Home | Archivio letture  | Home Letture  | AA.VV. Tu quando scadi? | Will Christopher Baer | Boosta | Davide Bregola | William Burroughs | Catastrophe | Antonio Bufi/Luca Moretti | Mario Desiati | Stella Duffy | Breat Easton Ellis | Saverio Fattori | Speciale Gian Carlo Fusco | KaiZen & Emerson Krott | Michel Houellebecq | Giuseppe Genna | Joe R. Landsdale | Cormac McCarthy | McNeil - McCain | Aldo Nove | Chuck Palahniuk:Cavie | Chuck Palahniuk:La Scimmia... | David Peace - GB84 | Angelo Petrella | Andrea Piva | Gregory David Roberts | Paolo Roversi | Giambattista Schieppati | Stefano TassinariTom Wolfe | Wu Ming 5Ugo Tognazzi | Dalia Nera

Racconti: Anche Wess vuole la sua parte | Benedetti siano i vermi | CloserHai Dozo | La notte in cui scopai la figlia di Sammy BarbòMai più lacrime | Marmulak il vendicatore | Memoria | ZZZ


FUMA FUMA COniGLIONE di Antonio F. Pileggi

scarica il racconto

 

 PROLOGO 1989 Torino

 

Falso movimento di un tramEro appena salito sul mio solito tram, il nove, stanco era dir poco, mi guardavo attorno alla ricerca di chissà cosa, quando all'improvviso vidi questa cosa  che si ergeva dinanzi a me, si trattava ovviamente di una donna ma definirla donna, allora, mi era sembrato riduttivo.

Lei (la cosa) come dicevo, era dinanzi a me ed era tremendamente bella  ma così bella da non riuscire a muovermi, ad agire come avrei voluto, descriverla era  impossibile, immaginarla come offenderla, si pova solo contemplarla.

La sua essenza, così pura, era allo stesso  tempo carnale, violenta, conteneva quel qualcosa capace di risvegliare gli istinti più nascosti, la bestia, l'animale che dorme in ognuno di noi.

Mi guardò negli occhi ed iniziò ad avvicinarsi a me con incedere deciso, determinato, si fermò a circa un micron di distanza e con uno sguardo da vera cosa porca mi chiese:

DIMMI COSA VUOI  da me, HAANIMALE ed io la esaudirò!

Non aveva neanche una carie, la sua lingua era rosa e non bianchiccia come la mia, le sue gengive perfette mi ricordavano gli acquedotti romani, non riuscivo a vedere altro, ero troppo lontano?

 Mi fece subito uno strano effetto, (molto simile a quello che provavo di  solito di fronte ad un piatto di parmigiana fatta dalla mia mamma) il mio battito cardiaco era così alto ed accelerato che le persone vicine si chiedevano cosa fosse quel rumore:

- Abbiamo deragliato?, stì tram non li fanno come quelli di una volta.

- Ma no , deve essere l'elicottero della polizia.

 Deglutii, presi coraggio e con fare molto sicuro ma con voce molto stentata le dissi:

- Un ghiacciolo al limone grazie, però fai presto perché tra un po’ scendo...

Come si incazzò, ma come si incazzò...

Cosa? Un ghiacciolo al limone!? -  ma cosa credi...io lavoro tutto il giorno come te, i piatti dobbiamo lavarli entrambi, sono stufa di stirarti sempre le  camicie, non mi porti mai da nessuna parte,cosa credi che sono la tua serva? Non ne posso più di questa vita ti odio ti odio.

   Ero come paralizzato da quel fiume di parole che mi era caduto addosso tanto da non riuscire a distinguerle, per intenderci era come leggere un libro noioso, quando all’improvviso ti ritrovi a pensare ad altro nonostante tu stia continunado a leggere, e poi… non riuscivo a trovare il nesso, in fondo le avevo chiesto solo un ghiacciolo, non mi sembrava  il caso di fare tutto sto casino.

   È vero, forse non uscivo spesso, odiavo lavare i piatti però  io le camice me le stiravo da solo....bugiarda, ma che bugiarda, il nostro rapporto non poteva crescere, non aveva sbocchi era ad una svolta decisiva.

   Lei scese dal tram immediatamente e si disperse tra la gente, io non mi voltai nemmeno,  ero indignato sia come uomo che come passeggero, piegai la testa e mi reimmersi nei miei soliti pensieri.

   Di tanto in tanto guardavo fuori dal finestrino, chi lo sa, magari ritornava, ci avrebbe ripensato e mi avrebbe portato il mio ghiacciolo, si sarebbe però ricordata che era al limone? E chi può dirlo, la vita alle volte fa dei percorsi strani ed io ero un semplice semaforo arancione.

   Il tram correva ed io con lui, non riuscivo nemmeno a rendermi conto di quante fermate facesse, ero lì come ipnotizzato quasi catatonico, ma come per magia, quasi avessi un temporizzatore biologico, mi alzavo per scendere alla mia fermata e senza suonare, aspettavo il pollo di turno che lo facesse per me.

Era una guerra di nervi, bisognava essere freddi e disposti a tutto, far suonare uno sconosciuto alla propria fermata era un'arte, una vera disciplina e vi erano regole ferree:

1) nessuno doveva immaginare che quella era la tua fermata, bisognava fingere indifferenza, far finta di essere interessati ad una pubblicità, giustificare quasi il fatto di essere lì vicino l'uscita.

2) attendere il passo falso dell'avversario, cioè aspettare la prenotazione della fermata, il cedimento psicologico, la paura di perdere la fermata e dover fare una lunga camminata a piedi e magari con la busta della spesa.

3) nessuna regola era valida, tutto era lecito per scoraggiare e far capitolare l'avversario, anche far finta di prenotare la fermata, creando quel minimo di tensione che certo non poteva far male.

 

   Il divertimento era assicurato, spesso tutto era molto facile ma altre volte era una vera e propria guerra di nervi; nessuno si muoveva, nessuno mostrava interesse, tutti fingevano attenzione verso le cose più disparate...toglievano i pelucchi dalla giacca, si strofinavano le scarpe sui pantaloni, guardavano nella borsa della spesa, contavano il numero di viti sui sedili, rubavano il portafoglio al vicino....poi il crollo psichico di uno a pochi metri dalla fermata e la conseguente affluenza di tutta una folla  davanti la porta di uscita, una folla che prima non c’era ma che era apparsa all’improvviso, quasi ad irridere il povero sventurato che aveva suonato.

Sguardo finale:

lui (deluso) -  stronzi,

poi  (perplesso) - ma dove cazzo eravate

poi  (autocompiacente) - se non suonavo io,  col cavolo che scendevate.

noi (sufficienza - sorriso - insulto)- t'abbiamo fregato, ed anche oggi abbiamo trovato il pollo che ha prenotato la fermata.

   Alcune volte, devo confessarlo, sono rimasto sul tram anche se si era in due, e vi assicuro che è molto difficile che il conducente si alzi e prenoti la fermata per te, così, quando accadeva, facevo il giro completo fino al capolinea finché non trovavo qualcuno che suonasse per me...

ma la vita è così, bisogna saper aspettare le occasioni giuste no!?

Le  mie giornate sembravano non finire mai, il tempo sembrava che si fosse dimenticato di me o che per sbaglio fossi sfuggito a chissà quale maleficio e godessi così di una condizione particolare, unica. Mi stavo costruendo un mondo tutto mio, a mia immagine e somiglianza, così quando rientravo dai miei giri viziosi in tram mi sdraiavo sul letto e guardavo il soffitto sforzandomi di rallentare il pensiero o di non pensare affatto, volevo creare il vuoto spinto, ossia il non pensiero, quell'attimo di non attività celebrale, cosciente.

Molte volte ci sono andato vicino, ma si trattava di un esercizio faticoso e stressante, così  per  riprendermi dalle mie fatiche mentali, costruivo delle storie, delle specie di sogni ad occhi aperti, tutto era molto più semplice e poi riscuotevo un buon successo.

   Il protagonista principale ero IO (che non è un dieci ma solo un io megalomane e maiuscolo), mi svegliavo una mattina e mi rendevo conto improvvisamente che erano tutti morti, quasi tutti, una specie di bomba H aveva annientato tutto il genere umano maschile, unici superstiti tutte le ragazze carine (e dico carine per non evidenziare le mie reali e pure valutazioni) mie coetanee con l'inserimento ulteriore delle nuove proposte e giovani promesse di varia nazionalità, tutto questo per dare un tono internazionale alla faccenda e poi per non essere tacciato di razzismo da parte di qualche associazione femminista.

I cadaveri  non c'erano, era come una specie di comune cosmopolita ove vigeva la più salubre e vera anarchia; il primo a prendere coscienza della situazione ero ovviamente IO, queste non sono manie di protagonismo, ma un semplice riconoscimento per aver avuto l'idea, e come un Virgilio moderno, guidavo le giovani fanciulle verso la scoperta di questo nuovo mondo. La struttura base della storia era sempre questa, la mia filantropia toccava vette eccelse, perché vi assicuro che consolare tante giovani fanciulle non era cosa facile; ogni tanto movimentavo la storia con qualche incontro altamente culturale....per esempio incontravo delle grandi attrici contemporanee......Angelica Bella, Marina Lothar , Moana Pozzi....che riuscivo a salvare per puro caso e lei, o loro, esprimeva/no la sua/loro gratitudine come potevano. Tengo a precisare una cosa, nessuna era obbligata a fare niente contro la propria volontà, tutte avevano il diritto di poter scegliere se amarmi o no, perché queste sono le basi della vera democrazia…la scelta autonoma.

Antonio...Antonio.....è pronto............questo era uno dei tipici suoni che interrompevano abitualmente le mie peripezie morpheiche, ed anche se alcune volte avrei preferito ignorarli, non potevo, IL CIBO ERA ESSENZIALE.

Mi alzavo dal letto malinconico e traballante, percorrevo il lungo corridoio della pensione dove vivevo e come un condannato a morte, mi addentravo verso un destino certo. Pasta e fagioli in scatola...pasta e lenticchie in scatola ...pasta e ceci ovviamente in scatola, queste erano la tre possibilità che mi spettavano ogni giorno ed ogni giorno una parte di me moriva. Vorrei chiarire un punto fondamentale, io non potevo scegliere ogni giorno tra i tre differenti tipi di morte, si trattava invece delle tre possibili variazioni al tema  pranzo o cena. Mi sentivo come De Niro nel cacciatore, giocavo alla roulette russa e ne ero cosciente, per farmi coraggio mi ripetevo che sarebbe stato meglio morire con onore anziché scappare da vigliacco.

La proprietaria, da  vero carnefice, ci diceva che era un nuovo tipo di dieta basata sui legumi; ad essere sinceri in un primo momento ci avevamo creduto, qualche dubbio però si era fatto avanti dopo un lungo ed interminabile anno che mangiavamo la stessa cosa.

Il tempo passava , e noi abitanti della pensione ci eravamo assuefatti  come delle cavie a cui si somministra per un lungo periodo un nuovo farmaco sperimentale, anzi nei periodi di vacanza quando la cucina era chiusa, confesso di aver avuto anche delle crisi di astinenza quasi una reazione allergica ad ogni altro tipo di cibo, forse una mutazione all'interno del nostro metabolismo era avvenuta, i legumi erano la nostra linfa vitale, la loro assenza ci provocava spasmi e dolori con  aerofagia annessa e solo chi ha provato una sensazione simile può intendermi.

Senza  parlare, quasi assente mangiavo e solo per cameratismo partecipavo annuendo alle alte dissertazioni giornaliere, quasi sempre le stesse................

  Mario - ma la Sardegna  se è un isola vuol dire che galleggia, la terra prima era piatta poi a uovo (ndr l'uovo di colombo) poi rotonda...

Vittorio - sono tutte cazzate ci riempiono di cazzate, io ho sentito in televisione che ci muoviamo ecco perché la Sardegna è un isola che galleggia e prima o poi sbatterà contro il continente, e da qui viene il nome di deriva dei continenti  lo ha detto Pierangela ...

Antonio, tu che hai studiato,  HOU....questo ogni volta che mangia sembra drogato, per me sono le mele, si mangia troppe mele.

 Mario -   ora non ricordo bene, ma in televisione hanno detto che la frutta fa male, non mi ricordo che tipo di frutta ma ce gente che se ne fa kili e kili al giorno e poi va in un posto mi sembra che va a Overdose , sarà un posto di recupero per drogati ...sti stupiti

Vittorio -   ma quali stupidi e stupidi, quelli hanno capito tutto, ci hanno pure il posto di lavoro garantito per legge, capito Lavoro...

Enzo - Che ci hanno loro? ma chi te le dice ste cazzate........ sempre sta Pierangela.

Vittorio - ma guarda che sei proprio ignorante, loro hanno il lavoro garantito per legge perché sono tossico dipendenti, non è vero Antonio!? HOU.....

   Risentivo ogni giorno sempre le stesse discussioni, tanto da riuscire a calcolare le pause del diaframma, ripetevano sempre le stesse frasi, le stesse domande, come se non le avessero mai dette, anche gli HOU erano gli stessi, stessa intonazione stesso momento, erano degli  attori che da un anno davano repliche oppure degli automi?, no, gli automi non mangiano legumi;  forse il tempo era davvero ciclico ed io la sua discontinuità.

   Finita la magica cena, facevamo la nostra partita a scopone , il nome scientifico avevo deciso di ometterlo (non mi sembrava il caso) e la mia mozione, sebbene gli altri fossero decisamente contrari in quanto delegittimava la legalità della competizione, fu accettata.

 La partita era una specie di rito digestivo e poi come diceva  sempre Giacomo Agostini...un pò di moto fa bene.

Io giocavo con Vittorio 40 anni, noto nell'ambiente come "settebello", era napoletano e non so per quale oscuro motivo odiava la Sardegna, guidava i bus municipali  e la sua frase tipo era....Torino Torino che bella città hai visto mio marito?...... questa filastrocca aveva un effetto catastrofico su  Mario, 54 anni operaio  metalmeccanico sardo, crumiro fino all'eccesso, sposato con una piemontese ma cacciato di casa, lui apparteneva alla squadra rivale assieme a Enzo , carpentiere veneto 53 anni, grande filosofo contemporaneo e bestemmiatore, sue: DIO CANTANTE/DIO CANARINO/DIO CLAUDIO VILLA/DIO BOBBY SOLO/DIO PULCINO/DIO CANTERINO/DIO BALUBA ETC ETC..le sue creazioni erano continue ed imprevedibili con variazioni sessuali al tema.

Le partite erano sempre molto combattute anche perché  perdere mi procurava un enorme fastidio  tanto da avere serie discussioni con il mio partner che si concludevano puntualmente con citazioni leggendarie riappacificatrici:

-   vi facciamo andare avanti ,ma tanto vi riprendiamo

-   contro il vento si può............

-   finche la barca va.

-   ubi major minor cessat

-   è la somma che fa il totale.

La giornata si concludeva con la televisione, poi buonanotte...........buonanotte.

 

   Cosa ci facevo lì? Perché non mi muovevo? non facevo niente per spronarmi, forse assaporavo la vita giornaliera fatta di semplici cose e ne gustavo a fondo il sapore amaro, ma nonostante tutto forse ero anche un po’ contento di tutto questo e quando ero contento (anche quando non lo ero) uscivo per la città percorrendo kilometri e kilometri, cercando di sbirciare, o forse sarebbe meglio dire rubare, un po’ di vita altrui.

Durante queste interminabili camminate ripensavo un pò a tutto, al mio passato ,al mio presente al mio improbabile futuro, ed una cosa rimbalzava sempre dinanzi ai miei occhi, proprio come uno di quei virus primordiali da computers (la mitica pallina),…….. le donne.

Mai una Donna che ne valesse la pena o capace di sconvolgermi l'esistenza rendendomi stupido, incapace di pensare o di avere atteggiamenti irrazionali:

seguirla, mandarle fiori, farmi cambiare gusto ai ghiaccioli solo perché a lei piace la menta, scriverle poesie, pensarla tutte le sere prima di addormentarsi, venerarla come Iva Lendl, preferirla alle partite dell'inter o depilarsi totalmente perché una volta avevi sentito dire che le piacciono i pelati e poi scoprire che si riferiva alla salsa, insomma una di quelle  donne che mi desse l'illusione per una volta di essere libero e così riuscire finalmente ad esternare tutte le mie potenzialità  fino  a quel momento assenti.

   Forse era una crisi passeggera o sbagliavo bersaglio, sì, forse una donna più matura avrebbe acceso in me quelle emozioni, quei desideri che continuavano a  non affiorare.

Con due miei amici si decise di andare in un tipico locale di Torino, dove miti e leggende metropolitane dicono che vi si ritrovino le signore bene alla ricerca di nuove emozioni con giovani promettenti.............L'AMERICA

Ad essere sinceri, gia il nome America incuteva in me pensieri filorussi, tremavo e mi vergognavo come un cane, mi sentivo ridicolo (forse dire ridicolo è un pò riduttivo) ed avevo paura che tutto questo trapelasse ai miei compagni di avventura, che al contrario di me ostentavano sicurezza ed una insolita naturalezza. Cercavo di mimetizzarmi con tutto, vicino i lampioni, appoggiato alle macchine, vicino i cassonetti, accanto ai parcheggiatori abusivi ma la voce di Osvaldo (uno dei due amici) mi riportava sempre alla dura realtà...............

Osvaldo -   ANTONIO DOVE SEI, ANTONIO ANTONIO VIENI FUORI, FAI VEDERE IL CANNOLO CHE ORA AGGANCIAMO UNA DI STE  VECCHIACCE, GUARDA QUESTA NON C'HA MANCO LA DENTIERA......IMMAGINA CHE DIVERTIMENTO

dopo la trasmissione di Osvaldo, che sicuramente avrebbero sentito anche da Superga, seguiva una serie di fischi FIUUU FIUUUU accompagnati dal movimento della mano destra ,stretta a pugno, che simulava il movimento che normalmente si compie quando si suona con estrema veemenza il clacson......era forse un riferimento politico?

In quei momenti avrei desiderato morire o che la terra si aprisse all'improvviso, e da questo profondissimo crepaccio uscisse fuori una enorme mano che imitando il gesto della mano a clacson schiacciasse sull'asfalto in maniera totale e ripetuta (non si sa mai) Osvaldo, ma non accadeva niente tranne il mio imbarazzo e la voce sempre più squillante di Osvaldo.

Dovevo raggiungerli vicino l'ingresso o sarebbe stato peggio se osavo attardarmi Osvaldo mi avrebbe richiamato come solo lui sapeva fare, non avevo scelta così accettai il mio destino, rassegnato ed allo stesso tempo colpevole della mia situazione.

Osvaldo si faceva sempre più pressante, diceva che i tempi erano maturi ed al grido di AVANTI SAVOIA....si diresse verso la cassa, fortunatamente il costo d'ingresso era troppo elevato per le nostre finanze, volevo gridare la mia gioia, saltare, ringraziare Dio che per una volta non era in mobilità, ma  trattenni la mia euforia esternando anche un leggero disappunto. Osvaldo da vero maniaco non si scompose e tranquillizzandomi mi disse che avremmo abbordato le signore fuori dal locale; non ne risparmiò nessuna per tutta la notte, nemmeno le abitanti della zona o le malaugurate che per errore passavano da lì, con una costanza ed un metodo puramente statistico affidato alla legge dei grandi numeri (prima o poi qualcuna avrebbe accettato).

Chiedeva a tutte, con la sigaretta in bocca, se potevano farlo accendere, secondo lui era un metodo originale e simbolico...una sorta di codice con risvolti altamente erotici:

la sigaretta era un chiaro simbolo fallico

l'accendino la conferma del desiderio represso

la fiamma la profonda passionalità ed il consenso all'accoppiamento selvaggio e ripetuto.

Da tutto ciò si evinceva che se per caso una povera disgraziata per pura compassione o solidarietà tra fumatori gli avesse acceso una sigaretta per lui era l'equivalente di........

PRENDIMI STALLONE SONO TUTTA UN BOLLORE.

La serata ebbe un bilancio positivo, Osvaldo accese circa due pacchetti di sigarette, ma oltre ad una tremenda raucedine dovuta al troppo fumo, non raccolse altro e noi con lui.

Sconfitti e delusi, io felicissimo, ci ritirammo nelle nostre "case" immaginando cosa sarebbe potuto accadere se per puro caso una delle tante signore avesse detto  -  Sì, vieni con me!!!!

La vita si accaniva con me, ed io lasciavo fare.

- Pag. 1 2 3 4  -