NEWS  
CINEMA  
CINQUE PUNTO 1  
MUSICA  

Black Sabbath  

Casino Royale  

Dave Gahan  

Chaos| Order  

Deadburger  

Depeche Mode: SOTU  

Depeche Mode  
 
Depeche Mode:Discografia  

Duran Duran  

Editors  

Ennio Morricone  

Federico Fiumani  

John Frusciante  

Grinderman(Nick Cave Side Project)  

Guns N’ Roses  

Jarvis Cocker  

Killing Joke  
 
Kraftwerk  
 
Madonna  
  Marilyn Manson  
 
LCD SOUNDSYSTEM  

Marlene Kuntz  
 
Massive Attack  

Miles Davis  

Nine Inch Nails  
 
Pankow  
 
Pere Ubu  

Psychic Tv  

Portishead  
 
Primal Scream  
 
Psycho Sum  

Rammstein  

Recoil: subHuman  

Recoil: Selected  
 
Red Hot Chili Peppers  
 
Scott Walker  
 
Sonic Youth  
 
Stars  
 
Studio Davoli  

The Good The Bad & The Queen  
 
The Orange Man Theory  
 
The Stooges  

Tobia Lamare & The Sellers  

Tom Waits  
 
UNKLE: Self Defence  
 
UNKLE: War Stories  
LETTURE  
ARTE  
FUMETTI  
INCONTRI  
BLACKBOX  
IL POTERE DEL MEDIO  
OLTRE  
STANLEY KUBRICK  
TEMI DEL DESKTOP  
LINKS  
ARCHIVIO  
DEPECHE MODE TOUR 2005-2006
 
Google
Web blackmailmag.com
 

BLACK SABBATH: Paranoid – Deluxe Edition  (Sanctuary/Universal)

Sant’Ozzy nel basso degl’ìnferi, come hai potuto farmi questo? E anche tu,  Anthony Frank Iommi, tizzone d’inferno! Tu non hai scuse, Tony. Mica ti è toccato sciropparti le telecamere di un reality griffato MTV tutto il giorno per quattro stagioni di fila.

   Date retta a un fesso e fate in modo di osservare il vecchio adagio: se pretendi rispetto, devi offrire rispetto. Una versione deluxe di un classico della storia del rock per come la vedo io non può essere fuffa per abbindolare il prossimo. La nota stampa è bella pomposa, ohibò: “Throughout the history of rock some albums are considered to be historic works either for breaking a new sound or transforming a little known band into Icons of their genre.” Capito? Cose in grande per grandi nomi, almeno sulla carta. Qui abbiamo tre compact: nel primo l’album originale; nel secondo la versione in quadrifonia del medesimo (è del 1974 ed era già apparsa un tot di anni fa all’interno di un box retrospettivo della band, quindi non ci provate!); nel terzo 6 versioni strumentali e 2 alternative lyrical versions, tutte facilmente reperibili in rete. Risultato? Una mezza presa per il culo, a voler essere buoni (il booklet, quello sì, è una delizia per gli occhi, così come l’edizione in doppio vinile bello pesante).

   Stiamo parlando di Paranoid, annata 1970, quando i Black Sabbath ci davano ancora dentro come maledetti a fare dischi onesti e sudati. Un disco d’oro, cinque di platino in patria (e senza l’aiuto di passaggi radiofonici), quattro negli Stati Uniti. L’opera numero due di una saga che, almeno per il sottoscritto, arriva fino a Technical Ecstasy (1976) e Never Say Die! (1978) prima di trasformarsi in pura farsa. L’album di War Pigs e di Iron Man, della cosmica cavalcata proto-doom Planet caravan e, naturalmente, della title-track (diventata un evergreen malgrado le intenzioni iniziali del gruppo che la vedeva più che altro come un riempitivo di 2’ e 52”). Il produttore del gioiello era Rodger Bain, che negli anni successivi avrebbe messo la sua firma su dischetti così e così (il debutto dei Budgie, poi Rocka Rolla dei Judas Priest, poi ancora le scoregge sinfonico/prog dei Barclay James Harvest). L’ingegnere del suono era Tom Allom, detto ‘The Colonel’ e coadiuvato da Brian Humphries. Me le immagino le sessions tra i  Regent Sound Studios e gli Island Studios. Mi immagino la faccia di Ozzy davanti al microfono, cazzarola: “People think I'm insane / Because I am frowning all the time / All day long I think of things / But nothing seems to satisfy”. Un disco polveroso? Niente affatto. Leggete ancora un po’ le liriche: “Politicians hide themselves away / They only started the war / Why should they go out to fight? / They leave that role to the poor” (War Pigs). Un lavoro che però, nel rispetto per le generazioni vecchie e nuove di estimatori, avrebbe meritato molto di più, ad esempio un intero dischetto con registrazioni live del periodo. Ce ne saranno di sicuro negli archivi personali di Iommi e dell’anziano picchiatello Ozzy, in qualche magazzino della casa discografica, nel ripostiglio delle scope dei camerieri filippini di Sharon Arden Osbourne. Basta guardare bene, mettendo per un momento da parte la maledetta fretta di scucire altri soldi ai fans.

 

(J.R.D.)