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     Dove 
    (ri)comincia la storia dei Primal Scream? Bobby 
    Gillespie non ha dubbi in proposito: resettando tutto (ovvero 
    fingendo di non aver mai pubblicato due album paisley oriented alla fine 
    degli anni Ottanta), la prima raccolta di ‘sporchi successi’ della band non 
    poteva che partire da Loaded,  versione rielaborata dal produttore 
    Andy Weatherall di I’m losing more than I’ll ever have (e 
    diciassettesimo posto nelle classifiche inglesi del 1990 con oltre centomila 
    copie vendute).  La voce di Peter Fonda 
    campionata dal film di Roger Corman The Wild angels (1966, in Italia
    I Selvaggi) dichiara: “Vogliamo essere liberi. Vogliamo essere 
    carichi e divertirci!” e diventa così il manifesto di una nuova 
    inclinazione a rimescolare le carte buttando giù la parete che separava 
    chitarra e campionatore, rock acido e acid house. È il preludio a 
    Screamadelica, album seminale influenzato in parti eguali dai
    Rolling Stones periodo Simpathy for the 
    devil e dalla rave culture mancuniana, nonché opera insignita nel 1991 
    del Mercury Prize, il più importante premio dell’industria discografica 
    britannica. “Il rock contemporaneo non ci eccitava più”, avrebbe ricordato 
    più tardi Gillespie. Detto fatto, tra quei solchi marchiati Creation 
    (etichetta di Alan McGee nota per il boom Oasis) 
    trovammo praticamente di tutto senza che nulla suonasse fuori posto: cori 
    gospel ed echi dub, psichedelia e techno, la voce del reverendo Jesse 
    Jackson che in Come together declama: “È un nuovo giorno”, poi le 
    lunghe ombre di Brian Wilson, i Velvet Underground e Sun Ra in Higher 
    than the sun. 
    
       Tredici anni più tardi, i 
    Primal Scream (ora celebrati anche in due monografie scritte rispettivamente 
    da Kris Needs, autore di The Scream: The 
    music, myths and misbehaviour of Primal Scream e da
    Brendan Yates per Out of the void -
     the 
    story of Primal Scream), sfogliano l’album dei ricordi senza trascurare 
    neanche uno degli dischi successivi al capolavoro: Rocks, Jailbird
    e (I’m gonna) cry myself blind arrivano da Give out but don’t 
    give up (1994), l’infatuazione southern-funk, il disco ‘americano’ (e 
    parziale passo indietro, per ammissione dei diretti interessati) realizzato 
    insieme ad un team che comprendeva Tom Dowd, George 
    Drakoulias e George Clinton, più la cantante 
    Denise Johnson. Burning wheel, Kowalski, Long life
    appartengono al potente Vanishing point (1997), piena ripresa 
    segnata dall’ingresso in formazione di Gary Mounfield, meglio conosciuto 
    come Mani, ex bassista degli Stone Roses e da un irreversibile colpo di 
    fulmine per lo scrittore 
    Irvine Welsh. 
    Su Swastika eyes, Kill all hippies, Accelerator e 
    Shoot speed/Kill light, tratte dal radicale e ingiustamente 
    misconosciuto Xtrmntr (2000), uno potrebbe scrivere un saggio a parte 
    con capitoli dedicati alle precognizioni di un Gillespie (sotto influsso 
    degli scritti di W. S. Burroughs) sullo stato del mondo dopo l’11 settembre 
    o, per restare in ambito strettamente musicale, sulla capacità di questo 
    personaggio meravigliosamente immodesto di riunire intorno ad un progetto 
    tanto ambizioso i 
    Chemical Brothers, 
    Kevin Shields (My Bloody Valentine), Bernard Sumner (New Order), Dan The 
    Automator e 
    David Holmes. 
    Dal passato più recente (Evil heat, uscito nel 2002) vengono 
    ripescate Miss Lucifer, Deep hit of morning sun, Some 
    velvet morning in una nuova elettrizzante versione che conserva i 
    vocalizzi di Kate Moss e Autobahn 66. 
     
    
      
     “Tutto 
    qui?” diranno quelli che come il sottoscritto degli Scream non si sono mai 
    fatti mancare una nota. Errore: meraviglie delle Ltd editions che tanti 
    soldini portano ai colossi discografici, ecco spuntare un bonus disc di 13 
    brani lungo 72’ e 47’’ con remix di Hypnotone (Come together), The 
    Orb, Terry Farley, Jimmy Miller, 
    Massive Attack 
    (Exterminator sembrava fatta proprio per loro) ed altra bella gente. 
    Poi, aprendo il booklet (artwork bellissimo!), scopri che l’introduzione a
    Dirty hits l’ha scritta un certo A. I. Weatherall giusto un mese fa. 
    Tutto (ri)comincia da Loaded, come dicevo. E gli Scream sono ancora 
    fottutamente carichi. 
      
    
    (J.R.D.) 
    
    sul web: 
    
    
    www.theprimalscream.com  |