della collana “I Libri di Harry”, non è reperibile nel circuito delle librerie ma solo presso l’editore (e-mail: blowupmag@virgilio.it oppure tel. 0575-610319, spese di spedizione comprese nel prezzo). E vale la pena leggerlo, tuffarsi in queste pagine scrupolosamente documentate (esaustivo l’apparato bibliografico) nelle quali fioccano domande su domande intorno alla condizione politica e culturale della popolazione nera nel XXI secolo. Contraddittoria, se guardiamo all’edonismo di personaggi come Jay-Z o P. Diddy, alla singolare parabola di Tiger Woods, idolo del golf nel sud degli States, alle tentazioni/ossessioni della classe media afroamericana osservate già nel 1957 dal sociologo Franklin Frazier: una classe troppo frivola e anti-intellettuale, presa in trappola dal materialismo dei bianchi e dunque non affrancata dal giogo della schiavitù.

   Vengono in mente le perplessità di Roger Too White, avvocato nero uscito dalla fantasia di Tom Wolfe nel romanzo Un Uomo vero. Roger, figlio di un estimatore di Booker T. Washinghton, l’uomo che nel 1895 aveva sostenuto che compito dei neri sarebbe stato la ricerca della sicurezza economica prima dell’uguaglianza politica o sociale con i bianchi, si presenta al lettore intrappolato nel traffico di Atlanta, tra Chevrolet Camaro, Nissan Maxima, Honda Accord e Bmw, nel bel mezzo del Freaknic, festa durante la quale “(...) questi giovani neri avevano l’audacia di fare esattamente quello che i giovani bianchi facevano ogni anno durante le loro vacanze di primavera.” Festa a suon di rap: “Tutte quelle facce di bianchi sulla terrazza del Driving Club potevano guardare da una parte e dall’altra, senza vedere altro che una marea crescente di esuberante gioventù nera, senza freni e senza paura.” Roger è sconvolto dagli sculettamenti di un’adolescente figlia di una Coppia Ideale di Professionisti Neri degli anni Novanta. Confuso (benché, ci dice Wolfe con il consueto sarcasmo, “incastonato nella sua lussuosa Lexus, in un completo su misura da 2.800 dollari con camicia e cravatta di crêpe de Chine da 125 dollari”), vorrebbe gridare: “Fratelli! Sorelle! È per questo che siete diventati la jeunesse dorée dell’America nera? È per questo che alla fine siamo riusciti a ricoprire le posizioni di potere nel campo dell’istruzione e professionale?”

   Sesso e soldi, Rolex d’oro, macchinoni, pistole e Uzi dalle strade del ghetto a MTV: il rap da classifica, Sean ‘Puff’ Combs indicato dalla vox populi come uno dei mandanti dell’omicidio di 2Pac Shakur, poi coinvolto insieme a Jennifer Lopez in una sparatoria in un club di New York. Oppure la poesia incisiva di Saul Williams, Amiri Baraka, Askia Muhammad Touré, Gil Scott-Heron, Mike Ladd e del Nuyorica Poets Cafe nell’East Village di Manhattan, il pensiero di Malcolm X, l’avventura umana del magnaccia scrittore (e attore nel film Boyz in tha hood) Iceberg Slim, la musica al servizio delle idee nei dischi dei Public Enemy.

   Un saggio che meriterebbe di finire sui banchi di scuola, anche nell’Italia che, salvo rari esempi, dalla musica e dalla cultura nera ha assorbito poco e nulla: qualche ritmo, qualche sporadico scimmiottamento vocale (per molti è “nero” anche Tiziano Ferro), le Adidas da un occhio della testa, i calzoni larghi che penzolano giù dal culo degli adolescenti e poco altro.

(N.G.D’A.)