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Dario Argento: Il Cartaio, Giù le mani da Suspiria, Le occasioni mancate, Filmografia, Argento sul web, Gallery


IL CARTAIO

   

Il Cartaio di Dario Argento

Regia: Dario Argento

Interpreti: Stefania Rocca, Liam Cunningham, Claudio Santamaria, Silvio Muccino, Adalberto Maria Merli, Fiore Argento, Antonio Cantafora, Piermaria Cecchini, Luis Molteni, Mia Benedetta, Conchita Puglisi, Vera Gemma.

Soggetto e Sceneggiatura: Dario Argento, Franco Ferrini

Fotografia: Benoit Debie

Scenografia: Antonello Geleng, Marina Pinzuti Ansolini

Costumi: Patrizia Chericoni, Florence Emir

Trucco: Bernardette Grampa

Effetti speciali: Sergio Stivaletti

Musiche: Claudio Simonetti

Suono: Tommaso Quattrini, Antonio Barba

Montaggio: Walter Fasano

Produzione: Opera Film, Medusa Film

Paese: Italia Anno: 2003

Durata: 106'

Distribuzione: Medusa

Sito ufficiale: www.ilcartaio.it

   

Si debutta sempre, anche (o soprattutto) a sessantaquattro anni e con una filmografia che adesso conta quindici film e mezzo (l’altra metà di Due occhi diabolici, realizzato nel 1990, appartiene a George Romero). Ogni volta la passione è più forte delle regole del mercato, si nutre di nuovi volti, caratteri, contrasti, prima ancora che di dialoghi credibili, di situazioni verosimili sul piano del racconto (‘credibilè e ‘verosimilè: concetti da abbandonare doverosamente ogni volta che ci riferiamo alla sfera dell’Arte). È un entusiasmo da divoratore di cinema, quello di Argento, manifesto di un’intima relazione con la macchina da presa cominciata giovanissimo scrivendo con Bernardo Bertolucci il trattamento di C’era una volta il west per Sergio Leone, quindi rito che si rinnova costantemente per propiziare una musicalità dell’immagine: corpi, movimenti della macchina da presa e montaggio nel suo cinema costituiscono l’algebra entropica di un altrove in cui precipita lo spettatore, un (over)look da Méliès al futuro, dal già visto a ciò che ci fa vedere in modo diverso, inquietante, affascinante.

Nell’arco di un’ora e quarantasei minuti, Il Cartaio dissipa e fa rinascere in una dimensione internazionale il cinema italiano. Poco sangue (più che ostentati, quasi tutti gli omicidi sono suggeriti), un ritmo che non inciampa mai in momenti morti, Il Cartaio di Dario Argentopersonaggi ed interpreti di alto livello, riferimenti (dichiarati) al Fritz Lang de Il Dottor Mabuse (1922) e a se stesso (Opera, Profondo rosso), con un occhio anche all’ormai classico Il Silenzio degli innocenti di Demme e, sul piano della luce, al Soderbergh di Traffic e Solaris.

Proprio come era accaduto con L’Uccello dalle piume di cristallo, pellicola che all’alba dei Settanta rivelò l’autore dall’eccezionale talento visionario oggi conosciuto in tutto il mondo, sembra in effetti di assistere ad un altro splendido esordio tematicamente consistente e dal grande spessore visivo (la nervosa sequenza iniziale simile alla carrellata sul tappeto in Nonhosonno, l’agguato in casa di Anna che rimanda alle atmosfere di Tenebre, il voyeurismo da tavolo autoptico spinto quasi fino a svelare l’effetto speciale di bodies duplicati dalla ditta Stivaletti per la Opera Film dei fratelli Argento).

Macabra, la partita con l’assassino: giocare a poker via web per salvare la vita alle ragazze tenute in ostaggio dal mostro e, tra un delitto e l’altro, muoversi in una Roma di anfratti bui, di malfamate sale da gioco fotografata da Benoit Debie (già al lavoro con Gaspar Noé per Irréversible), scoprire l’esistenza di coroner bislaccamente lynchiani (Luis Molteni), scrutare nelle vite di Anna (Stefania Rocca) e John (Liam Cunningham), poliziotti, colleghi, amanti tristi e segnati da esistenze passate dolorose.

Thriller d’amore e violenza che cova tra le pieghe di un Il Cartaio di Dario Argentodesiderio amoroso: posta in gioco e sfida, pulsione che implica l’ipotesi di una fine alla pari, senza mediazioni o metafore di sorta (meraviglioso black-out narrativo: sappiamo molto di Anna e poco o nulla del killer). Punto d’arrivo e insieme nuova partenza (da un lato il cinema esplorato, dall’altro l’ardente pretesa di generare altre epidemiche visioni), Il Cartaio è un incubo moderno che vince le resistenze di tutti (anche di chi, come una cinefila in pelliccia presente in sala, sostiene di non aspettarsi più niente da un regista "Assente a se stesso da troppo tempo"), un meccanismo di attese e rimandi che lascia il segno attraverso una potente originalità espressiva. Bentornato, Maestro!

Nino G. D’Attis