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MARILYN MANSON: Eat me, drink me(Nothing)

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Dieci nuove canzoni: il frutto di una depressione nerissima, al capolinea del matrimonio  con Dita Von Teese. “Non riuscivo a combinare nulla e avevo perso la speranza", ha dichiarato il rocker di Canton, Ohio. Vai in fondo. Dormi meno di prima. Ti senti come un animale ferito a morte. Ti senti uno zombie. Ti senti l’ultimo imbecille sulla faccia della terra. Non hai la forza di fare un cazzo di niente per giorni, settimane, mesi. Alla fine però, il Reverendo ce l’ha fatta, mettendo insieme i pezzi insieme al bassista Tim Skold (più Sean Beavan al banco mixer) e tirando fuori dal cilindro magico una splendida raccolta di canti d’amore. A modo suo, certo. Ma sotto il trucco pesante, dietro le trovate grottesche, Brian Hugh Warner è sempre stato un fottuto romantico, qualsiasi cosa possa raccontarvi sul suo conto il vostro parroco di fiducia.

   Mangiami.

   Bevimi.

   L’amore è comunione, cannibalismo, vampirismo, orrori vissuti meravigliosamente nel bosco oscuro degli amanti.

   Mangiami.

   Bevimi.

   L’amore è panico, delirio assoluto, follia a prova di camicia di forza, di letto di contenzione.

   Canzoni “chiaramente scritte per sedurre qualcuno”. Frammenti di cuore, desiderio, dolore, avanzi di un rituale con precetti, richiami, insidie e finzioni proprie. E scenari bizzarri, anche quelli: il luogo del primo incontro, del primo sguardo, quello dell’addio, del congedo dei corpi e delle anime. "The hole is where the heart is.", recita un verso di If I Was Your Vampire. Ha tutto in mano, la creatura che molti, dal basso di un’idiozia tutta contemporanea, definiscono demoniaca e che invece fino ad oggi, alla completa rivelazione del suo lato più intimo, è da considerare tra i più grandi autori di satire sull’America contemporanea.

   Ciò che Marilyn Manson regge nel palmo è una silloge  poetica musicalmente più hard rock che alternative metal, con l’eccezione del fresco beat wave del singolo Heart-Shaped Glasses (When the Heart Guides the Hand). Un album che sul piano delle suggestioni attinge al fuoco di Baudelaire, a Lewis Carroll e T. S. Eliot (omaggiati entrambi all’interno della title-track) e che ha l’onestà diretta di Mellon Collie and the Infinite Sadness degli Smashing Pumpkins. Insomma, avete presente quando un artista manda bellamente a fare in culo le aspettative della casa discografica, della stampa e dei suoi fans più trucidoni a caccia di maledettismo da quattro soldi  e si mette completamente a nudo fino a sfornare un disco spiazzante? Ecco, così.

   Prendete le parole di Putting Holes In Happiness “Blow out the candles / On all my frankensteins / At least my death wish will come true / You will taste like Valentine’s / We cry / You’re like a birthday / I should have picked the photograph / It lasted longer than you”. Prendete quel passaggio di They Said That Hell's Not Hot che dice: “I kill myself in small amounts / In each relationship it's not about love” e ditemi se la depressione amorosa non è proprio una brutta infezione. Sarebbe meglio morire sul colpo quando una storia finisce. Non il suicidio, ma una sincope, un incidente, un colpo di pistola esploso da qualche folle che ha sbagliato persona. Qualcosa che ti sottragga a pene peggiori, a tutto il fuoco infernale che ti scoppia dentro subito dopo.

   Se non muori, significa che hai trovato un salvagente. Significa che c’è ancora qualcosa dentro di te che vuole sopravvivere malgrado tutto. Se non muori, se le tue idee non vengono meno, significa che sei diventato più forte, in qualche modo immortale malgrado tutta la tua fottuta fragilità e tutte le fottute cose che ti hanno portato via.

   Mangiami.

   Bevimi.

   È ciò che dirai al tuo prossimo amore.

   A quattro anni di distanza dall’ultima prova in studio, Manson ha realizzato il suo disco più bello dopo Mechanical Animals del 1998. Malinconico, dolce, di una bellezza malata e straziante.

 

(J.R.D.)

www.marilynmanson.com