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Tanizaki  Junichiro: Nostalgia della madre

(Einaudi. pp. 136, € 9,00; a cura di Lydia Origlia)

 

 Per un’intera vita Tanizaki Junichiro ha tentato di conoscere i segreti della perversa bellezza femminile. Molte  sue opere ci raccontano di un uomo affascinato dalla crudeltà della donna, desideroso di assoggettarsi ai suoi capricci, ossessionato dal piede femminile “capace di succhiar via il sangue ad un uomo e di calpestarne il cadavere”. Feticismo passivo, contemplativo.

   I suoi protagonisti  vivono nevrotiche passioni galleggiando in una perenne malinconia. Mentre l’uomo insegue la voluttà dei sensi scarnificando le proprie debolezze e i suoi più bassi istinti, la donna  è una divinità da adorare, una chimera, una visione. Soffermarsi su una “bianca e candida schiena”, su un collo “lungo e sottile come una sogliola” è per l’autore l’unico modo per resuscitare sensazioni ataviche della madre. Per riallacciare i rapporti con lei, Junichiro invade l’intero cosmo femminile. Amanti, sorelle, prostitute “attrici” kabuki  sono immerse in una luce bianca, onirica,  per fuoriuscirne con sembianze materne. Sono momenti lirici di rara intensità. Qualche critico ha parlato di un Baudelaire sadico e carnale. Questo stile rarefatto e visionario, ben evidente in questi racconti pubblicati da Einaudi, emerge solo dopo la morte della madre avvenuta nel 1917. Negli anni precedenti, che i giapponesi hanno chiamato “periodo diabolico”, Junichiro era pervaso da un feticismo attivo, basti pensare al racconto Fino ad  essere abbandonato uscito per la Garzanti nel 94 nella raccolta Il veleno d’Afrodite dove il protagonista insegna alla propria donna le regole per diventare una perfetta dominatrice e farne così il suo schiavo o I Piedi di Fumiko dove agli occhi del vecchio libertino il piede della giovane donna si umanizza, “ride”, “ammicca”, assume “un’aria civettuola”.

   È interessante quindi notare nei racconti che compongono Nostalgia della madre, il cambio di stile di Junichiro. L’oggetto d’amore è distante, sognato, effimero. Impossibile cercare di fondersi con lui. Affiora così una triste rassegnazione che non lo abbandonerà fino alla fine avvenuta nel 1965 all’età di 79 Tanizaki Junichiroanni.

   Gli ultimi romanzi, quasi tutti presenti in Opere uscito per la Bompiani, sono forse i più significativi. La Chiave scritto a settant’anni scandalizza l’intero Giappone descrivendo l’autodistruzione fisica e psichica di un uomo nel rapporto con la moglie. Tre anni dopo esce Il Ponte dei sogni in cui è sfiorato l’incesto con la madre che avviene quattro anni dopo, ma solo in sogno, in Diario di un vecchio pazzo, libro con cui ho iniziato a conoscerlo.

   La storia di Tanizaki Junichiro è la storia di una luminosa ossessione e non poteva che chiudersi con il folle progetto di un vecchio pazzo di avere l’impronta dei piedi di una donna come pietra tombale e con l’ironica osservazione che questa “potrà sentire le sue ossa scricchiolare e ridere allo stesso tempo”.

 

Jo Laudato